DSC 5861L’Arcivescovo: «Il Papa polacco era un amico esigente, a cui interessava solo indicare Gesù». Il grazie del Presule a quanti hanno seguito, con fedeltà e comunione, le Messe sui social in questi mesi.

(UNWEB) Spoleto. «Il Coronavirus ha portato in mezzo a noi trepidazione, incertezza e paura. Ma S. Giovanni Paolo II ci dice: non abbiate paura! Siete in buone mani, Dio non vi dimentica, spalancate le porte a Cristo e fate sì che la fede incida sulla vita». Sono le parole che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha pronunciato lunedì 18 maggio 2020 nella parrocchia di S. Nicolò a Spoleto, nella prima Messa alla presenza dei fedeli dopo la chiusura totale dell’Italia a causa del Coronavirus. «Oggi ricorrono i cento anni dalla nascita di S. Giovani Paolo II – ha detto il Presule – e dovevamo consacrare l’altare e dedicare la nuova chiesa di questa parrocchia, intitolata proprio al Papa polacco. A causa del Covid-19 non è stato possibile. Ma ciò non toglie nulla a quella comunione di famiglia che esperimentiamo tra di noi che ci ritroviamo finalmente a condividere il pane eucaristico». Col Presule hanno concelebrato il parroco don Riccardo Scarcelli e don Pierluigi Morlino. Hanno partecipato alla Messa all’aperto 100 persone, una per ogni anno del Papa. L’Eucaristia, comunque, è stata trasmessa in diretta nella pagina Facebook e nel canale YouTube della Diocesi, permettendo così a più persone di prendere parte. Tutto si è svolto con ordine, secondo quanto stabilito dal protocollo Cei-Governo.

Karol Wojtyla: un amico esigente. «Giovanni Paolo II nei 27 anni di pontificato – ha detto ancora mons. Boccardo nell’omelia - ha ripetuto al mondo le parole del Vangelo, che non sono sempre comode e gradevoli: non ha mai voluto addolcirne il messaggio. A lui interessava solo indicare il Signore Gesù e spesso si è autodefinito “cartello indicatore del messaggio di Cristo”. Ha interpretato il suo pontificato come un lungo pellegrinaggio: tutti abbiamo visto il suo andare nel mondo per visitare i cristiani là dove vivono e portare loro una parola di consolazione, conforto e speranza. Questo suo andar pellegrino – ha proseguito il Presule - ha lasciato un segno e ha risvegliato nelle coscienze il desiderio di una vita cristiana seria e coerente. Tutto il suo ministero è stato un prendersi cura amorevole dell’uomo di oggi, con le sue tensioni e contraddizioni, con il suo desiderio di bene ma col suo compromesso col male. Giovanni Paolo II era un amico esigente».

Al termine della Messa mons. Boccardo ha ringraziato quanti in questi due mesi di pandemia hanno seguito le celebrazioni eucaristiche attraverso i social media. «Grazie della vostra fedeltà e comunione», ha detto. «Mi sono voluto recare in luoghi diversi della Diocesi, anche quelli più piccoli e più lontani, per celebrare l’Eucaristia. Ho imparato proprio da Giovanni Paolo II questo pellegrinare. Diceva, infatti, il Papa: è importante celebrare la Messa nel luogo dove la gente vive, soffre e spera. Purtroppo non vi ho incontrato fisicamente, ma sono certo che questi momenti di preghiera portano con sé grazie e benedizioni per la gente delle zone dove sono stato».

La consacrazione della nuova chiesa il 22 ottobre. Dopo la benedizione finale l’Arcivescovo ha messo in un vaso un ulivo a ricordo di quanto Giovanni Paolo II ha fatto nel suo pontificato per far germogliare nel mondo semi di pace. L’ulivo verrà poi piantato nel giardino della nuova chiesa il giorno della consacrazione, che avverrà, a Dio piacendo, il prossimo 22 ottobre, memoria liturgia di S. Giovanni Paolo II.

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