(UNWEB) Lettere in redazione - "Nei giorni scorsi ho partecipato al congresso del Partito Democratico in quanto tesserato per il 2016.
Non vi nascondo il mio stupore per  i modi e i tempi di svolgimento. Stupore che ora si sta trasformando in sentimenti di amarezza e delusione che desidero trasmettere ai Cittadini ed in particolar modo a tutti coloro con i quali ho condiviso anni ed anni di militanza nel Pci, nel Pds nei Ds ed infine nel Pd. Siamo stati abituati a considerare e a vivere i congressi come il momento massimo di democrazia, come  assemblee dove ci si confronta anche da posizioni diverse, si analizza quello che è stato fatto e si discutono le linee programmatiche. Momenti importanti collettivi che poi vanno a selezionare la classe dirigente destinata a reggere un partito. Ci sono stati confronti duri, scontri aspri che sono stati il motore propulsivo della nostra storia passata e recente. Il recente congresso del Pd cittadino si è svolto venerdì scorso presso il Cva del Salaiolo-La Tina dove si sono riuniti tutti i sei circoli cittadini: tutti insieme alla stessa ora e in un’unica sala. Viene da domandarsi il motivo della esistenza di sei circoli se poi svolgono in comune l’esercizio fondamentale del congresso rinunciando ad ogni autonomia. Tocca a Stefano Fancelli  presentare la candidatura Orlando e all’onorevole Anna Ascani quella di Renzi. Poi la corsa al voto senza l’apertura di nessuna discussione, di nessun dibattito. Un partito ormai avvezzo al “votificio” che si scalda più per la scelta di assessori che per le linee politiche. Anche se come qualsiasi militante ho davanti agli occhi la mutazione genetica del Pd che ormai non riconosco più come il mio partito avrei voluto spiegare le ragioni profonde che hanno spinto me e tanti altri a compiere scelte politiche diverse. Avrei voluto confrontarmi per avere conferme o contestazioni ad una scelta non facile. Invece niente, nessun confronto, nessuna discussione. Forse è questo che ha ferito di più la mia volontà di partecipazione e non solo la mia. Avrei voluto intervenire per esternare la mia posizione sul referendum del 4 dicembre, sulla legge elettorale che non c’è, sulle politiche del lavoro, sulla mancanza assoluta di autocritica da parte del segretario dopo la batosta del referendum costituzionale. Avrei voluto confrontare il mio netto dissenso con le alleanze che il Pd sta portando avanti in mezza Italia con la destra di Alfano e di Verdini, rinunciando al simbolo come a Napoli o a Palermo. Ma avrei desiderato portare un contributo anche sulle grandi questioni del nostro territorio: dalla crisi occupazionale ai pesanti problemi della mobilità e della viabilità, dalle politiche sui rifiuti a quelle sull’urbanistica. Avrei voluto chiedere al Pd quali sono i motivi per cui da ben tre anni è chiusa al pubblico la biblioteca cittadina e perché le grandi manifestazioni cittadine stanno perdendo i colpi; cosa si fa per comprendere il malessere giovanile e per aiutare il nostro artigianato in crisi o per evitare lo svuotamento del centro storico. Insomma i grandi temi nazionali, regionali e locali. Quello che fa e ha sempre fatto qualsiasi congresso da che mondo è mondo. Invece niente: nessun confronto, nessuna discussione. Deleghe in bianco richieste e concesse a dirigenti che non hanno certo brillato nella conduzione della macchina pubblica a Roma come a Perugia o a Città di Castello tutto dedito a salire sul carro del vincitore e a cambiar corrente dalla mattina alla sera.  Siamo al partito di un uomo solo al comando e del non parlate con l’autista. Poi questo gruppo dirigente renziano si lamenta di non essere compreso neanche dai suoi tesserati. Negli ultimi tre anni sono milioni gli elettori che hanno abbandonato il Pd e i suoi tesserati si sono in pratica dimezzati. A questo congresso ha votato soltanto la metà circa dei tesserati. Il dramma è che nessuno del Giglio Tragico si chiede perché e nessuno ha aperto una discussione sui grandi temi. Neanche al congresso"
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Lo scrive lla Redazione Adolfo Orsini       (ex sindaco di Città di Castello)