famiglia rurale(ASI) Perugia– In Umbria la famiglia cambia, con le evoluzioni sociodemografiche e la situazione economica, ma conferma la sua forza e vitalità e la sua "resilienza" alle difficoltà. "La famiglia cambia sempre e perciò è stabile nel suo protagonismo: è fondamentale nel trasmettere significati e valori e capace di trasformarsi per partecipare ai mutamenti sociali, svolgendo un mix di funzioni", ha rilevato Paolo Montesperelli, dell'Università degli studi "La Sapienza" di Roma, intervenendo stamani a Palazzo Donini al terzo e ultimo approfondimento tematico del Rapporto economico e sociale dell'Umbria 2014 realizzato dall'Agenzia Umbria Ricerche ("Aur") che si è focalizzato su famiglie e minori. Ai lavori, presieduti dal presidente dell'Aur Claudio Carnieri, è intervenuta la vicepresidente della Regione Umbria, Carla Casciari.


Montesperelli, che ha analizzato i processi di modernizzazione e di differenziazione delle funzioni familiari, si è soffermato in particolare sulle novità legate alle dinamiche demografiche. "Il primo elemento – ha detto – è quello dell'invecchiamento della popolazione: molti anziani, con i bambini affidati ai nonni, con il nonno che oggi ha lo stesso ruolo di cura rivestito dalla nonna; nascono pochi bambini, ci sono molti adulti e molti anziani, perciò – ha sottolineato – il bambino diventa al centro di una serie di relazioni che modifica il carattere sociale della nostra regione. Si sono sfumati i confini generazionali, così come – ha aggiunto – è sfumata l'autorità genitoriale nelle famiglie 'lunghe', in cui i giovani vivono insieme ai genitori. Un altro elemento significativo è quello delle convivenze di fatto, triplicate in dieci anni, mentre sono più che raddoppiate in venti anni le famiglie 'spezzate', con un ritorno del separato/divorziato alla famiglia di origine, la formazione di un nucleo familiare individuale o monogenitoriale ad alto rischio di povertà, ma anche la ricostituzione di una nuova famiglia".
"Le relazioni familiari diventano più complesse – ha commentato Montesperelli – Quanto alle famiglie di immigrati, quasi 100mila nel 2014, più vulnerabili, accentuano il carattere multiculturale della società umbra".
Il consenso verso la famiglia "in Umbria ha un grado elevato, più alto di quello espresso a livello nazionale, a significare che la famiglia viene considerata come un luogo 'caldo' di affettività ed emozioni e per la sua 'capacità di difesa' rispetto alla realtà esterna precaria e insicura. Se ci sono rischi di un neofamilismo, di un privatismo che toglie importanza alla funzione che la famiglia ha rappresentato quale cerniera fra pubblico e privato – ha concluso – è vero anche che in Umbria ci sono anche antidoti quali la diffusione dei valori di socialità e la partecipazione civica: il loro intreccio determinerà il futuro della famiglia in Umbria".
I dati dell'evoluzione demografica dei nuclei familiari in Umbria sono stati illustrati da Luca Calzola (Istat Umbria) e da Meri Ripalvella (Agenzia Umbria Ricerche), In sessanta anni, dal 1951 al 2011, il numero di famiglie residenti è più che raddoppiato passando da 174 mila a 367 mila. Prevalgono le coppie con figli (29,9%) e le persone sole (31,4%): il peso delle prime si è ridotto nel tempo (rappresentavano oltre il 40% delle famiglie fino al 1981), mentre le seconde sono raddoppiate nel corso degli ultimi 30 anni. Dalla metà degli anni Sessanta a oggi si è passati da 2,1 a 1,4 figli per donna, una consistente riduzione che, accompagnata dall'aumento della durata media della vita (nel 2012 ha superato 80 anni per gli uomini e 85 anni per le donne), hanno prodotto nel tempo una diminuzione del numero medio dei figli presenti nelle famiglie, con una conseguente dimensione media di queste ultime, e l'aumento delle famiglie di anziani.
Un elemento di particolarità rispetto al resto d'Italia è la presenza relativamente più ampia di famiglie complesse, composte da un nucleo genitori-figli più altri parenti o da più nuclei (8,8% in Umbria contro 5,7% in Italia), anche se con una continua riduzione rispetto al passato. Una delle novità principali è l'emergere di nuove forme familiari costituite da single con meno di 65 anni, genitori soli celibi/nubili, separati o divorziati e coppie di fatto, che hanno assunto un peso sempre più consistente. In termini relativi, in Umbria questo gruppo di forme familiari emergenti rappresentava l'8% di tutte le famiglie nel 1991 e l'11% nel 2001, mentre nel 2011 ne costituisce il 18% (oltre 67mila). Sempre nel 2011, il 40,3 per cento dei giovani fra i 25 e i 34 anni vive in famiglia come figlio.
Qual è la situazione finanziaria delle famiglie umbre? L'analisi illustrata da Loris Nadotti, dell'Università degli studi di Perugia, conferma quanto "le famiglie si sono trovate a scontare gli effetti della crisi. Dal 2008, quando la crisi è esplosa, la crescita complessiva del reddito medio sui quattro anni è stata appena del 5,76 per cento, difficilmente conciliabile con l'andamento dei prezzi di mercato e quindi con la gestione delle risorse familiari". Diminuiscono redditi e consumi, ma un dato "sorprendente" è che "il risparmio è rimasto stabile"; il 92 per cento delle famiglie riesce a risparmiare anche se la crisi incide sul risparmio delle fasce più deboli e sui comportamenti, con il ricorso all'autoproduzione e all'autoconsumo. In aumento la quota di famiglie umbre indebitate, nel 2012 pari al 29,9 per cento, mentre ben il 50,8 per cento ritiene .

Il welfare educativo in Umbria rivolto all'infanzia e ai minori è stato al centro del contributo di Fiorenzo Parziale (Agenzia Umbria Ricerche) che ha evidenziato come "il modello sociale regionale sia molto incentrato sulle politiche educative e rende possibile una tenuta complessiva della coesione sociale anche sul versante culturale".
Parziale, sottolineando l'esigenza di un rilancio sistemico delle politiche educative "dato il mutato contesto socioeconomico, con circa un quinto della popolazione a rischio povertà" ha messo tra l'altro in risalto che "sul versante scolastico l'Umbria continua ad essere tra le Regioni con la migliore performance in termini sia di scolarizzazione superiore sia, come dimostra la scarsa dispersione scolastica, di inclusione".
Di retribuzioni, qualifiche e disuguaglianze nel settore privato e in quello pubblico si è occupato l'economista Lorenzo Birindelli. Per quanto riguarda il privato, "l'Umbria – è la sintesi – ha retribuzioni medie più basse rispetto al resto d'Italia anche se ha conosciuto un parziale riavvicinamento alla retribuzione media nazionale nella seconda metà degli anni 2000: la retribuzione media del 2012 nella regione sfiora l'87 per cento della media nazionale contro l'85% dei primi anni 2000". La retribuzione cresce con l'età e cresce anche considerevolmente la differenza fra tempo parziale e tempo pieno. Riguardo al genere, diminuisce il gap tra uomini e donne fino al 2010 per poi riaprirsi leggermente: si passa da un indice di 128 (retribuzione maschile/retribuzione femminile) del 2000 a 120 nel 2010, per risalire a 121 nel 2012 (124 a livello nazionale, stabile). Per il settore pubblico "nel periodo tra il 2009 e il 2012 è stato applicato, in modo efficace a quanto risulta dall'esame dei dati, il blocco delle retribuzioni. Si verificano anche, in alcuni casi, riduzioni del valore nominale delle retribuzioni".

 

vicepresidente Casciari: massimo impegno per affrontare le nuove emergenze


– "L'Umbria si trova di fronte alle nuove emergenze e alle nuove sfide determinate dalla crisi economica ed occupazionale e dalle trasformazioni sociali: la Regione le affronterà continuando a mettere a frutto risorse e strumenti a sostegno delle famiglie, in particolare delle famiglie vulnerabili, e rafforzando e innovando il sistema del welfare". La vicepresidente della Regione Umbria e assessore alle Politiche sociali ed Istruzione, Carla Casciari, intervenendo al seminario di approfondimento del Rapporto Aur, ha delineato gli assi sui cui si è sviluppata e si svilupperà l'azione della Regione per prevenire e contrastare le nuove povertà e per favorire l'inclusione sociale.
"È cresciuta la sofferenza economica delle famiglie umbre, come emerge anche dai dati del Rapporto – ha rilevato – ed oggi, per la prima volta, si evidenzia un altro preoccupante fenomeno, le famiglie non investono più allo stesso livello in istruzione e cultura dei propri figli. Negli ultimi due anni e mezzo è aumentato notevolmente il numero delle famiglie vulnerabili, che rappresentano la nuova emergenza dell'Umbria".
"La Regione, con gli strumenti normativi di cui si è dotata a partire dalla legge regionale 13/2010 a favore della famiglia – ha proseguito – ha erogato quasi 5000 contributi per le famiglie vulnerabili. Sono stati potenziati i servizi di prossimità per le famiglie e, per aiutare i nuclei familiari con bambini, è stata innalzato anche il contributo per la retta degli asili nido, portandolo da 300 a 500 euro. Ma visto anche il protrarsi della crisi, la situazione ci impone una particolare attenzione e un ulteriore sforzo sia in termini di risorse che di capacità di innovazione".
"Abbiamo pertanto messo a disposizione per l'inclusione sociale – ha spiegato – una quota significativa delle risorse della nuova programmazione del Fondo sociale europeo, così come potremo utilizzare al meglio le risorse e gli interventi del Programma operativo nazionale istruzione e inclusione soaciale. Allo stesso tempo, potremo contare anche sulle risorse del Fondo per la non autosufficienza: aiuti importanti per le famiglie che in questi anni hanno saputo svolgere un ruolo di 'ammortizzatori sociali', ora più difficile da sostenere, e per accrescere il nostro 'capitale' umano e la dignità della persona".
"Una grande sfida per il welfare territoriale, in cui i Comuni sono chiamati a rivestire un ruolo importante – ha concluso – nella consapevolezza della necessità di dare risposte concrete e celeri alle richieste che vengono dalle nostre comunità".