Paparelli Bori Fioroni(UNWEB) Perugia,   Nel corso della sessione di Question time della seduta di oggi dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, i consiglieri del Partito democratico Fabio Paparelli e Tommaso Bori hanno chiesto conto, alla Giunta regionale, del “mancato interessamento della Regione alla vertenza Acque minerali italiane, che sta interessando da mesi gli stabilimenti di Sangemini e Amerino” e “quali azioni si intendono intraprendere a difesa dei lavoratori e per difendere il futuro produttivo dell’impresa”.

Illustrando l’atto in Aula Bori ha detto che "appaiono del tutto incomprensibili le ragioni del mancato interessamento, come da noi più volte sollecitato sia in sedi istituzionali che nel presidio del lavoratori, della Regione Umbria rispetto alla vertenza Acque Minerali Italiane (AMI) che sta interessando da mesi gli stabilimenti di Sangemini e Amerino. Invitiamo con la massima urgenza a richiamare, formalmente e pubblicamente, i titolari dell’impresa al rispetto dell’accordo sottoscritto con la stessa Regione nel 2015, che vedeva applicato un costo di approvvigionamento delle acque tra i più bassi d’Italia, sulla base di una intesa che puntava a privilegiare e la tenuta occupazionale e la ripresa produttiva. Le stesse  concessioni erano vincolate al rispetto dei contenuti della stessa convenzione, avente peraltro un valore di obbligazione contrattuale, i cui adempimenti sono adesso notevolmente a rischio, anche in virtù della procedura di concordato in itinere presso il Tribunale di Milano, sul cui esito vi è ancora molta incertezza. Tenuto conto della disponibilità accordata dal ministero dello Sviluppo Economico ad affrontare la vertenza del Gruppo Ami su un tavolo Nazionale, ora tocca alla Regione Umbria mettere in campo tutte le soluzioni utili ad una celere ripresa della produzione e delle acque minerali Sangemini e Amerino”.

L’assessore Michele FIORONI ha risposto che “su questa vertenza la nostra attenzione sarà sempre altissima e saremo presenti sui tavoli istituzionali dove la regione deve essere. Non possiamo ignorare che siamo di fronte ad un concordato in continuità che ci porta a dover attendere la proposta del gruppo, che dovrebbe avvenire entro il 18 giugno e che potrebbe essere spostata a settembre. Sulla cassa integrazione stiamo attivando un monitoraggio attento, che non vuol dire andare davanti ai cancelli. La vertenza ora è sul tavolo del Mise, dove è stato definito un accordo con i lavoratori che prevede che nei 3 mesi di marzo, aprile e maggio la cassa non superi i 20 giorni. L’interlocuzione con le istituzioni del territorio la comunicazione è sempre stata intensa. Ricordo che nel novembre 2018 sul tavolo della Regione è stato firmato l’accordo a cui fa riferimento l’interrogazione. La politica avrebbe dovuto vigilare sul rispetto di questo accordo nel 2019. Il 3 marzo 2020 le Acque Minerali Italiane ha depositato al tribunale di Milano la richiesta di concordato in bianco, uno strumento giuridico che serve a salvaguardare la continuità aziendale per crisi temporanee e reversibili. Dal punto di vista giuridico la Regione non può fare niente. Il mercato delle acque minerali non ha vissuto una stagione d’oro. C’è stato incremento che ha portato a generare un effetto stoccaggio. Ma il settore da alberghi e ristoranti aveva il 30 per cento del fatturato, che con il fermo ha subito il 90 per cento di decremento. Quindi dati non rosei”.

Nella replica Paparelli si è detto non soddisfatto della risposta dell’Assessore che “butta la palla in tribuna. Il settore agroalimentare è l’unico che è cresciuto in questo periodo. Questo non giustifica la cassa integrazione nell’azienda, che è solo un alibi. La Regione deve vigilare sul rispetto dell’accordo del 2015 che prevede la piena occupazione e che non sia licenziato nessuno. Per questo prevede canoni molto bassi. Non vale la giustificazione che sia una vertenza nazionale. La Regione non può essere solo spettatrice, perché è titolare delle concessioni delle acque minerali. Se non si è in grado di mantenere quegli accordi si cercano soluzioni diverse”.


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