Goretti2008201(UNWEB) Perugia. Roberto Goretti in pillole. La retrocessione del Perugia colpa mia e di Santopadre. Non c’erano le condizioni per continuare. Da tifoso dico: solo uniti si può risalire.

I ringraziamenti

Ringrazio anzitutto il presidente Santopadre che mi ha dato l’opportunità unica di lavorare in una società  importante, nella squadra della mia città e del mio cuore. Mi ha sempre accompagnato e sostenuto nei momenti difficili. Con lui si è instaurato un rapporto vero, fatto di momenti di condivisione delle vedute e anche di divergenze di opinioni, ma sempre in un confronto leale e onesto. Ringrazio tutti i tifosi, che negli ultimi dieci anni trascorsi a Perugia con vari ruoli, mi hanno  sempre sostenuto e incoraggiato o, come negli ultimi giorni, giustamente mandato a quel paese. So che il loro amore per il Perugia è folle, per cui è giusto accettare tutto da loro. Li ringrazio per le emozioni forti che mi hanno saputo trasmettere mentre li guardavo. Nella loro gioia vedevo la mia, nel loro dolore vedo il mio. Ringrazio tutti i tecnici e i giocatori che sono passati a Perugia in questi anni, con loro ho condiviso tante belle giornate. Ringrazio la stampa, perché con me sono stati bravi, nonostante io sia un “orso” poco capace di comunicare. Li ringrazio per avermi accettato come sono. A Perugia ci sono giornalisti validi, e credo di aver comunque dimostrato la mia stima per loro. Ringrazio particolarmente i miei compagni di viaggio più stretti, cui tengo tantissimo. Sono le persone che lavorano nel Perugia calcio, dai magazzinieri ai medici, dai fisioterapisti agli addetti alla comunicazione, dagli impiegati dell’amministrazione a quelli del marketing. Con loro ho condiviso giornate intere e si è creata fratellanza e complicità. Mi hanno sopportato e supportato giorno dopo giorno; leggevo nei loro occhi la loro paziente fiducia per il mio folle ottimismo: mi hanno dato forza nell’assumermi le mie responsabilità. Loro mi conoscono a fondo e sanno che non sono uno che esterna i propri sentimenti, ma che ne ha.

Dico basta dopo aver parlato a lungo con Santopadre

La decisione di finire qui la mia avventura al Perugia è maturata dopo  aver molto parlato col presidente in questi giorni, tutti i giorni,  dopo la retrocessione.  Abbiamo parlato a cure aperto, abbiamo esaminato ogni cosa e ragionato per il bene del Perugia. Abbiamo preso la decisione insieme, in modo condiviso e onesto. Non c’erano le condizioni per creare una sinergia forte e immediatamente vincente. Me ne sarei andato comunque da Perugia, anche se ci fossimo salvati. Non è stato l’esito infausto della stagione a determinate la mia decisione.  A livello umano, con Santopadre ci siamo stretti la mano, saremo sempre l’uno per l’altro: siamo e resteremo amici.

La retrocessione del Perugia, un’impresa impossibile. Colpa mia e di Santopadre.

È stata una stagione schifosa. Credo che fosse un’impresa impossibile far retrocedere il Perugia, e invece ci siamo riusciti. I due responsabili siamo io e il presidente Santopadre. Io per la scelta dei giocatori, lui per la gestione della società. Non mi va di parlare di situazioni particolari e di colpe di altri: se qualcun altro vorrà condividere responsabilità, lo faccia.

Ho cominciato a temere a fine girone d’andata e lo dissi ai giocatori.

Già verso la fine del girone d’andata vedevo segnali che non mi piacevano, come espulsioni, falli di reazione, insulti agli arbitri, rifiuto delle sostituzioni, lamentele continue di questo è quel giocatore. Dopo Perugia-Venezia (0-1 ed esonero di Oddo, ndr) nello spogliatoio dissi ai giocatori e che se non si fosse cambiato atteggiamento, si sarebbe rischiata la retrocessione. Poi, da gennaio ad agosto, si è sviluppato un film dell’orrore che  un regista molto bravo non avrebbe potuto fare di peggio…

Il mercato di gennaio

Il mercato di gennaio si era già capito a dicembre che sarebbe stato difficile. Perché si vedeva che si sarebbero mossi pochi giocatori, e nessuno nei ruoli nei quali il Perugia aveva bisogno di intervenire. Non c’era possibilità di fare operazioni per migliorare l’organico. Per cui la valutazione fu che, non potendo cambiare l’organico, dovevamo cambiare la guida tecnica. Abbiamo perciò affrontato l’ultima parte di stagione con la stesa squadra con cui l’avevamo cominciata. Il problema è stato che questa squadra ha subito una continua involuzione, per vari motivi.

Non parlo dei singoli giocatori. Il settore giovanile il mio più grande fallimento.

Non voglio parlare dei singoli giocatori, credo che un buon direttore tecnico debba capire i propri errori. Credo anche che la valutazione sul mio operato vada data non solo per questo anno, ma per tutto il periodo in cui ho lavorato nel Perugia. E credo di aver meritato negli anni scorsi, mentre quest’anno no. Comunque, il mio più grande rammarico è relativo al settore giovanile. La mia storia da calciatore è cominciata nel settore giovanile del Perugia e so quanto è importante che crescano bravi giocatori dalle giovanili. Ho iniziato un lavoro, ma non l’ho completato, questo mi dispiace. Non siamo riusciti a creare un sistema forte, un’identità societaria fondata sulle giovanili, a partite dai modelli di comportamento. Abbiamo avuto momenti di crescita e momenti di stop, ma il lavoro non è stato concluso e questo lo reputo il mio più grande fallimento al Perugia.

Un sogno diventato incubo

Torno in modo definitivo al mio status di tifoso del Grifo. Negli ultimi otto anni per lavorare nel Perugia ho annullato la mia vita sociale. Sono perugino, esisteva ed esiste solo il Perugia, ho vissuto questa esperienza di vita in modo totale. Non consideravo il mio un lavoro, e non pensavo ad altre società.  Ho inseguito il sogno di riportate la mia squadra in serie A, di festeggiare in Corso Vannucci coi tifosi. Invece, me ne vado tra i loro vaffa. La retrocessione è un incubo che mi perseguiterà sempre e mi lascerà un grande rimpianto, oltre che tanta voglia di rivincita.

Il Perugia che verrà: per vincere serve un ambiente positivo e l’apporto dei tifosi

Santopadre è partito forte. Di Gianluca Comotto avevamo già parlato col presidente. È una persona in grado di trasmettere la sua forza caratteriale a tutta la società. Anche il nuovo direttore sportivo Giannitti è una persona in gamba e onesta ed ha già dimostrato di saper vincere. Da tifoso dico che ora dobbiamo ripartire a razzo, per vincere il campionato, o almeno  lottare per vincerlo. E che il Perugia in serie C ci deve restare solo sette mesi, perché è fuori luogo che il Perugia stia in questa categoria. Ma sarà fondamentale l’apporto dei tifosi. Per il bene del Perugia, bisogna creare un ambiente positivo, sostenere il presidente, che deve essere aiutato a lavorare in tranquillità. Questa è la mia grande speranza, perché i tifosi sono il valore aggiunto più importante per il Perugia e solo uniti si può risalire.

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia


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