IMG 2010A Città della Pieve giornate di svago e attività per riscoprire corretti stili di vita e un sano rapporto con il cibo, in un contesto di ascolto delle fragilità e dei bisogni dei ragazzi. Il lavoro dell’equipe della dottoressa Laura Dalla Ragione per far uscire i ragazzi dall’isolamento

(UMWEB) Città della Pieve (PG),  – L’obesità adolescenziale e i disturbi da iperalimentazione si possono anche seguendo un percorso che non sia soltanto clinico. Ed è per questo che presso il Centro Dai di Città della Pieve, unico in Italia a trattare in maniera integrata le patologie dell’obesità e del Disturbo di Alimentazione Incontrollata, anche quest'anno la USL Umbria 1 ha attivato il programma estivo per adolescenti dai 12 ai 17 anni che durerà circa due mesi. Il campus, che segue il metodo innovativo dell’equipe multiprofessionale coordinata dalla dottoressa Laura Dalla Ragione, integra alle attività terapeutiche numerose altre attività motorie e di svago come ippoterapia, nordic walking, nuoto nelle piscine di Chianciano e anche attività artistiche per aiutare i ragazzi ad uscire dall’isolamento e dalla paura di vivere.

Il programma accoglie ragazzi e ragazze provenienti dall'Umbria e da altre regioni d'Italia che vanta come è ormai noto, un primato negativo in merito al più alto tasso di obesità in infanzia e adolescenza rispetto a tutti gli altri paesi europei. Anche in Umbria il problema è molto presente con rischi per la salute dei giovanissimi.

I ragazzi non saranno messi a dieta ma impareranno a modificare il loro stile di vita. Si partirà con una parte esperienziale e laboratori di cucina per aiutarli a scoprire (o riscoprire) il gusto nell’alimentazione e il piacere del cibo, contro la loro tendenza ad alimentarsi con cibo già preconfezionato e ipercalorico. “Accantoa questo – spiega la dottoressa Marta Borsellini, riabilitatore psichiatrico del centro - è necessario un grande lavoro psicologico, perché essere grassi in adolescenza significa essere oggetto di bullismo e derisione da parte del mondo esterno e ci sono molte ferite profonde: il cibo diventa una sorta di distrazione da quelle che sono le sofferenze interne apparentemente inconsolabili”.

L’obiettivo finale di questo progetto è quello di ridare una possibilità in più a questa generazione di adolescenti così fragili e apparentemente smarriti in una realtà altamente tecnologizzata ma allo stesso tempo fredda e poco attenta ai bisogni dei ragazzi. “La forza e la specificità del trattamento, infatti, - sottolinea Simone Pampanelli, endocrinologo del centro - è il lavorare in gruppo in quanto esso determina un’azione reciproca tra gli individui coinvolti, un’interazione delle pluralità e la formazione di un legame profondo tra chi si trova a vivere la stessa fragilità emotiva rispetto al corpo e all’alimentazione, condividere infatti le esperienze con gli altri in gruppo può essere molto efficace nel contribuire a ridurre sentimenti profondamente negativi come colpa, vergogna, isolamento, svalutazione e può portare ad importanti intuizioni sulle strategie per il recupero”.

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