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(UNWEB) Perugia.  Due saggi a confronto, molto diversi tra loro, ma con in comune il concetto di Nazione. Il primo, Nazione pop edito da Rubbettino, scritto da Leonardo Varasano – assessore alla cultura del Comune di Perugia – analizza il legame tra musica e Nazione alla luce della Filosofia della musica di Mazzini e dei Prolegomena sul patriottismo di Michels, arrivando fino al pop.

Nel secondo, Il fantasma della Nazione. Per una critica del sovranismo edito da Marsilio, Alessandro Campi – docente di Scienze Politiche all’Università di Perugia – ripercorre gli approcci e gli snodi del cammino delle destre italiane dal primo Novecento a oggi.

L’incontro, moderato dal giornalista Gianni Scipione Rossi, si è tenuto ieri pomeriggio, 3 aprile, in Sala dei Notari, alla presenza di un folto pubblico, attento e partecipe.

Se è vero che «l’Italia nasce combattendo e cantando» dice Varasano citando Michels, dal Risorgimento ad oggi abbiamo introiettato l’immagine e il concetto di Stato-Nazione anche attraverso le suggestioni che la musica, dall’opera lirica fino alle canzoni pop, è riuscita a trasmettere. In alcuni casi in maniera più diretta e dichiaratamente patriottica, in altri più velata e sotterranea, ma comunque ugualmente potente, perché il legame che nasce dalla musica ha sempre una valenza sentimentale.

E’ un fiume carsico che attraversa la dorsale della penisola da nord a sud contribuendo a costituire quella comunanza, quel sentimento condiviso, pacifico e pacificatore, che è alla base dell’identità nazionale del popolo italiano.

«Se dovessi scegliere una canzone a paradigma del mio volume,» sottolinea Varasano «sarebbe Viva l’Italia di Francesco De Gregori. Perché, nella musica popolare di massa, sia che il tema nazionale si presenti attraverso la celebrazione dell’amore o della nostalgia dell’Italia, sia che celebri il ricordo della storia patria, oppure critichi il carattere e il malcostume italiani, resta uno degli strumenti, nella sua leggerezza, più efficace per far transitare riflessioni poderose.».

Alessandro Campi, partendo dalla domanda provocatoria se il dibattito sulla vitalità del concetto di Nazione sia questione da etologo o paleontologo, ribalta il quesito affermando che piuttosto dovremmo chiederci se la demolizione dell’idea di Nazione non metta in crisi anche il modello di democrazia così come noi la conosciamo.

«La Nazione è un perimetro, una cornice, non una gabbia. E’ lo spazio in cui matura l’identità di una comunità, un’identità storica, con radici profonde, vincolanti. Niente a che vedere con la teoria che vede la Nazione come un prodotto artificiale della storia, sorto ideologicamente dalla bottega dell’alchimista per elaborare una falsa identità nazionale.»

E il sovranismo quindi? «Un fumogeno lessicale,» risponde Campi «per nascondere la difficoltà di spiegare la Nazione. Ma la sovranità non è che un attributo dello Stato-Nazione. La Patria è un odore, è i luoghi dell’infanzia, il paesaggio che fa parte di un vissuto condiviso.

Nella tradizione italiana le varie destre hanno sempre avuto un rapporto problematico con il concetto di Nazione: molta enfasi, molta retorica, ma poco progetto politico. La Nazione non è tanto ciò che è stato fatto nel passato, quanto il patto politico che si vuole stringere, molto pragmaticamente, per il futuro. Nel rispetto della convivenza sociale, ma in difesa delle proprie specificità».