rapportopoverta2(UMWEB) Perugia - Nel 2018, in Umbria, la quota di famiglie in povertà relativa è pari al 14,3%, in crescita rispetto al 12,6% dell'anno precedente. In termini assoluti il fenomeno interessa oltre 50 mila famiglie; cresce la vulnerabilità sociale, mentre la povertà assoluta è più diffusa tra i giovani e i giovanissimi che tra gli anziani. E' quanto emerge dal Rapporto sulle povertà in Umbria 2019. Secondo il Rapporto anche il lavoro non basta più: 11 famiglie su cento con capofamiglia occupato sono assolutamente povere e nel corso degli anni il reddito medio dei giovani, prima più elevato rispetto agli anziani, è andato progressivamente assottigliandosi fino ad essere, a causa della bassa qualità e della precarietà del lavoro, inferiore del 20 per cento. L'elevata ereditarietà della condizione sociale tra generazioni rischia inoltre di condannare i bambini in povertà a una vita di vulnerabilità e disagio. La povertà educativa rappresenta una pesante ipoteca per il futuro in quanto acuisce gli squilibri demografici, limita la coesione sociale e le potenzialità di sviluppo, impoverisce il tessuto culturale.

Relativamente alla incidenza della povertà in Umbria nel 2017 il 6,1% delle famiglie umbre è in grave deprivazione e l'8,6% ha una bassa intensità lavorativa, valori in calo rispetto al picco del 2015, in linea con la media nazionale. La povertà aumenta al crescere della dimensione familiare, soprattutto in presenza di figli. È più elevata nel caso di giovani, stranieri o con un'occupazione precaria. Le famiglie che in Umbria vivono in una condizione di povertà sono per lo più giovani, con figli e talvolta con un lavoro. Una quota significativa di esse è composta da stranieri e costituisce, probabilmente, la porzione di quelle che versano in una condizione di maggiore disagio.

Per quanto riguarda i bisogni sono tanti coloro che si rivolgono ai servizi pubblici e la varietà di condizioni - giovani e vecchi, italiani e stranieri, istruiti e non, con o senza lavoro - rende la povertà vicina e impellente. Non è più una realtà lontana e isolata – si legge nel Rapporto, ma può colpire chi prima si sentiva intoccabile. Molti sono gli italiani in grave difficoltà che si rivolgono ai servizi sociali ed ai presidi pubblici costituiti in Umbria da oltre 70 Uffici di Cittadinanza e punti di contatto. Il 70% di coloro che si rivolgono ai servizi sociali per necessità stringenti sono italiani, prevalentemente tra i 45 e 65 anni, poco scolarizzati, disoccupati e prevalentemente donne. Gli stranieri in gravi difficoltà intercettati dai servizi sociali sono per la maggior parte madri, tra i 31 e i 45 anni, senza lavoro e con basso livello di istruzione. L'utilizzo del Sistema Informativo Sociale regionale (SISo) da parte di tutti i Comuni rimane un fattore essenziale per una programmazione strategica della lotta alla povertà.

Una sezione del Rapporto è dedicata alla "povertà vista da politici e stampa locale". Politici e giornalisti hanno visioni convergenti sulla povertà per entrambi la povertà è un problema toccato con mano, percepito come difficile e pressante. Prevale l'immagine della povertà materiale, quella imposta dalla mancanza di beni essenziali. La povertà viene vista come frutto della disuguaglianza sociale che, a sua volta, viene attribuita al modo di produrre ricchezza nel nostro sistema sociale. Intorno alla povertà le contrapposizioni ideologiche e gli schieramenti politici hanno confini sfumati. Sono molti i modi in cui l'informazione locale racconta la povertà; ciò che li accomuna è il timore che l'impoverimento s'insinui in ambiti, zone, strati sociali prima invulnerabili. Fasce crescenti di popolazione su tutto il territorio italiano sono esposte al rischio di impoverimento.

Per contrastare la povertà – si legge nel Rapporto – sono necessarie politiche redistributive, sia con erogazioni monetarie che con servizi pubblici, e l'impegno vigoroso di tutti i livelli di governo e di tutte le componenti delle comunità locali. I Piani regionali contro la povertà possono essere un importante strumento di democrazia e giustizia. Occorre una sensibilità elevata della cittadinanza alle criticità del welfare sociale, per un approccio innovativo, realmente sussidiario.

Relativamente alla spesa dei Comuni umbri per il sociale è orientata alla area famiglia e minori (50% del totale), disabili (19%) e anziani (12%); si spende per interventi/servizi (41%) e strutture (38%) piuttosto che per trasferimenti in denaro (22%). Nel 2016, la spesa dei comuni per il sociale supera i 75 mln di euro, con una media di 85 euro a residente. Tra le fonti di finanziamento della spesa per il welfare locale cresce l'apporto delle risorse proprie (14%) e si contrae quello derivante dai fondi nazionali (-50%).

Un nuovo modello di welfare dovrebbe tornare a finanziare i servizi di welfare, coinvolgendo in modo attivo i cittadini come coproduttori di servizi e prevedendo la costruzione di filiere di servizi flessibili e modulari. Secondo il Rapporto occorre inoltre puntare sulle economie di rete, riqualificare la domanda pubblica con obiettivi di natura sociale, liberare un significativo volume di risorse per l'innovazione e per la riqualificazione della rete dei servizi sociali. In questo ambito le organizzazioni del Terzo Settore possono svolgere un ruolo centrale nella costruzione di filiere di servizi flessibili e modulari per contrastare la povertà.