20220307 130456(UNWEB) Città di Castello. Un ordine del giorno che verrà presentato domani, 8 marzo, giornata internazionale della donna, in tutti gli 8 consigli comunali dell'Alto Tevere, per sollecitare sindaci e amministrazioni locali a respingere la proposta, avanzata dalla Lega, di modifica della legge regionale n. 11, del 9 aprile 2015, testo unico in materia di sanità e servizi sociali. Una proposta "contraria ai diritti e alle libertà delle donne" e "un esplicito attacco alla legge 194", come hanno spiegato oggi, 7 marzo, in una conferenza stampa convocata presso il consiglio comunale di Città di Castello, le donne dello Spi Cgil Alto Tevere e quelle dell'Udi (Unione donne in Italia), insieme a una rappresentanza di consigliere e consiglieri dei Comuni coinvolti.

"La proposta della Lega – hanno specificato nei loro interventi Liliana Mascolo (Spi Cgil Alto Tevere), Marta Melelli (Udi) ed Emanuela Arcaleni, consigliera comunale di Città di Castello - modifica il sistema dei servizi sanitari e sociali riportando indietro di anni le conquiste delle donne, rimettendo in discussione il ruolo e la modalità di gestione dei consultori familiari, la libertà di scelta in tema di salute sessuale e riproduttiva. Per questo abbiamo chiesto alle elette e agli eletti nei consigli dei Comuni dell'Alto Tevere (Città di Castello – Citerna – Lisciano Niccone - Monte S.M.Tiberina – Montone – Pietralunga – San Giustino – Umbertide) di esprimersi al riguardo e di richiedere ai rispettivi consigli comunali di prendere posizione".
Nell'ordine del giorno si mette in evidenza come la proposta di modifica del testo unico, partendo da principi "apparentemente condivisibili", si distingua per "gravi mancanze", "pesanti contraddizioni" e soprattutto per una "nebbia applicativa che fa sorgere più di un dubbio". Gli aspetti più criticati sono quelli relativi all'ingresso di soggetti privati nei percorsi di prevenzione dell'aborto volontario (con rischio di ulteriore indebolimento dei consultori familiari pubblici), l'attacco ai centri di procreazione assistita (in piena contraddizione con la volontà di "combattere l'invero demografico" enunciata nella proposta di legge), l'apertura dei consultori ad associazioni che promuovono "la cultura della famiglia" (ovvero alle associazioni pro-life e pro-family), il disconoscimento delle famiglie diverse da quella "naturale", lo stravolgimento del senso della mediazione familiare, senza che sia fatta menzione alcuna delle procedure per le situazioni di violenza accertata, in contrasto con la convenzione di Istanbul.
Con l'ordine del giorno, dunque, si chiede ai sindaci e alle giunte di "operare per ottenere l'incremento degli stanziamenti regionali già previsti in bilancio per il welfare, per destinarli al sistema sanitario pubblico e, nello specifico, ai consultori pubblici". E, in merito all'iter della proposta di modifica della L.11 del 9/04/2015, di "sollecitare nelle sedi preposte l'audizione delle associazioni da sempre impegnate in merito" e di "rivolgersi all'assemblea legislativa regionale al fine di respingere le suddette modifiche", proponendo ad Anci l'approvazione di "un documento che sostenga le politiche di aiuto in termini di servizi e di supporto economico alle famiglie e si pronunci contro ogni modifica di Legge che metta in discussione diritti acquisiti in termini di riconoscimento delle famiglie e delle libertà di scelta e autodeterminazione personali".

 

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