confapi2Focus sulla storia di cinque imprenditrici commentate da altrettanti docenti dell'Università di Perugia

 

(UNWEB) Perugia. Si è svolto nel corso del pomeriggio del 26 ottobre presso la sala dei Notari di palazzo dei Priori il convegno, organizzato dall’assessorato alle pari opportunità del Comune di Perugia e da Confapi, sul tema “Buone prassi di welfare: eticità e sostenibilità nelle imprese femminili”.

Il progetto nasce con l’intento di avviare un dialogo sul lavoro femminile. L’iniziativa rappresenta il punto di partenza per valorizzare l’imprenditoria femminile ed è la sintesi di un percorso di condivisione e costruzione di buone prassi.

E’ stato da subito intento comune degli organizzatori non limitarsi ad un qualcosa di “autocelebrativo”, ma piuttosto di ragionato, che coinvolgesse anche esperti della materia per evidenziare criticità e buone prassi nella facilitazione delle attività svolte al femminile soprattutto per quanto riguarda il tema della conciliazione integrazione e maternità.

Così è nata l’idea di mettere insieme degli elementi, una pubblicazione e foto di donne alle prese con la propria attività, che parlasse del lavoro delle donne, che lo raccontasse in ogni sua sfaccettatura.

Ad aprire i lavori in sala dei Notari è stata Cristiana Casaioli, consigliere comunale ed imprenditrice.

“Parleremo di donne, di un tipo particolare di donne, ossia le imprenditrici e delle buone prassi di welfare che ognuna di loro ha saputo mettere in campo. Questo convegno è il punto di arrivo di un progetto partito tempo fa e voluto fortemente da Comune di Perugia e Confapi. Si tratta di un’iniziativa che vuole riconoscere il valore della donna imprenditrice, raccontando le esperienze reali di cinque rappresentanti della categoria. Le loro esperienze sono state poi commentate da autorevoli docenti confluendo in una pubblicazione disponibile per tutti che ci consente di valorizzare il ruolo della donna mettendola in primo piano come imprenditrice”.

A portare i saluti dell’Amministrazione comunale è stato l’assessore alle pari opportunità Edi Cicchi che ha confermato come la pubblicazione sia il frutto di un’idea condivisa tra Comune e Confapi. Ne è emerso un lavoro virtuoso ed utile che viene presentato proprio nel cuore della storia istituzionale di Perugia, ossia la Sala dei Notari.

Secondo Cicchi il convegno non rappresenta la conclusione di un percorso, ma un primo passo in direzione di un lungo lavoro che c’è ancora da fare per garantire la tutela delle donne e le loro pari opportunità.

La coordinatrice di Confapi donne Perugia Claudia Franceschelli ha ricordato come il gruppo Confapi Perugia sia nato proprio nel 2021 per volontà della presidenza nazionale e di quella territoriale. In questo contesto ed in perfetta collaborazione col Comune di Perugia si è deciso di parlare di un tema specifico, quello della sostenibilità per due ragioni: da un lato perché è un argomento molto attuale e poi perché riguarda direttamente il mondo dell’impresa. Ciò alla luce dei nuovi orientamenti della U.E. che vanno verso un cambio di strategia che metta la sostenibilità, l’ambiente ed il sociale al centro dell’azione delle imprese.

Le donne imprenditrici devono essere quindi capaci di rendere sostenibili i processi gestionali e decisionali in cui sono coinvolte.

Sono state raccolte, quindi, testimonianze e racconti da imprenditori donne dell’associazione datoriale CONFAPI Perugia e loro dipendenti. Storie in cui si enfatizzano buone prassi aziendali che vanno oltre il welfare degli accordi di secondo livello legati al CCNL perché il welfare non è solo l’incentivo di tipo economico o assistenziale, legato ai consumi di servizi e beni.

Le testimonianze hanno dato vita ad una pubblicazione multimediale in cui le esperienze delle imprenditrici sono state commentate, analizzate ed arricchite dal contributo di alcuni docenti universitari esperti della materia.

Tra essi: la Prof. Claudia Mazzeschi Direttore Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione- Università degli Studi di Perugia; la Prof. Rosita Garzi Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione – Sociologia dei processi economici e del lavoro – Università degli Studi di Perugia; la Prof. Mirella Damiani Docente di Economia delle Imprese Sociali – Dipartimento di Scienze Politiche – Università degli Studi di Perugia; il Prof. Francesco Rizzi Docente di Economia e Gestione delle Imprese – Facoltà di Economia e Commercio – Università degli Studi di Perugia, il Prof. Avvocato Stefano Giubboni, Docente di Diritto del Lavoro – Dipartimento di Scienze Politiche – Università degli Studi di Perugia.

Le imprenditrici che si sono messe in gioco sono state: Paola Bocchini della BI ELLE snc; Federica Daini della Tourcoop sooc. Coop; Alessandra Boco della Blumy srl, Maria Camilla Fogliati della Rm italiantincendio, Alessia Cherubini della Iclean.

Dopo aver illustrato le varie prassi con il commento dei docenti, è stata nuovamente l’assessore Cicchi a prendere la parola per le conclusioni.

Mi è capitato spesso di riflettere sul valore aggiunto delle imprese femminili e domandarmi il perché del loro successo. Non per sfiducia ma dal netto contrasto con le evidenze statistiche.

Queste ci restituiscono infatti dati preoccupanti secondo i quali, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, la partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne è nettamente più esigua rispetto a quella maschile.

Sappiamo bene che il lavoro femminile ancora oggi è scarsamente considerato e valorizzato rispetto all’imprenditoria tutta al maschile.

Esistono settori in cui purtroppo, per le donne, le possibilità di far carriera e raggiungere posizioni di vertice all’interno delle aziende sono decisamente scarse.

Questo va a braccetto con la riserva di impieghi poco retribuiti e orari di lavoro ridotti, col risultato di un divario retributivo non indifferente a discapito del lavoro femminile.

Alla base di certe dinamiche disfunzionali abbiamo in prima battuta un problema culturale ancora difficile da “sradicare”, che costringe la donna in ruoli predeterminati ma da tempo sorpassati.

Tuttavia, nelle buone pratiche oggetto di pubblicazione, emerge quanto la cultura organizzativa delle imprese al femminile sia determinante perché questa diventi un’impresa di successo. Tra le parole che più volte sono ricorse, troviamo la parola fiducia: fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, tra lavoratore e colleghi di lavoro, fino ad arrivare a trovare più volte la parola famiglia.

L’azienda come una famiglia, segno evidente che la cultura aziendale di queste imprese è condizionata positivamente da alcuni valori irrinunciabili tra cui appunto quello della famiglia, dove la responsabilità ed il dovere sono due elementi imprescindibili, proprio come nella vita dell’azienda, vista tanto dal lato dell’imprenditrice quanto da quella del lavoratore/lavoratrice. Un’azienda che diventa essa stessa famiglia allargata.

A questi termini fanno seguito le parole rispetto poiché i lavoratori si sentono  apprezzati , riconosciuti e compresi nelle esigenze ed aspettative e  inclusione quale parte integrante di un tutt’uno.

Tra le espressioni più volte citate troviamo anche partecipazione che, se questa è scontata nelle imprese cooperative, proprio per loro peculiarità, non lo è altrettanto nei processi decisionali delle imprese profit.

Tra i vari temi emergono quelli che riguardano la conciliazione e lo smart working insostituibili durante il periodo della pandemia ma che rischiano di rendere ancora più faticoso il lavoro della donna all’interno delle mura domestiche.

Anche la parola squadra è più volte evidenziata, poiché il lavoro di squadra consente di ripartire la mole di lavoro tra i suoi membri, riducendo la pressione sul singolo.

Quel che ne risulta è una maggior accessibilità degli obiettivi di ciascuno, performance ottimizzate e risultati raggiunti più velocemente. Elementi che abbattono sicuramente lo stress che spesso si può trovare nei luoghi di lavoro.

Sicuramente gli esempi che abbiamo esaminato potranno contribuire a stimolare le donne e gli uomini a valutare una nuova cultura aziendale, rispettosa delle persone e degli ambienti di lavoro con una lungimiranza che pare proprio essere una peculiarità delle donne.

Tuttavia, queste buone pratiche da sole non saranno ancora sufficienti a creare quel necessario equilibrio tra lavoro femminile e lavoro maschile: èer questo è necessario che nell’agenda politica si sviluppino alcuni temi sia dal lato del welfare familiare che dal lato dell’impresa al femminile.

Un nuovo sistema di welfare in cui la componente di spesa pubblica per le famiglie sia considerevolmente più alta di quella oggi esistente, accanto ad un forte investimento nelle infrastrutture sociali per l’assistenza all’infanzia e ai familiari anziani o non autosufficienti.

In questo ambito rientra la possibile integrazione di fornitura pubblica e privata dei servizi dove, come abbiamo visto in alcuni esempi, l’azienda stessa può offrire servizi personalizzati.

Sarà necessario continuare a promuovere la parità di genere all’interno della famiglia e la condivisione del lavoro di cura, anche con l’estensione dei congedi di paternità.

Sarà fondamentale utilizzare la flessibilità del lavoro e le forme di smart-working in modo neutrale rispetto al genere, premiando i risultati rispetto alla presenza fisica, senza però rischiare una nuova ghettizzazione del lavoro femminile (come già avvenuto per il part-time).

Sarà infine importante, rivedere i tempi della città e gli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione, tenendo conto delle esigenze dei cittadini che risiedono, lavorano ed utilizzano il territorio di riferimento. Parallelamente anche il sistema dei trasporti andrebbe organizzato in modo intermodale (treno, autobus, parcheggi), permettendo così ai lavoratori di utilizzare il servizio pubblico in maniera efficiente, dando piena attuazione alle disposizioni della legge n. 53/2000 con riferimento ai tempi delle città.

Dal lato delle imprese sappiamo che con i fondi della manovra di bilancio, così come nel PNRR, saranno implementati gli  sgravi contributivi per le assunzioni di donne disoccupate ed i finanziamenti dell’imprenditoria femminile, al fine di sostenere investimenti in capitale di rischio nelle imprese ad elevata innovazione tecnologica, il fondo destinato a interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro e la concessione di mutui agevolati o addirittura a tasso zero.

Rilevante anche il fondo impresa femminile, che punta a promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile, la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra le donne e massimizzare il loro contributo, quantitativo e qualitativo, allo sviluppo economico e sociale del Paese.