Il presidente Federico Gori ha scritto alla alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini e per conoscenza al presidente di Anci nazionale Gaetano Manfredi
Sono 50 i precari e le precarie CNR in Umbria
(UNWEB) Perugia, – Anci Umbria scende in prima linea per rivendicare la tutela e la stabilizzazione dei circa 50 precarie e precari in forza negli istituti CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) della regione. Il presidente Federico Gori ha inviato una lettera alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini - e per conoscenza al presidente di Anci nazionale Gaetano Manfredi - per portare all’attenzione del Governo una situazione che rischia di compromettere il futuro della ricerca pubblica.
In Umbria, e in particolare a Perugia, il CNR conta sei sedi di istituti: IBBR (Bioscienze e Biorisorse), IRPI (Protezione Idrogeologica), ISAFoM (Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo – Sezione Olivicoltura), IOM (Officina dei Materiali), ISTM (Scienze e Tecnologie Molecolari) e SCITEC (Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e l’Energia). Queste realtà operano in settori che spaziano dalla genetica al territorio, con particolare attenzione all’agricoltura, all’idrologia e ai materiali, e collaborano quotidianamente con università, scuole, enti locali, imprese e associazioni di categoria, generando valore per tutta la comunità umbra.
Nonostante l’importanza strategica della ricerca, oltre il 30% del personale CNR a livello nazionale lavora con contratti temporanei o forme precarie. Molti di questi rapporti sono legati a fondi PNRR che scadranno nel 2026. In Umbria la situazione è particolarmente critica: circa cinquanta ricercatori hanno contratti in scadenza entro la fine del 2025, mentre altri hanno già perso il lavoro nel corso dell’anno, con una conseguente perdita di competenze preziose per il territorio.
“Questa precarietà prolungata – scrive Gori nella lettera – compromette continuità delle attività scientifiche, qualità della ricerca, possibilità di sviluppo territoriale e persino la vita personale e familiare delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. Ogni ricercatore che se ne va è una perdita per il territorio e per il Paese, sia in termini umani che economici e senza ricerca non c’è innovazione, non c’è sviluppo, non c’è futuro”.
Questa consapevolezza è condivisa trasversalmente: diversi Consigli comunali e regionali, da Roma a Bologna, da Modena alla Calabria e alla Sicilia, hanno già approvato mozioni per chiedere al Governo interventi di stabilizzazione e finanziamenti adeguati. Anche in Umbria sono state depositate mozioni in Consiglio Regionale e al Comune di Perugia, che sottolineano il rischio concreto di perdere professionalità fondamentali.
Per questo Anci Umbria chiede alla Ministra dell’Università e della Ricerca di incrementare i finanziamenti nella prossima Legge di Bilancio, così da sostenere procedure di stabilizzazione per tutto il personale precario con i requisiti previsti dalla Legge Madia. Sollecita, inoltre, l’attivazione di fondi strutturali e ordinari che evitino il ripetersi di una precarietà cronica, e l’avvio di concorsi sistematici e periodici per assunzioni a tempo indeterminato di ricercatori, tecnologi e tecnici, garantendo continuità e qualità alla ricerca.
Nel documento Anci Umbria ribadisce che rafforzare il CNR significa rafforzare l’Umbria e l’Italia: trattenere giovani ricercatori, contrastare la fuga dei talenti, sostenere le imprese, migliorare la resilienza del territorio e costruire un futuro fondato sulla conoscenza. Da qui l’appello al Ministero affinché intervenga con urgenza, garantendo dignità lavorativa e stabilità a chi da anni contribuisce con professionalità e dedizione allo sviluppo scientifico e civile del Paese.
