(UNWEB) Il 30 ottobre è fissata la scadenza dei termini del payback applicato ai dispositivi medici per tutte le aziende. La data è dietro l’angolo, e il fatto che nella manovra finanziaria del Governo non sia prevista nessuna risorsa per il superamento del payback suscita nuova preoccupazione e allarme tra le associazioni di categoria del comparto, che da mesi chiedono un intervento risolutivo per evitare i contraccolpi sulla sopravvivenza delle imprese, sull’occupazione e sul servizio sanitario.


“Il payback - sottolinea Paolo Palombi, presidente di ASFO, Associazione Fornitori Ospedalieri aderente a FIFO e Confcommercio Umbria - mette a rischio l’intera filiera dei dispositivi medici, che conta oltre 4.400 imprese e 118mila addetti in Italia, e che in Umbria annovera decine di imprese e centinaia di dipendenti. Nessuna azienda è in grado di reggere l’impatto delle richieste per la loro entità, per le tempistiche e la retroattività. E questo significa rendere sempre più complicate le forniture di presidi e quindi mettere in pericolo la salute dei cittadini. Sono infatti soprattutto le pmi a garantire alle strutture sanitarie un rifornimento in tempi rapidi e in modalità flessibili. Assottigliare in modo drastico la rete di fornitori ridurrebbe tra l’altro le scelte a disposizione degli appaltatori, con forti ripercussioni negative anche sui prezzi di acquisto.
Dopo il serrato confronto di questi mesi a livello nazionale – continua il presidente ASFO - ci attendevamo un segnale concreto dal Governo, che invece nella manovra ha ignorato completamente le esigenze e le istanze delle imprese del settore. Siamo profondamente delusi per il fatto che l’esecutivo non abbia dimostrato di rendersi conto della gravità della situazione, che ha un effetto diretto sulla sanità pubblica e mette a rischio fallimento tante imprese qualificate e competenti”.
Ben 1.500 aziende – secondo quanto emerge da uno studio Confcommercio – sono oggi costrette ad affrontare un payback che va dal 30% al 100% del loro fatturato medio annuo e risultano, di fatto, a serio rischio fallimento. Le micro, piccole e medie imprese sono le più danneggiate da questa norma che le mette in condizione, già in questa fase, di fatto, di portare i libri in tribunale e licenziare migliaia di lavoratori del comparto. Una crisi economica e finanziaria che metterà in ginocchio anche chi non fallirà nell’immediato, con l’impossibilità di pianificazione e investimenti vitali per un settore strategico come quello sanitario.
“Ci siamo appellati alla classe politica – conclude Palombi – a livello nazionale e locale, sottoponendo proposte alternative e rendendoci disponibili in ogni caso al confronto. La mancanza di risposte da parte del Governo è allarmante”.
Sulla vicenda payback il 24 ottobre si attende ora il pronunciamento del TAR, in seguito al ricorso fatto dalle associazioni per il superamento di una norma che ritengono incostituzionale e lesiva dei principi di concorrenza del mercato. Una sorta di ultima spiaggia – sottolinea ASFO Confcommercio Umbria – per trovare una soluzione che salvaguardi la filiera dei dispositivi medici e di conseguenza la tenuta del servizio sanitario nazionale.