bullismo2Al centro dell'incontro organizzato dal liceo Pieralli la storia di Carolina Picchio

(UNWEB) Perugia.  In sala dei Notari, nel corso della mattinata del 5 ottobre, i ragazzi del liceo statale Pieralli (le classi prime e seconde in presenza, le altre collegate da remoto) hanno assistito ad un incontro sul tema del bullismo e del cyberbullismo.

Hanno parlato dell’argomento, intitolato “Un abbraccio vale molto più di mille like”, il vice sindaco ed assessore con delega alle politiche giovanili e scolastiche Gianluca Tuteri, il questore di Perugia Giuseppe Bellassai, la dirigente scolastica del Pieralli Simona Zoncheddu, Paolo Picchio, presidente onorario di Fondazione Carolina (con l’intervento “Le parole fanno più male delle botte – La storia di Carolina), Ivano Zoppi, presidente di Pepita onlus e segretario generale della fondazione Carolina, Diego Buratta, formatore di Pepita onlus (Prevenire casi di cyberbullismo a casa e nei contesti educativi”. Moderatrice Stefania Panza.

L’incontro della Notari rientra nell’ambito del progetto del Pieralli “Che social sei?”, realizzato dalla scuola per favorire la consapevolezza delle scelte in rete e rivolto ad oltre 500 studenti.

**

“Perché ci rivolgiamo a voi giovani?” – ha domandato il vice sindaco Tuteri ad inizio del suo intervento. “Perché siete i più vulnerabili sul tema del bullismo e del cyberbullismo, scontando una fragilità psicologica che è insita nella vostra età”.

Tuteri ha ribadito che nell’approccio con i teenagers deve essere bandita la retorica ed occorre promuovere azioni concrete, le uniche che i giovani si aspettano. Ecco il motivo per il quale il Comune di Perugia ha messo in campo il progetto “Ottavo segno”, il primo nel suo genere in Italia. Un percorso di individuazione del disagio sommerso tra i ragazzi e di successivo supporto gratuito, nei casi accertati, tramite psicologhe della Asl.

I dati presentati dal vice sindaco fanno paura e fanno riflettere: il 50% dei ragazzi che subiscono il bullismo sviluppano stati d’ansia o depressione; autentiche malattie che determinano una limitazione della qualità della vita. L’ulteriore problema è che la metà di quel 50% sviluppa patologie psicologiche in forma cronica o perché non è stato riconosciuto il disagio da parte di genitori e medici o per la mancata presa in carico da parte dei servizi.

Altro dato critico riguarda le cause di morte tra gli adolescenti che sono il suicidio, in costante crescita anche sul nostro territorio, l’abuso di sostanze e gli incidenti conseguenti ai cosiddetti “challenge” o sfide social. Infine ultimo dato sulla socialità: dall’uscita, avvenuta nel 2007, ad oggi dell’iphone i giovani dicono di uscire di meno, di sentirsi più soli, di non cercare fidanzata o fidanzato, di non essere interessati a conseguire la patente per l’auto.

“Di fronte a questi numeri – ha concluso Tuteri – dobbiamo necessariamente interessarci al tema e fare qualcosa per cambiare il trend. Per questo invito tutti voi ragazzi ad usufruire del servizio di sostegno psicologico, ottavo segno; con il coinvolgimento dei genitori oppure autonomamente”.

Il vice sindaco ha infine riferito che altri due progetti del Comune dedicati ai giovani partiranno a breve e verranno presentati nel corso di una conferenza stampa-

**

A portare il saluto della Polizia è stato il questore di Perugia Giuseppe Bellassai, che ha parlato di un tema di grande attualità e sul quale si innestano tante criticità.

Noi delle generazioni passate – ha continuato – stiamo lasciando in eredità a voi giovani un mondo difficile che sembra aver dimenticato certi valori umani che sembravano acquisiti e che sono stati, invece, sostituiti dai “disvalori”. In questo contesto si inserisce la tecnologia, straordinaria opportunità che fa da moltiplicatore delle cose belle, ma, purtroppo, anche di quelle brutte che sono alla base del cyberbullismo.

La possibilità di usare i social liberamente ha trasformato molti utenti in “leoni da tastiera”, dando spazio a giudizi trancianti in un clic e consentendo di esprimere le peggiori bassezze dell’animo umano. E questa è la storia di Carolina Picchio, vittima del cyberbullismo.

**

Proprio i racconti di papà Paolo sulla storia di Carolina sono stati il clou dell’incontro alla Notari.

“Carolina (la storia è tratta dal sito ufficiale fondazionecarolina.org) è una ragazza intelligente, altruista, sportiva e sognatrice, ma quella notte a Novara, tra il 4 e il 5 gennaio 2013, la fragilità di adolescente prende il sopravvento e Caro” si toglie la vita all’età di 14 anni.

Era novembre e Carolina Picchio, dopo aver mangiato una pizza con amici, si chiude in bagno, sta male, ha bevuto troppo e perde conoscenza. Un gruppo di ragazzi l’accerchia e simula atti sessuali; la prendono di mira con insinuazioni e comportamenti sempre più espliciti.

Quelle scene vengono riprese in un video realizzato con l’intento di screditarla, “colpevole” di voler frequentare compagnie diverse da quella “Novara bene” che le stava sempre più stretta. Lei, amica di tutti, sempre sorridente e carismatica, si trova al centro di un’attenzione morbosa e virale: prima lo scambio in chat tra i presenti, poi il salto sui social network, con una profusione di insulti e commenti denigratori.

Un peso insostenibile da sopportare: tutte quelle ingiurie mettevano in dubbio la sua reputazione e la sua onorabilità. L’odio è tutt’altro che virtuale, come il dolore e la sofferenza, Carolina, disperata, si getta dalla finestra di camera sua. Un ultimo selfie per salutare un’amica, poi il messaggio d’addio, diventato nel tempo un monito per intere generazioni: “Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno”.

Una denuncia che rompe il silenzio: prima si suicidarsi, Carolina trova la forza di denunciare, di fare i nomi e di raccontare la sua storia in una lettera destinata a cambiare il rapporto tra internet e adolescenti. Un messaggio che consentirà al tribunale dei Minorenni di Torino di celebrare il primo processo sul cyberbullismo in Italia, con condanne esemplari: le condotte, anche “virtuali”, che hanno portato Carolina a togliersi la vita, non possono essere derubricate a semplici “ragazzate”.