trasporti(ASI) A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Ecco, pur non volendo pensare male, certe strane concomitanze fanno veramente insospettire. Specialmente quelle che vedono ministri appena insediati venire immediatamente sostenuti da visoni progettuali ad hoc, nel silenzio della politica dei territori che si vedono togliere progetti vitali e già finanziati. 

Erano passati solo pochi giorni dal 5 settembre 2019. Fin dal primo giorno la neo ministra dei trasporti ed infrastrutture Paola DeMicheli, aveva puntualizzato che il suo programma di avrebbe avuto al centro il “portare la ferrovia in ogni aeroporto”. Programma di intenti sicuramente lodevole. Certamente al passo con tutti i principali stati europei in cui la ferrovia sta tornando ad assurgere al ruolo di vettore chiave del trasporto. Si potrebbe a prima vista considerare come una scelta lungimirante; una vera e propria vittoria del buon senso, dell’ambientalismo e della nuova coscienza socio-ecologista. Purtroppo si sa che non esiste “vittoria” senza sacrificio. Nel caso dell’Umbria il “sacrificio” è stato l’aver visto cancellare il raddoppio, con variante di percorso, della principale linea ferroviaria umbra dai piani delle opere strategiche di Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Stiamo parlando della tratta che da Foligno raggiunge Spoleto e Terni.

L’opera era stata giudicata di importanza strategica fin dalla fine degli anni 80. Nei primi anni del 2000 ben tre furono i finanziamenti stanziati dal CIPE per completare un raddoppio della linea ferroviaria da Foligno fino a Terni, passando per Spoleto. La tratta, comune sia ai treni che collegano la capitale con Perugia che con Ancona, già alla fine degli anni 80 era ormai considerata un vero e proprio imbuto. Binario singolo, percorso tortuoso e caratterizzato dalla ripida salita in località Giuncano; bastano questi pochi dati sommari per far comprendere perché si decise che ci sarebbe voluto non solo un raddoppio di binario, ma una sua velocizzazione mediante l’istituzione di un nuovo percorso con numerose varianti in galleria. Tale soluzione avrebbe garantito sia un percorso notevolmente meno tortuoso, che privo di passaggi a livello, da sempre fonte di rallentamenti imposti per questioni di sicurezza. La velocità massima lungo tutto il percorso sarebbe stata di 170 chilometri orari. Praticamente si sarebbe potuta collegare la provincia di Perugia con quella di Terni e con Roma risparmiando anche più di 30 minuti.

Venti anni sono stati necessari per costruire il primo tratto di pochi chilometri tra Foligno e Campello sul Clitunno. In questi anni numerose aziende appaltatrici sono fallite continuamente. Alla fine non solo si è raggiunto Campello, ma si è riusciti addirittura, nel 2018, a procedere verso Spoleto. Nel frattempo, date le mutate esigenze strategiche, e la modifica dei flussi di traffico lungo la linea, il progetto aveva già subito numerose modifiche tra cui la più appariscente è stata la decisione di passare da una linea ricostruita a doppio binario integralmente in variante di percorso, ad un doppio binario “separato” dove uno solo dei binari sarebbe stato ricostruito su variante di percorso velocizzata per i 170 chilometri l’ora di velocità massima. Su questo binario sarebbero stati instradati tutti i treni alta Velocità, gli intercity e i regionali in servizio veloce tra Perugia e Roma, e tra Roma e Ancona. Il vecchio binario invece sarebbe rimasto per tutti gli altri treni passeggeri e merci.

Come già detto il travagliato progetto, dopo quasi venti anni, stava finalmente iniziando a prendere forma quando il nuovo programma della ministra del governo Conte 2 improvvisamente trova una immediata sponda nel nuovo piano delle infrastrutture strategiche di RFI. Via il raddoppio tra Spoleto e Terni con velocizzazione di percorso. Al suo posto una stazione per l’aeroporto internazionale dell’Umbria, con tanto di diramazione ferroviaria. Le tempistiche sono quanto mai sospette. A pensare male sembrerebbe una vera e propria operazione di sostegno al programma del governo. Ma bisogna presumere che non sia così (non fosse altro che per deontologia professionale). Quello che invece è difficile da capire è stata la reazione della politica locale, o meglio, la non reazione. Anzi, alcuni esponenti locali, trasversalmente agli schieramenti, hanno pure applaudito.

Bisogna applaudire? Ma per cosa? Per essersi visti cancellare un progetto in dirittura d’arrivo dopo oltre venti anni, sostituito con una ipotesi? Si perché proprio di un ipotesi si tratta. La stazione presso l’aeroporto di Perugia non avrebbe ad oggi alcun fondamento progettuale. Nessuna verifica sui flussi di traffico, nessuna verifica sulla fattibilità e men che meno sui costi necessari. Non che avere l’aeroporto collegato con la ferrovia sia un male, tutt’altro (certo però che un aeroporto come quello di Perugia avrebbe bisogno di ben altri provvedimenti per essere rilanciato dallo stato di crisi in cui versa). Il problema non è collegare l’aeroporto. Il problema è che per qualcosa di poco più che una mera ipotesi l’Umbria (ma anche le Marche) si sia vista togliere un progetto già approvato, pagato e finanziato con i soldi pubblici dei cittadini. La politica che sta facendo? Si è resa conto che con questo cambio di progetto i fondi stanziati sono letteralmente stati mandati in fumo? La politica locale si rende conto delle conseguenze che la mancata realizzazione dell’opera di raddoppio e velocizzazione della ferrovia avranno sulla già isolata Umbria?

Eh si che non bastava l’isolamento in cui la regione storicamente versa, il fatto che la stessa si era, a suo tempo, chiamata fuori dal tavolo dell’Alta Velocità ferroviaria, ed infine le vicende di Umbria Mobilità. La politica ha capito che dal prossimo anno l’accesso alla linea Direttissima Alta Velocità per Roma sarà vincolato a tutta una serie di condizioni tra cui la velocità massima dei treni e la puntualità nel rispetto delle tracce orarie in ingresso? La politica locale oggi sa che tra Perugia e Orte si accumulano ritardi normalmente nell’ordine anche dei 15 minuti che ad oggi è possibile recuperare solo grazie letteralmente alla benevolenza di Trenitalia ed Rfi che hanno allungato le tracce orarie dei regionali umbri per non far ingarbugliare tutta la circolazione sulla Direttissima? Ma soprattutto la politica locale ha capito che arretrare treni Freccia a peso d’oro non è nulla più che una soluzione di ripiego, e che farli fermare in ogni stazione, al servizio più del consenso che non del territorio, li trasforma solo in dei costosi regionali che poco o nulla cambiano? Eppure le vicende del post Covid 19 legati alla riforma del codice appalti potrebbero dare al cuore verde d’Italia una possibilità di poter rivendicare quanto è stato tolto. La rapida ricostruzione del Ponte Morandi a Genova è la prova che burocrazia e tempi biblici di appalti e progetti possono essere facilmente superati se sussistono tutta una serie di condizioni tra cui la volontà di fare.

Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia