Brozzi(ASI) “Una chiusura che sconcerta”. Così Vannio Brozzi, ex direttore della Ferrovia Centrale Umbra, ha definito la chiusura all’esercizio commerciale della linea. Tale decisione, operativa a partire da mercoledì 13 settembre, non ha precedenti nella storia della linea ferroviaria lunga oltre un secolo, che nemmeno le bombe degli alleati ed i sabotaggi dei nazisti in ritirata riuscirono a fermare.


“Chiusura per lavori di ristrutturazione? Mi chiedo perché non siano stati fatti prima” – ha incalzato Brozzi che non ha risparmiato critiche alla gestione di Umbria Mobilità. “Come è possibile? Quasi impossibile rispondere ma i dubbi sono tanti. Intanto l’impatto sulle comunità che la ferrovia attraversava, sul personale, sulle maestranze e sulla stessa economia regionale non è certo cosa da poco”.
La Ferrovia dei “sogni”
“Tra tutte le ferrovie concesse che io conosco la Ferrovia Centrale Umbra era la migliore che io conosco sia da punto di vista delle tecnologie, che dal punto di vista strutturale, sebbene carente in alcuni punti, sia dal punto di vista economico” – ha affermato l’ex amministratore della Fcu. “L’unico difetto di questa ferrovia può essere la scarsa utenza nelle tratte intermedie tra Perugia e Terni. Peraltro questo non significa mancanza di utenza che invece è un'altra cosa. Di fatto la Fcu è una ferrovia a vocazione metropolitana. Per il resto siamo in presenza di una ferrovia a scartamento normale e di un sistema di distanziamento treni, di blocco elettrico automatico, inoltre, da Ponte San Giovanni a Sansepolcro e nella successiva tratta fino a Terni è dotata di elettrificazione. Si tratta di una ferrovia che ha grandi potenzialità. Ha necessità di ristrutturazione, questo si, soprattutto a livello dei siti attraversati , ma questo altro non è che la base del concetto di manutenzione ed ammodernamento”. “Quando ho lasciato la gestione della Fcu la ferrovia era una azienda da 2.200.000 chilometri treno all’anno. Si arrivava a Roma e si presero in gestione i servizi per Rieti e L’Aquila. Adesso invece, nel giro di 5 anni si dice che bisogna chiudere perché la ferrovia si dice che è decrepita e cadente”- ricorda Vannio Brozzi.
Il tesoretto scomparso
“Quando il sottoscritto dovette accettare l’avvicendamento; “giustamente” in quanto io non condividevo le scelte in programma di fare, si decise che la gestione sarebbe dovuta passare a dirigenti regionali, quindi è a loro che va chiesto conto di come sia stato possibile che si sia giunti alla decadenza ed alla chiusura” – ha specificato Brozzi il quale ha aggiunto – “Permettetemi uno sfogo personale. Quando la Fcu confluì nella holding dei trasporti aveva circa 8 milioni e mezzo di euro di risorse del Tfr in una banca, aveva un fondo riserva di circa 3 milioni e mezzo in un'altra banca, e vantava crediti nei confronti della regione per contratti di servizio per un totale di 13 milioni di euro. Non lo dice Vannio Brozzi. Basta andare a verificare i bilanci presso la camera di commercio, cioè dati ufficiali”- si sfoga l’ex amministratore della Fcu, che aggiunge – “All’epoca si disse che la holding dei trasporti avrebbe portato sviluppo e certezza allo sviluppo ferroviario dell’Umbria. La chiusura sarebbe lo sviluppo ferroviario? La mortificazione di personale professionalizzato e di grandi competenze e di difficile rimpiazzo? Si dice che si chiude per riaprire entro un anno; ma se così fosse dovremmo vedere banchine affollate, mezzi e uomini al lavoro. Invece al momento nulla è stato fatto, ed è impensabile che in un anno si riesca a fare quel che ho sentito dire, cioè di spendere 70 o 80 milioni di euro, poiché anche per spendere serve tempo, ma qui si pretende di fare ciò che non è stato fatto in 5 anni in meno di un anno”.
Il treno: mezzo verde
“Se l’idea fosse “chiudiamo per ristrutturare e riaprire”, sarebbe un pensiero, per quanto sbagliato, ma accettabile” – ha affermato l’ex amministratore dell’Fcu che però ha incalzato –“ Invece qui la questione è che ormai si sono comprati gli autobus e quindi il pensiero è chiaramente quello di mettere gli autobus poiché costano meno rispetto al treno. Questa è una verità poiché l’azienda che gestisce degli autobus non deve manutenzionare le strade. Un azienda che gestisce treni invece deve necessariamente fare la manutenzione tanto ai treni quanto alla sede ferroviaria. Perciò si tratta di scelte politiche di natura economica. Ma si può chiudere un asse strategico nella totale indifferenza? A chi dice che il ferro ha fatto il suo tempo e che adesso la modernità sarebbero i pullman, io rispondo che è un pensiero quanto più sbagliato e lontano dalla realtà. In Europa (soprattutto la Svizzera insegna) simili infrastruttura strategiche sono ritenute fondamentali. Noi che ce l’abbiamo che facciamo? La chiudiamo? Ha dei costi di gestione superiori a quelli della gomma ma questo non significa minori costi per i cittadini; anzi, in realtà è il contrario. Dal punto di vista ambientale una ferrovia presenta indubbi vantaggi rispetto alla gomma. Oggi è la gomma il problema. Arrivare a Perugia in alcune ore è un impresa non da poco. Se noi avevamo una ferrovia che fingeva da metropolita di superficie, capace di collegare tutti i poli, dal Silvestrini fino a Villa Pitignano, con un alta frequenza di collegamenti ed alta capacità di trasporto avremmo risolto molti dei problemi che quotidianamente strangolano la città. Paradossalmente l’asse Fcu – Trenitalia sarebbe stato di giovamento anche per il Minimetrò ed i suoi cronici problemi finanziari e di posizionamento strategico. Se faccio arrivare i passeggeri frazionati in numerosi autobus a Fontivegge, oppure comunque invoglio a far prendere l’auto privata è chiaro che nessuno userebbe mai il Minimetrò ”.
Le carenze e gli investimenti
“Se tu non fai manutenzione, se proponi treni lenti, sporchi e logori, se non fai la manutenzione all’aria condizionata, se non offri all’utenza treni moderni e gradevoli quali i Minuetto/Pinturicchio; tu non invogli il passeggero o il potenziale passeggero ad usare il treno. Oggi la concorrenza non è tanto quella della gomma, quanto del fatto che se si vuole che l’utenza rimanga fedele al trasporto pubblico tu devi invogliare utilizzatori offrendo loro più corse, più puntualità, più pulizia e più precisione. Qui siamo di fronte ad un caso in cui la gente non è stata invogliata a prendere il treno a fronte però di consistenti investimenti fatti nell’infrastruttura e sui mezzi. La ri - elettrificazione totale, Il controllo del treno mediante DC O (dirgente centrale operativo), la linea elettrica può essere controllata e comandata in remoto, soppressi 30 o 40 passaggi a livello, sostituiti da numerosi sottopassi; il punto è che, oltre a continuare su questa strada, era necessario programmare il risanamento del binario. Si tratta di 153 km di binari che andavano organicamente risanati. Era poi necessario anche un tipo di manutenzione su misura delle esigenze di servizio presentate dai territori interessati. Todi, Umbertide, ed altre zone, presentano tutte criticità ambientali a livello climatico ed idrogeologico che impongono una manutenzione attenta alla sede del binario onde mantenerlo in perfetta efficienza” – ha affermato Vannio Brozzi.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia


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