pdf(UMWEB) Il protocollo d’intesa sulla cosiddetta legge regionale sull’omofobia firmato a Palazzo Donini dal Presidente della Regione, dai sindaci di alcuni (pochissimi) comuni umbri, dalle ASL e dalle associazioni LGBT, rivela inequivocabilmente la vera natura iniqua della legge 3/2017. Per questo ringraziamo tutti i sindaci che non hanno sottoscritto il testo, latore di costrizione educativa per la scuola e la famiglia, mostrando ad una classe dirigente sulla via del tramonto, che la maggioranza dei cittadini umbri ha una sintonia politica assolutamente differente.


Nella declinazione degli articoli costituenti il protocollo alcune espressioni si sono distinte per l’assurdità della loro formulazione stessa. Ci riferiamo principalmente alla volontà di voler formare ed educare il personale docente in ordine alla lotta contro le discriminazioni determinate dall’identità di genere. Il Popolo della Famiglia si dichiara contrario ad ogni forma di discriminazione che colpisce l’essere umano, come persona, la cui dignità rimane sempre e comunque la stessa, a prescindere dall’origine, dal credo o dall’orientamento sessuale, ma ci opponiamo fermamente al processo politico, culturale, sociale e antropologico in atto che vuole dare sempre più spazio ad un’azione dilagante di diffusione del pensiero unico. Questa azione vuole inglobare la scuola e la famiglia, i luoghi principali predisposti alla crescita e allo sviluppo della persona umana.
Nel protocollo si parla di “interventi di promozione, sostegno ed organizzazione di attività di formazione per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado, in materia di contrasto degli stereotipi e dei ruoli di genere, nonché di prevenzione del bullismo e del cyber-bullismo motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, rivolte anche ai genitori degli studenti”. È evidente che, stando a quanto scritto e disposto, il personale docente dovrà necessariamente abbracciare l’ideologia di genere, per poter diffondere la stessa nelle nuove generazioni con progetti fintamente anti-discriminatori, ma volontariamente pionieri di dittatura ideologica. In questo progetto di in-formazione cadono anche le famiglie che, secondo i firmatari del protocollo, avrebbero bisogno di sostegno e supporto per “l'accrescimento delle (loro) competenze pedagogiche”. Perché mettere sotto processo le competenze educative della famiglia, se questa dovesse scegliere di non voler educare i figli all’ideologia di genere?
Perché presumere che i genitori che difendono il valore dell’identità sessuale maschile e femminile, educhino allo stesso tempo i figli alla violenza e alla discriminazione?
Non c’è presunzione. C’è solo l’astuzia di voler destituire la famiglia dal suo ruolo educativo, per poter dirigere le nuove generazioni verso la palude del pensiero unico.
In conclusione, sorge il dubbio sull’effettiva necessità di questa legge nel momento in cui, i dati Istat rivelano quanto di seguito: “generalizzata appare la condanna di comportamenti discriminatori: il 73% è in totale disaccordo con il fatto che non si assuma una persona perché omosessuale o non si affitti un appartamento per lo stesso motivo” (dati Istat, 2015).
Il Popolo della Famiglia - Umbria mettendo in evidenza che i sindaci che hanno firmato il protocollo rappresentano solo il 30% della popolazione della nostra regione, chiede a quel “Gruppo stabile che avrà il compito di supportare le attività” auspicate da una legge considerata devastante, per quanto inutile, di stare alla larga dai nostri figli.

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