devincenzi(ASI) Perugia - Negli anni passati si è molto discusso della compatibilità fra l'impiego della RU486 con il dettato della legge 194/78 e ancor più con la tutela della salute della donna. La delibera 1.417 della nostra Giunta Regionale non sposta di un millimetro il problema che, anche dopo oltre un decennio di dibatto, resta irrisolto.

Sullo sfondo c’è, in realtà, una mera questione economica perché l’introduzione dell’IVG attraverso un processo farmacologico contrae i costi legati agli interventi chirurgici. Se pensiamo che negli ultimi tre anni (dati del 2017 da parte del Ministero della Salute) in Umbria si sono effettuati 4.301 aborti in modalità chirurgica, ciascuno dei quali ha avuto un costo per la comunità di 908 euro, possiamo capire la portata del fenomeno sia in termini sociali che economici. Ecco a cosa servirà l’introduzione della pillola RU486: diminuire drasticamente i costi, offrire alle donne la percezione psicologica che non si sta abortendo (perché non c’è invasività chirurgica) e propagandare, da parte della giunta regionale, una sostanziale contrazione del rischio di errore da parte dei medici nelle operazioni di estrazione del feto.

Ma dove sta il reale rispetto della salute psicofisica della donna, ribadito come principio del dettato della 194/78? Quali sono i reali rischi dell’assunzione del Mifepristone (steroide sintetico che è il principio attivo della RU486) nel complesso sistema ormonale di una donna incinta? Come la sanità pubblica umbra è attrezzata per fronteggiare eventuali controindicazioni degli effetti della RU486 dopo le dimissioni della donna dalle strutture ospedaliere accreditate? Ma soprattutto: visti i rischi conclamati dell’assunzione della RU486, che pongono un grande punto interrogativo sulla funzionalità del farmaco, che vantaggio avrebbe la donna ad abortire con questa modalità?

La realtà mostra che nella scelta di abortire o di donare la vita a un figlio, entrano in gioco numerose componenti. Le istituzioni devono fare la loro parte attraverso un lavoro più articolato, competente e meno ideologico dei consultori che sono le prime frontiere di accoglienza del disagio della donna. Se, sino a oggi, non è mai stato difficile ottenere un “lasciapassare” per l’IVG chirurgica, temiamo che con la introduzione RU486 questo processo possa essere ancor più snello e lineare, contraddicendo, nuovamente, lo stesso impianto della 194/78. Come prendere un antidolorifico per il mal di testa, e poi tutto passa. Ma chi si fa carico delle conseguenze psicologiche a lungo termine, spesso pesanti e opprimenti, che la donna subisce in conseguenza a questa scelta? La sanità pubblica, le Aziende Ospedaliere o questa Giunta Regionale? Su tutto questo presenteremo una interrogazione.

Questa delibera promuove, nei fatti, la visione di una società fortemente atomizzata da parte di questa Giunta Regionale, nella quale la solitudine è la cifra quotidiana del vivere. E anche nella solidale e pacifica Umbria, la donna resta ancor più sola con la propria scelta, al di là rischio oggettivo che possa correre". Lo dichiara in una nota il Consigliere Regionale del Gruppo Misto – Umbria Next – Civici per l’Umbria”


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