(UNWEB) Perugia. «Il nostro pastore Gualtiero mancava dal Carcere di Capanne dal pranzo di Natale del 2019, da lui offerto alle detenute attraverso gli operatori della Caritas diocesana; un tempo lunghissimo di assenza per lui che era abituato, prima della pandemia, a recarsi spesso in questo luogo dove è più tangibile la sofferenza umana. Sin dal suo arrivo a Perugia, il nostro pastore ha instaurato un profondo legame con il mondo del Carcere anche con segni concreti di vicinanza, ad iniziare dall’incoraggiare la presenza di più volontari e favorire nuovi progetti volti al reinserimento sociale di chi è al termine della detenzione». A raccontarlo è suor Carla Casadei (Sfp), della congregazione delle Francescane dei poveri, coordinatrice dei volontari dell’Associazione perugina di volontariato - istituita dalla Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve -; associazione che attualmente vede impegnati nel mondo del volontariato carcerario una quindicina di soci.
Bisogno di vicinanza. Il cardinale Gualtiero Bassetti, accompagnato dal cappellano padre Francesco Bonucci (Ofm), si è recato in visita pasquale al Carcere di Capanne di Perugia il 5 aprile, Lunedì dell’Angelo, intrattenendosi nella struttura per circa due ore. Accolto dalla direttrice Bernardina Di Mario e dal comandante della Polizia penitenziaria Fulvio Brillo, il presule ha avuto modo di «incontrare da padre – prosegue il suo racconto suor Carla Casadei – i detenuti delle sezioni del circondariale, penale e semiliberi e le detenute del femminile, intrattenendosi anche con il personale di sorveglianza. Nell’augurare una serena Santa Pasqua a tutti, il nostro pastore ha avuto parole di speranza ad andare avanti, esortando tutti a fidarsi dell’amore di Dio, raccontando anche la sua recente esperienza di malato Covid. Soprattutto – conclude la suor Carla – il cardinale si è messo in ascolto di quanti gli hanno rivolto una parola in privato o un discorso augurale e di benvenuto in pubblico. E’ stato un incontro importante, perché sono persone che hanno bisogno di vicinanza umana e spirituale».
Il paradosso del carcere. Significativo è quanto ha detto una detenuta “portavoce” della sezione femminile: «Eminenza, è un brutto momento. Stiamo vivendo nella confusione, disorientati e sgomenti. La fede cammina di pari passo con la scienza. Ma l'incertezza, la selva oscura di oggi, può e deve diventare la dritta via che era smarrita. La pandemia coinvolge il mondo come mai era avvenuto, tante vittime, tante sofferenze. Sofferenza che anche lei ha conosciuto. Tutti dobbiamo fare la nostra parte e imparare a convivere con questo virus, dobbiamo fare squadra, contare l'uno sull'altro. Paradossalmente proprio il carcere ci sta proteggendo. Siamo “privilegiati” seppure nella solitudine. Ancor più isolati di sempre. Nella sofferenza, come Giobbe, siamo portati a protestare, ma Dio ci fa riconoscere i nostri limiti, ci invita alla preghiera... La fede non è una strada facile, abbiamo a che fare con un “Dio nascosto” che può anche non rispondere alle nostre domande. Lui cerca il nostro amore ed è così che ci è vicino nei momenti difficili. Solo l'amore ci dona forza, speranza, pace. Che la nostra preghiera diventi un grido come quello di Gesù in croce. Ritroviamo la fede, non perdiamo la speranza. La serenità e la bellezza nascono dal volersi bene e noi, eminenza le vogliamo bene, un gran bene. Lei il nostro pastore. Grazie per essere qui».
La via larga e la via stretta. Significativa è anche la testimonianza personale di una detenuta che ha rivolto alle altre: «Gesù è accanto a chi attraversa delle sofferenze – scrive –, posa il suo sguardo su di noi, sa che soffriamo e conosce la nostra storia, ad ognuno di noi si rivolge in modo personale, ci guarisce, lenisce le nostre ferite. Lui ci è accanto, ci conosce, ci parla attraverso la sua Parola, si prende cura di ognuno di noi nel modo che lui riterrà migliore per la nostra vita. Gesù ci parla di un bivio dove da un lato c'è una via larga dove si può fare ciò che si vuole, dall'altro una via stretta, rappresenta la volontà di Dio, e sono pochi coloro che la scelgono, perché non è sempre facile seguire Cristo. Ma mentre la via larga porta la maledizione ed infine alla punizione eterna, la via stretta porta alla benedizione e termina nel Paradiso. Allora, a noi la scelta care amiche, sorelle!».
Pasqua di rinascita. Al termine di ogni incontro il cardinale ha consegnato ai presenti dei piccoli doni (un sacchetto con ramoscello d’ulivo benedetto, ovetti di cioccolato e un disegno con frase augurale) preparati dai volontari. Un particolare: i disegni sono stati realizzati da un centinaio di bambini di famiglie di alcuni movimenti ecclesiali e gruppi parrocchiali, che nel disegnare e nello scrivere la frase augurale si sono ispirati al messaggio pasquale che più di altri è rivolto a chi è carcerato: «Tanti auguri per una Pasqua di rinascita».