progetto terapeutico lafora 6A Palazzo dei Priori si è parlato del trattamento con Myozyme, già utilizzato per un'altra patologia rara, con costi a carico del sistema regionale

(UNWEB) Perugia.  “Grazie a chi ha studiato e studia la malattia rara di Lafora, a chi si è assunto la responsabilità medica della somministrazione di un farmaco attualmente utilizzato solo per un’altra patologia e a chi ha trovato le risorse affinché ciò fosse possibile”. Margherita Gatti, madre di un ragazzo affetto da Lafora, malattia genetica neurodegenerativa, per la quale al momento non sono note terapie in grado di arrestare o rallentare la progressione, ha voluto fare il punto a Palazzo dei Priori su quelli che ritiene “segnali positivi” per suo figlio a 14 mesi dalla diagnosi: l’avvio, con costi a carico del sistema sanitario regionale, del trattamento con Myozyme, e, in parallelo, l’attività svolta da un network internazionale per lo studio di modelli pre-clinici per una terapia genica che vede in prima linea l’Università degli studi di Perugia.

Nella Sala Rossa erano presenti i rappresentanti degli enti che hanno supportato le istanze portate avanti da Gatti, anche in collaborazione con l’Associazione Malattie Rare Mauro Baschirotto (sezione Umbria): il sindaco Andrea Romizi e il vicesindaco Gianluca Tuteri per il Comune di Perugia, il presidente e la vicepresidente dell’assemblea legislativa della Regione Umbria, rispettivamente Marco Squarta e Paola Fioroni, i professori Cinzia Costa della Clinica neurologica di Perugia e Alberto Verrotti di Pianella, direttore della struttura complessa di Pediatria dell’Ospedale di Perugia. In collegamento telematico anche Gabriele Costantino, professore ordinario di farmacologia all’Università di Parma, il professore Federico Vigevano, primario del reparto di neurologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, e Roberto Michelucci, direttore della Unità operativa di Neurologia dell’Ospedale Bellaria di Bologna.

I malati di Lafora in Italia sono 28 e la somministrazione di Myozyme, che avviene per infusione in endovena praticata ogni due settimane da personale infermieristico specializzato, attualmente riguarda tre pazienti, due in Umbria e uno nel Lazio.

“Tutto è partito dal Meeting dedicato alla malattia di Lafora organizzato lo scorso ottobre, con il responsabile scientifico Paolo Prontera, medico genetista del Centro di Riferimento Regionale di Genetica Clinica dell’Ospedale di Perugia – ha ricordato Gatti -. Da allora si è instaurata una collaborazione di livello internazionale che può aprire nuove prospettive”.

Gli operatori sanitari hanno sottolineato che “la Regione, anche per il ruolo giocato in questi mesi dalle famiglie, ha mostrato fiducia nel ruolo di chi fa sperimentazione”.

“Una famiglia – ha ricordato il vicesindaco Gianluca Tuteri – ha scelto Palazzo dei Priori, cioè la casa dei cittadini, per avviare un percorso di solidarietà. Il coraggio di una mamma ha saputo coinvolgere le istituzioni. Così la Regione Umbria si è fatta carico, come il Lazio, dell’onere per la gestione della somministrazione del farmaco”.

Squarta e Fioroni, portando i saluti anche della presidente della Regione Donatella Tesei e dell’assessore alla sanità Luca Coletto, hanno sottolineato che “tutti i soggetti che hanno reso possibile il progetto terapeutico sono accomunati dalla volontà di dare risposte ai bisogni dei cittadini e dalla fiducia nella scienza. I nostri professionisti possono dare un contributo significativo; è fondamentale fare rete con altre realtà regionali e stimolare a livello nazionale una maggiore attenzione per la ricerca e la sperimentazione”.

“E’ importante procedere con la ricerca sulle malattie rare – ha detto infine il sindaco Romizi -, ma anche comunicare e far capire che dietro i numeri si celano storie di grande sofferenza. Dobbiamo ringraziare Margherita Gatti per la sua capacità di studio e approfondimento e per la determinazione con cui ci mette in connessione. Rivolgiamo il nostro grazie anche alla Regione, all’Università degli studi, all’Azienda ospedaliera di Perugia e ai professionisti della sanità. Speriamo che questa vicenda faccia scuola con riferimento alle malattie rare”.


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