convegno arco di agostino di duccio XX giugno 6Alla Sala dei Notari, alla presenza del sindaco Andrea Romizi e dell'assessore all'urbanistica Margherita Scoccia, esperti a confronto anche per proseguire con l'azione di tutela

(UNWEB) Perugia.  “L’Arco di Agostino di Duccio restaurato ci parla di amore e rispetto per la città di Perugia. Come insegnava Gustavo Giovannoni, l’opera d’arte vive in un contesto e il restauro deve muovere da una visione che vada oltre il recupero delle pietre e collochi l’opera all’interno della storia e in comunicazione con il contesto urbano a cui appartiene. E’ proprio quello che è stato fatto in questo caso”. Così Margherita Scoccia, assessore all’urbanistica del Comune di Perugia, ha aperto il convegno dedicato al restauro dell’Arco di Agostino di Duccio, bene di proprietà dell’ente, nel rione di Porta San Pietro, inaugurato lo scorso dicembre.

Un appuntamento promosso dall’amministrazione comunale nella Sala dei Notari di Palazzo dei Priori, nella cornice delle celebrazioni del XX Giugno, per ripercorrere le tappe e il significato di un intervento considerato “esempio dei buoni frutti che la collaborazione tra diversi livelli di governo e con il mondo dei professionisti e delle imprese di settore può produrre”, come detto da Giovanni Salvia, provveditore interregionale per le opere pubbliche per la Toscana, le Marche e l’Umbria del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, in rappresentanza della stazione appaltante. A portare i saluti anche Giovanni Luca Delogu della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, che ha sottolineato l’importanza di proseguire l’azione di tutela anche al di là del restauro e sempre con attenzione al contesto in cui l’opera si inserisce.

Alla presenza del sindaco di Perugia, Andrea Romizi, e con la partecipazione, fra il pubblico, anche del console del Magnifico Rione di Porta San Pietro, Francesco Berardi, si sono avvicendati numerosi esperti con la moderazione di Stefano Barcaccia, responsabile Posizione organizzativa Decoro Urbano e Art Bonus del Comune di Perugia, che ha seguito direttamente il restauro dello spazio infra portas dell’Arco, incluso quello della lapide commemorativa ai Caduti del XX Giugno.

A prendere la parola sono stati: Francesco Vignaroli, presidente di Guide in Umbria, Maria Carmela Frate, progettista e direttore dei lavori, Roberto Bordin, restauratore titolare della ditta esecutrice dei lavori Capitolium Conservazione Restauro, Otello Grassi, coordinatore del gruppo tecnico Topografia e territorio, Anna Maria Cerioni, responsabile Servizio Interventi conservativi della Soprintendenza Capitolina ai Beni culturali di Roma Capitale, Pio Baldi, amministratore dell’Accademia nazionale di San Luca e presidente dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon, e Guy Devreux, responsabile Laboratorio Restauro Marmi e Calchi dei Musei Vaticani.

In apertura, il collegamento telematico con Daniele Pisani, storico dell’architettura del dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico di Milano, che ha ricordato le tre funzioni attribuibili all’Arco di Agostino di Duccio, cioè urbana, difensiva e ornamentale, ponendo l’accento soprattutto sull’ultima.

Vignaroli ha ricordato che si tratta di uno dei monumenti più importanti del Rinascimento a Perugia, realizzato da un grande scultore-architetto che qui ha lasciato altre importanti opere, come la decorazione scultorea della facciata dell’oratorio di San Bernardino e l’Altare della pietà, un tempo custodito nella cattedrale. Secondo Vignaroli, la collocazione dell’Arco si può spiegare pensando alla convergenza, in quel punto, di due importanti direttrici: la via regale verso la Valle del Tevere e Roma e la strada maestra verso Assisi e la Valle Umbra. Vignaroli ha anche espresso l’auspicio che la piazzetta antistante, all’intersezione di Borgo XX Giugno con via Bonfigli, sia risistemata in modo da valorizzarne la funzione di punto di vista privilegiato da cui guardare il monumento.

Ad approfondire le varie fasi del restauro sono stati, in particolare, l’architetto Frate e il restauratore Bordin.

A seguito dell’incarico per l’elaborazione del progetto esecutivo, ricevuto nel 2018, Frate ha messo a frutto le acquisizioni di una lunga indagine storico-costruttiva e iconografica, confluita nel 2017 nel volume “L’arco di Agostino di Duccio nel rione di Porta San Pietro a Perugia”, contenente la storia evolutiva della porta rinascimentale in relazione con quella medievale. Una ulteriore indagine conoscitiva è stata supportata dalle moderne tecnologie (rilievi con drone e laser scanner, utilizzo di georadar, termografia e videoendoscopia) per la mappatura dei punti di degrado e la redazione del progetto di restauro.

“Ne è derivato – ha spiegato l’architetto Frate – che le parti maggiormente deteriorate su cui era necessario intervenire erano la cimasa e la zona basamentale, fortemente degradate da percolamenti e imbibizioni, da allentamento dei giunti con vuoti retrostanti, nonché da vegetazione infestante, strati di guano e vari agenti deteriogeni. Il progetto – ha proseguito – è sempre stato condiviso con la Soprintendenza, in particolare con l’architetto Valeriana Mazzasette per le parti architettoniche e con la dottoressa Paola Passalacqua per le parti di modellato architettonico. Quindi, il 28 ottobre 2020, in piena pandemia, è stata predisposta l’area di cantiere, lasciando comunque la percorribilità della strada. Le verifiche in fase esecutiva hanno portato, come spesso accade, a ricalibrare diversi aspetti del progetto stesso, mantenendo come obiettivo la conservazione e la salvaguardia del monumento, la sua leggibilità e, soprattutto, la conservazione del materiale”.

Due le grandi problematiche conservative affrontate, come evidenziato da Bordin: “la non irreggimentazione delle acque meteoriche sulla copertura e il massiccio e costante stazionamento di volatili”. La stessa incompiutezza del monumento, in particolare sulla parte sommitale, ha favorito diverse forme di degrado, mancando opportuni elementi architettonici di protezione e delle necessarie coperture stabili. “Dopo un importante intervento di razionalizzazione e implementazione del sistema di canalizzazione e smaltimento delle acque meteoriche – ha aggiunto Bordin – si è proceduto con il restauro delle superfici lapidee che ha previsto un considerevole intervento di disinfezione e disinfestazione mediante l’applicazione di specifici prodotti biocidi, quindi una lunga attività di pulitura, effettuata mediante combinate modalità a seconda delle condizioni conservative delle superfici e la presenza di patine”. Si è proceduto poi a “operazioni di stuccatura di profondità e consolidamento di tutti i giunti, quindi con stuccature superficiali con malte di granulometria e colorazione appropriata”. Il restauro è stato concluso “con la ridefinizione e sistemazione dello spazio perimetrale pedonale e carrabile di pertinenza della Porta” e predisponendo un impianto integrato di dissuasori elettrostatici per l’allontanamento dei volatili, completato dalla posa di fili ballerini sulle pareti laterali.

Il restauro è stato particolarmente apprezzato dagli ospiti romani per la particolare attenzione posta sia in fase di progetto sia in fase esecutiva, attenzione che ha restituito la dignità originaria alla porta come ingresso urbico e la leggibilità della preziosa lavorazione del travertino.

L’intervento di Devreux ha consentito un confronto con le metodologie di restauro applicate alla statuaria del colonnato di San Pietro a Roma, capolavoro del Bernini ed esempio delle sue straordinarie “capacità scenografiche”. Cerioni, in riferimento all’Arco di Agostino di Duccio, ha parlato di uno degli esempi più belli di porte urbiche dell’epoca a livello italiano e di un restauro “magistralmente realizzato”. Secondo Baldi, infine, il caso del restauro dell’Arco perugino conferma una volta di più che la riuscita di questi interventi non può che risiedere nella sinergia di tutti i componenti della “squadra”.


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