1200px Facade and tower San Rufino Assisi 2016«Chi ci farà rotolare la pietra dall’ingresso del sepolcro?»

E’ la domanda delle donne che si recano al sepolcro di Gesù la mattina dopo il sabato. E non sospettano che la pietra è stata già rotolata, che il sepolcro è stato già vuotato. Non c’è più morte ma vita. Non c’è più il crocifisso ma il risorto.

È più facile sostare davanti a Gesù morto. Ci assomiglia di più. Ha i nostri tratti. Ci commuove come ogni esperienza di morte, soprattutto quando è la morte degli innocenti, quand’è la morte inattesa, quando è la morte inflitta dall’arroganza del potere o dall’odio cieco.

La morte, lo vogliamo o no, ci appartiene come la vita.
Ma ci fa paura che la morte sia il nostro destino, che tutto debba finire in una tomba: la tomba dei nostri progetti, dei nostri desideri, dei nostri affetti.

E che senso ha vivere se poi bisogna morire?

Quel giorno di Pasqua di duemila anni fa quelle donne che si ripetevano: «chi ci farà rotolare la pietra del sepolcro?» riecheggiavano un interrogativo che inquieta da sempre il cuore dell’uomo. Non sapevano, non immaginavano, che stavano per fare la scoperta più grande della storia.

Si, la più grande! La nostra generazione è testimone di meraviglie tecnologiche che stanno rivoluzionando la nostra esistenza. Scoperte scientifiche che ci danno la nostalgia dell’infinito.
Ma la scoperta fatta a Gerusalemme il giorno di Pasqua è l’unica che può dare senso a tutte le altre. È l’unica a dirci che il sepolcro non è il destino della storia, ma solo una sua strettoia, perché Gesù ha rotolato quella pietra, ha sconfitto la tirannia della morte, manifestandosi nella nostra carne come il Dio della vita.

La fede cristiana poggia su questa verità e scommette su questa verità.
Una scommessa che oggi, come ai primi tempi della Chiesa, torna fare i conti con un mondo che sembra diventare sempre più estraneo al Vangelo.

Ma la voce dell’angelo del sepolcro continua a dirci: non abbiate paura. Gesù che voi cercate non è qui. È risorto. Vi precede in Galilea.

La Galilea è il luogo della vita ordinaria di Gesù, della sua prima predicazione, dei suoi primi discepoli. E anche il luogo dove il popolo ebraico si incontrava con altre religioni e culture, dunque il luogo del confronto, dell’annuncio, della missione.

Gesù torna, in qualche modo, in Galilea, e da lì riparte per il mondo.
Risorge per coinvolgerci nell’avventura della sua vita, per darci una vita da risorti.

San Paolo spiega questo mistero partendo dal simbolo dell’acqua battesimale, da cui anche in questa celebrazione due fratelli catecumeni saranno bagnati. Il battesimo è uno scendere nell’acqua santificata dello Spirito di Dio per lasciarvi i tratti dell’uomo vecchio segnato dal peccato e un risalire da quell’acqua come persone nuove che portano i tratti di Cristo.

Tutta la liturgia di questa veglia Pasquale dà voce a questo mistero.
Prima di essere liturgia dell’acqua, è liturgia del fuoco e della luce.
Siamo entrati in una chiesa oscura, simbolo dell’oscurità dei nostri cuori, simbolo nell’oscurità in cui versa l’umanità non ancora illuminata dalla luce del Vangelo.
In questa oscurità si sono accese le nostre fiammelle alla luce di Cristo.
Siamo entrati nella luce, siamo diventati luce e siamo chiamati a far luce.

Questa liturgia è un momento di trasformazione. Pone nella nostra vita il germe della risurrezione. Ogni domenica, pasqua della settimana, attinge da questa veglia.

Proviamo a sentire nell’intimo del cuore la bellezza di questo mistero.
Esso ci fa provare gioia, consolazione, speranza.

Se ci sentiamo in trappola perché la nostra vita è nella morsa della sofferenza, della povertà, della tristezza, questo è il momento di fare spazio a Gesù. Tempo di sentire la sua voce: non abbiate paura!

È Pasqua. Pasqua di liberazione, come lo fu l’antica Pasqua dell’esodo che diede terra e libertà ad un popolo oppresso. Quanta tristezza nel costatare che quella terra in cui fu proclamata la pace non riesce ancora a trovare pace, ed ancora in questi giorni ha fatto sentire i colpi mortali dell’incomprensione e dell’ostilità.

Pasqua di liberazione che mette radici nel profondo del nostro cuore, perché non è solo l’annuncio di cose esteriori, ma vittoria sul nostro peccato, germe della nostra morte.

Pasqua: cioè luce che irradia gli angoli più oscuri del cuore, delle persone, della società.

A Pasqua la morte è sconfitta. È strappata la sua radice. Se la morte fisica ancora ci tiene in scacco, la fede ci dona la certezza dell’immortalità e della risurrezione finale.

Ma c’è ancora troppa morte che non ha alcuna giustificazione. Ci rattrista la morte di tanti fratelli e sorelle che sembrano avere l’unica colpa di essere nati in regioni dove regna cronicamente la guerra, e dove i signori della guerra, ampiamente foraggiati dalle nostre economie malate, lucrano sulla pelle dei poveri. Ci rattrista la morte di tanti che risentono più direttamente – ma è un problema che ci investe tutti - di un ambiente devastato dal nostro egoismo e dalla nostra insensibilità . Ci rattrista la morte di bambini soffocati fin nei grembi materni e che forse sarebbero salvati se costruissimo intorno alle mamme e alla famiglia una società più solidale e più aperta alla vita. Ci rattrista la morte di tanti che non hanno trovato un fratello o una sorella che si prendesse cura di loro, o di tanti che, venendo in mezzo a noi da terre lontane – al di là delle nostre giuste preoccupazioni di sicurezza e di ordine sociale – soffrono il rifiuto dettato dall’indifferenza, dal pregiudizio e dall’ostilità.

La morte fisica verrà debellata da Cristo solo alla fine dei tempi.
Ma dalla morte morale possiamo uscire fin d’ora. Cristo è risorto per questo.

E allora, cari fratelli e sorelle, Buona Pasqua!
Sia questa Pasqua un evento di trasformazione, di conversione del cuore, d’impegno ad una vita nuova nella logica dell’amore.
Un augurio che vogliamo fare soprattutto a questi due catecumeni che stanno per ricevere il battesimo. Sia per loro vita nuova, vita gioiosa, vita che ha trovato il suo senso pieno. E noi li abbracciamo con tutta la fraternità di cui siamo capaci. La loro testimonianza aiuta anche noi a scoprire il tesoro che il battesimo ha posto nel nostro cuore.

E’ Risorto. Alleluia! Quello che la liturgia oggi annuncia di Cristo, possa essere detto di ciascuno di noi.


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