IntervistaCarloGiulietti(ASI) Costruito in tempi record durante l’estate del 1975 per venire incontro alle esigenze della nuova categoria conquistata dai Grifoni di Ilario Castagner, l’impianto di Pian di Massiano è ancor oggi l’imprescindibile casa dei tifosi, dove, generazione dopo generazione, appassionati e appassionate dalla città, dal comprensorio e da gran parte della provincia si sono incontrati, conosciuti e a volte persino innamorati. Una struttura in cemento, apparentemente fredda, è così diventata, nello scenario urbano di Perugia, un nuovo luogo sociale, capace di travalicare il semplice aspetto sportivo aggregando migliaia di persone attorno ad un simbolo e ad una maglia.

Tale molteplicità di significati sarà al centro del prossimo evento organizzato presso il Museo del Perugia Calcio, dedicato proprio a quei tre mesi di entusiasmo, aspettative e speranze, durante i quali centinaia di perugini, chiusa la serranda del negozio o finito il turno in fabbrica, raggiungevano il cantiere per vedere a che punto fossero i lavori.

Ad organizzare l’incontro, previsto per giovedì 13 settembre alle ore 18.30, è, come di consueto, il Comitato degli esperti, composto da Carlo Giulietti, che introdurrà il dibattito, Claudio Giulietti, Massimo Calzoni, Giordano Martucci, Roberto Settonce e Federico Ceccarini, coadiuvati da Marco Santoboni, responsabile marketing del Perugia Calcio. Abbiamo raggiunto proprio Carlo Giulietti per saperne di più.

Benvenuto Carlo. Il nuovo evento del Museo sarà dedicato ad un argomento particolare. Stavolta non si tratta di un giocatore o di un’annata calcistica particolarmente memorabile, ma dello Stadio “Renato Curi”. Chi sono i relatori e di cosa si parlerà?

Dopo le conferenze del passato con ex grifoni del calibro di Fabrizio Ravanelli, Sandro Tovalieri, Andrea Mazzantini e tanti altri ancora, stavolta abbiamo deciso di concentrarci sulla storia della Stadio, nato come “Comunale” nel 1975, poi rinominato in memoria di Renato Curi dopo il tragico avvenimento del 30 ottobre 1977. Saranno presenti l’allenatore di quella squadra formidabile, Ilario Castagner, e ben cinque addetti ai lavori che a vario titolo ricoprirono ciascuno un ruolo di primo piano nella realizzazione dell’impianto: l’Ing. Luigi Corradi, firmatario del progetto approvato, l’Ing. Fabio Maria Ciuffini, allora assessore all’Urbanistica del Comune di Perugia, l’Ing. Francesco Paolo Sclafani, allora impiegato per la società del Perugia Calcio e gli Ingg. Mariano Barbarella e Raffaele Morettini, all’epoca dipendenti della Sicel, il colosso industriale coinvolto, guidato dall’indimenticato Spartaco Ghini, che sarà ricordato in sala dal figlio Francesco. A chiudere il carnet dei relatori saranno poi alcuni membri della Famiglia Brocani, curatori del terreno di gioco del nuovo Stadio, guadagnatosi ben preso la fama di uno tra i migliori manti erbosi italiani. Toccherà invece al giornalista Mario Mariano moderare la serata.

Tu e tuo fratello Claudio custodite da decenni un’impressionante memoria archivistica su Perugia e sul Perugia, poi messa a disposizione anche del Museo, che voi stessi, assieme ad altri collaboratori, curate con stile quasi certosino. All’epoca dei lavori per la costruzione del nuovo Stadio eri un giovane tifoso di appena vent’anni. Cosa ricordi di quel periodo?

Ovviamente c’era un entusiasmo enorme per il raggiungimento della Serie A, categoria in cui il Perugia si apprestava a disputare il primo torneo della sua storia. Tante persone si ritrovavano insieme, senza differenze di censo o di fede politica, e, poco prima o poco dopo cena, scendevano a Pian di Massiano per andare a vedere a che punto fossero i lavori, quasi a voler incitare gli operai. Visti i tempi strettissimi, c’era il giustificato timore che non si riuscisse a chiudere il cantiere entro l’inizio del nuovo campionato. Le maestranze, dalla Sicel ad una miriade di altre aziende locali, lavorarono giorno e notte per rispettare la tabella di marcia dei lavori e, in appena cento giorni, il nuovo Stadio Comunale fu consegnato alla città. Fu inaugurato il 5 ottobre 1975, alla prima di campionato, che il Perugia giocò in casa contro il Milan di Albertosi, Benetti e Chiarugi. Fa tuttora impressione ripensare che quel giorno gli spalti furono assiepati da ben 35.000 spettatori, cifra incredibile se si considera che allora la Curva Sud, ancora incompleta, era provvista del solo settore parterre, riservato alla tifoseria ospite. Sarebbe stata ampliata soltanto quattro anni più tardi ed inaugurata il 7 novembre 1979, in occasione della gara di Coppa UEFA contro l’Aris Salonicco.

Sorprendente era anche la distesa di automobili parcheggiate nel grande spiazzo che, all’epoca, arrivava, senza interruzioni, dall’area retrostante la Gradinata fin quasi al vecchio spaccio aziendale della Luisa Spagnoli, nel quartiere di Santa Lucia. Non c’era ancora il cavalcavia di scorrimento che oggi collega il Percorso Verde con il vialone di Centova. Diversa era anche la fisionomia della zona di Via Cortonese e della Strada di Santa Lucia. Insomma, il nuovo impianto, col tempo, ha contribuito anche a rimodellare i quartieri circostanti dal punto di vista urbanistico.

Ecco, proprio a questo proposito, la presenza dell’Ing. Ciuffini, all’epoca assessore all’Urbanistica del Comune di Perugia, sarà utile anche per comprendere l’impatto del nuovo Stadio sulla città sotto un profilo più strettamente tecnico. Più in generale, come il nuovo impianto cambiò Perugia e i perugini?

Sì, è vero. Tratteremo l’evento da tre punti di vista, separati tra loro ma in un certo senso legati dalla storia di quegli anni: dal punto di vista calcistico, ovviamente; dal punto di vista tecnico, parlando degli aspetti ingegneristici del progetto, dall’avvio sino alla realizzazione; e da un punto di vista – per così dire – sociologico, cercando di spiegare ai più giovani come il nuovo Stadio cambiò le abitudini dei perugini. All’epoca, gran parte della popolazione abitava ancora in centro storico e, con una passeggiata, chiunque – bene o male – poteva raggiungere lo Stadio Santa Giuliana, comodamente collocato tra Piazza Partigiani e Largo Cacciatori delle Alpi.

Il nuovo Stadio Comunale, costruito in periferia su un’estesa superficie pianeggiante quasi completamente vuota, costrinse molti tifosi a servirsi dell’automobile, portandosi dietro panini, thermos, bibite e qualche damigiana di vino per affrontare una giornata che, specie in occasione delle partite di cartello, cominciava già la domenica mattina alle 8.30, quando le aree circostanti l’impianto iniziavano ad affollarsi. Insomma, nel giro di pochi anni cambiarono molte cose, non solo per la presenza del nuovo Stadio ma anche perché, più in generale, stavamo vivendo un’epoca di grandi trasformazioni in pieno boom dell’edilizia e dei servizi. Curioso, tuttavia, il fatto che l’unica struttura pre-esistente allo Stadio rimasta è proprio l’immobile che oggi ospita la sede della società e il Museo. In origine era il casolare di una famiglia contadina. Per qualche tempo, diversi anni fa, era diventato un ristorante giapponese, ma in seguito rimase a lungo inutilizzato sino alla recente ristrutturazione.

Andrea Fais- Agenzia Stampa Italia


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