In meno di un anno, il portale Airbnb aumenta del 10,3% gli alloggi offerti in Umbria


Federalberghi Confcommercio: “Più regole e controlli per smascherare le 4 bugie della sharing economy”

(UNWEB) Federalberghi Umbria torna a denunciare il fenomeno del sommerso nel turismo, che sta aumentando a ritmo incalzante anche sul territorio regionale, producendo gravissimi effetti a catena in termini di sicurezza sociale, evasione fiscale e contributiva, lavoro nero, mancata tutela dei consumatori.
“Questo tema – commenta a caldo Giorgio Mencaroni, presidente Federalberghi Umbria – dovrà decisamente essere al centro del confronto in vista della nuova legislazione turistica regionale, per le implicazioni pensatissime che ha non solo per il futuro delle imprese del settore, ma anche in termini di equità, sicurezza, garanzie del consumatore.
Abbiamo già chiesto un’audizione alla seconda Commissione consiliare, alla quale intendiamo portare le nostre richieste su regole e controlli, che pretendono la massima attenzione. Fenomeni come la cosiddetta sharing economy o gli home restaurant, dietro la cortina della socialità e della condivisione, celano spesso attività economiche mascherate, che vanno indagate e, nel caso, ricondotte entro le regole che valgono per tutte le altre imprese, poiché danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.

Il monitoraggio realizzato da Federalberghi, con l’ausilio della società Incipit Consulting e presentato oggi a Rimini Fiera, non lascia margini di dubbio sul peso di sommerso e concorrenza sleale nell’economia turistica umbra.

L'esempio eclatante è costituito dal portale Airbnb, che ha fatto registrare in Umbria, in meno di un anno, un aumento del 10,3% degli alloggi offerti.
Ad Assisi, uno dei territori assieme al perugino dove l’attività del portale è più intensa, l’aumento delle inserzioni è stato del 15,4%.
Ad agosto 2016, in Umbria, risultavano disponibili su Airbnb 4.623 alloggi; erano 4.190 a ottobre 2015.
I 4.623 annunci disponibili su Airbnb (elaborazioni Federalberghi / Incipit su dati Inside Airbnb) erano così articolati: 3.326 riferiti ad interi appartamenti; 3.908 disponibili per più di sei mesi; 2.717 gestiti da host che mettono in vendita più di un alloggio.
“I dati dimostrano inequivocabilmente che sulla cosiddetta sharing economy circolano almeno quattro grandi bugie - aggiunge Giorgio Mencaroni - che devono essere smascherate, per evitare che il consumatore sia ingannato due volte: con il tradire la promessa di vivere un’esperienza autentica e con l’eludere le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività, del mercato”.

- Non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare: la maggior parte degli annunci pubblicati su Airbnb (70,2%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.

- Non è vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci (il 79,3%) si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno. Ad Assisi, la percentuale arriva addirittura all’87,4%.

- Non è vero che si tratta di forme integrative del reddito: sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso (57,7%) fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Bettina che gestisce 366 alloggi, Daniel (293) e Simona (260).
Ad Assisi, il 66,8% delle inserzioni è pubblicata da host che mettono in vendita più di un alloggio: percentuale ben superiore alla media nazionale.

- Non è vero che le nuove formule compensano la mancanza di offerta: gli alloggi presenti su Airbnb sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche – come dimostra il caso di Assisi e Perugia - dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.


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