catt pg cel giovedi santo 2020 f1(UNWEB) Peruiga. «Il Giovedì Santo ci insegna a come vivere la sostanza del Vangelo. La vita vera non è stare in piedi, dritti e fermi nel proprio orgoglio; la vita secondo il Vangelo è piegarsi verso i fratelli e le sorelle, soprattutto più deboli, e mettersi a loro disposizione e servizio». Lo ha evidenziato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nell’omelia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo (9 aprile), nella cattedrale di San Lorenzo, vuota, senza fedeli rimasti a casa a causa di questa pandemia. E a tutti loro, nell’introdurre l’omelia, ha rivolto il suo saluto attraverso i mezzi della comunicazione, che trasmettono in diretta le celebrazioni eucaristiche pro populo presiedute dal cardinale da domenica 15 marzo (Umbria Tv, Umbria Radio Inblu e social media ecclesiali).

Degenti, carcerati, famiglie e anziani. Il presule ha voluto ricordare «in questa celebrazione, così significativa – ha sottolineato –, tutti i degenti degli ospedali e delle cliniche, e coloro che, con amore, li assistono. Un saluto ai carcerati e in particolare alle carcerate di Capanne, dove ogni anno mi sono recato a celebrare la Messa in Coena Domini, con la suggestiva e familiare lavanda dei piedi. Penso a tutte le famiglie, soprattutto a quelle numerose, che devono stare in casa con bambini piccoli, e spesso in appartamenti ristretti. Penso agli anziani delle case di riposo, e ringrazio il Signore che non ci siano stati, fra loro, almeno fino ad ora, dei casi di contagio. Più aspra è la tempesta, più siamo tentati di arrenderci, più sentiamo la nostra impotenza e più il Signore ripete a ciascuno di noi: “non temere, figlio mio, io sono con te!”».

L’umanità di Gesù. «Cari fratelli e sorelle, che mi ascoltate – ha proseguito presule –, siamo dinanzi ad una pagina del Vangelo di Giovanni dove Gesù manifesta fino in fondo tutta la sua umanità. Sente un bisogno estremo di stare con i suoi: “prima di passare da questo mondo al Padre - dice l’evangelista Giovanni avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, il che vuol dire fino al dono totale di sé stesso. Sì, stasera Gesù vuole stare con i suoi: quelli di ieri e quelli di oggi, noi compresi. È il suo ultimo giorno di vita, la sua ultima sera, l’ultima volta che sta coi suoi discepoli: se li era scelti, li aveva curati, li aveva amati, li aveva difesi».

L’istituzione dell’Eucaristia. «Egli diviene cibo per noi, carne della nostra carne. Quel pane e quel vino sono il nutrimento per la nostra povera vita: curano le malattie, ci liberano dai peccati, ci sollevano dall’angoscia e dalla tristezza. Non solo. Ci rendono più simili a Lui, ci aiutano a vivere come Gesù viveva, a desiderare le cose che Lui desiderava. Quel pane e quel vino fanno sorgere in noi sentimenti di bontà, di servizio, di affetto, di tenerezza, di amore e di perdono. Appunto, i sentimenti di Gesù».

Pane spezzato e vino versato. «Una delle cose che più mi affligge in questo periodo, e sono certo che è anche la preoccupazione dei miei sacerdoti – ha detto il cardinale –, è quella di non potervi comunicare con il corpo e il sangue di Cristo. “Gesù, fa che passi presto questo calice, e tutti i tuoi figli possano tornare ad unirsi a Te con il sacramento del Tuo corpo e del Tuo sangue”. Il gesto della lavanda dei piedi, che noi purtroppo stasera dobbiamo omettere, mostra cosa significhi per Gesù essere pane spezzato e vino versato per noi e per tutti».

Il comandamento dell’amore. Attraverso il gesto della lavanda dei piedi il cardinale Bassetti ha evidenziato il significato cristiano dell’inginocchiarsi, «l’ultima grande lezione di amore da vivo di Gesù», ricordando le sue parole: «“Vi ho dato l’esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi...”. Fratelli, il mondo ci educa a stare in piedi, ed esorta tutti a restarci, con orgoglio. Il Vangelo del Giovedì Santo esorta i discepoli a chinarsi e a lavarsi i piedi l’un altro: e questo è il comandamento nuovo, il comandamento dell’amore»

 

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Un saluto, a tutti coloro che ci seguono attraverso i mezzi della comunicazione; ricordo, in questa celebrazione, così significativa, tutti i degenti degli ospedali e delle cliniche, e coloro che, con amore, li assistono. Un saluto ai carcerati e in particolare alle carcerate di Capanne, dove ogni anno mi sono recato a celebrare la Messa in Coena Domini, con la suggestiva e familiare lavanda dei piedi. Penso a tutte le famiglie, soprattutto a quelle numerose, che devono stare in casa con bambini piccoli, e spesso in appartamenti ristretti. Penso agli anziani delle case di riposo, e ringrazio il Signore che non ci siano stati, fra loro, almeno fino ad ora, dei casi di contagio. Più aspra è la tempesta, più siamo tentati di arrenderci, più sentiamo la nostra impotenza e più il Signore ripete a ciascuno di noi: “non temere, figlio mio, io sono con te!”.
Cari fratelli e sorelle, che mi ascoltate, siamo dinanzi ad una pagina del Vangelo di Giovanni dove Gesù manifesta fino in fondo tutta la sua umanità. Sente un bisogno estremo di stare con i suoi: “prima di passare da questo mondo al Padre – dice l’evangelista Giovanni – avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, il che vuol dire fino al dono totale di sé stesso. Sì, stasera Gesù vuole stare con i suoi: quelli di ieri e quelli di oggi, noi compresi. È il suo ultimo giorno di vita, la sua ultima sera, l’ultima volta che sta coi suoi discepoli: se li era scelti, li aveva curati, li aveva amati, li aveva difesi.
Gesù ha 33 anni: è nel pieno della vita, eppure tra meno di 24 ore, sarà nel Sepolcro. Fratelli, Lui stasera desidera ardentemente stare con noi. E noi desideriamo stargli vicino, siamo disposti a vegliare con Lui, almeno per un po’? Sappiamo offrirgli quel tanto di compagnia e di affetto di cui è capace il nostro cuore? Se guardiamo in faccia alla realtà, dobbiamo dire che sempre, anche nei momenti più tragici della nostra vita, Lui ha fatto di tutto per starci vicino, per legarci al Suo Vangelo.
Questa sera, l’ultima della sua vita, continua in un supremo slancio di amore, a legarsi ai suoi discepoli. Ed ecco l’istituzione dell’Eucaristia. Egli diviene cibo per noi, carne della nostra carne. Quel pane e quel vino sono il nutrimento per la nostra povera vita: curano le malattie, ci liberano dai peccati, ci sollevano dall’angoscia e dalla tristezza. Non solo. Ci rendono più simili a Lui, ci aiutano a vivere come Gesù viveva, a desiderare le cose che Lui desiderava. Quel pane e quel vino fanno sorgere in noi sentimenti di bontà, di servizio, di affetto, di tenerezza, di amore e di perdono. Appunto, i sentimenti di Gesù. Una delle cose che più mi affligge in questo periodo, e sono certo che è anche la preoccupazione dei miei sacerdoti, è quella di non potervi comunicare con il corpo e il sangue di Cristo. “Gesù, fa che passi presto questo calice, e tutti i tuoi figli possano tornare ad unirsi a Te con il sacramento del Tuo corpo e del Tuo sangue”.
Il gesto della lavanda dei piedi, che noi purtroppo stasera dobbiamo omettere, mostra cosa significhi per Gesù essere pane spezzato e vino versato per noi e per tutti.
A cena inoltrata, Gesù si alza da tavola, depone le vesti e si cinge i fianchi con un asciugamano. Gli altri anni, l’asciugamano e il grembiule, erano dono delle povere carcerate, e li ricamavano a mano, con tanto amore. Poi prende un bacile con dell’acqua, si dirige verso ognuno dei dodici, si inginocchia davanti a lui, e gli lava i piedi.
Lava i piedi a Giuda, che sta per tradirlo; Gesù lo sa bene, ma si inginocchia ugualmente davanti a lui e gli lava i piedi. Pietro forse è l’ultimo: appena vede giungere Gesù davanti a sé, reagisce: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. Povero Pietro, non ha ancora compreso! E Gesù: “Pietro, io sto in mezzo a voi come colui che serve...” e si inginocchia sino ai suoi piedi. Questa, è la sua ultima grande lezione di amore da vivo. “Vi ho dato l’esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi...”. Fratelli, il mondo ci educa a stare in piedi, ed esorta tutti a restarci, con orgoglio. Il Vangelo del Giovedì Santo esorta i discepoli a chinarsi e a lavarsi i piedi l’un l’altro: e questo è il comandamento nuovo, il comandamento dell’amore. Il Giovedì Santo ci insegna a come vivere la sostanza del Vangelo. La vita vera non è stare in piedi, dritti e fermi nel proprio orgoglio; la vita secondo il Vangelo è piegarsi verso i fratelli e le sorelle, soprattutto più deboli, e mettersi a loro disposizione e servizio.
Terminata la cena, Gesù si incammina verso l’orto degli ulivi. E lì si inginocchia ancora, anzi, si stende a terra e suda sangue, per il dolore e l’angoscia. Come sono amare le parole che disse ai tre che stavano con Lui nell’orto: “Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora!”. Fratelli, vedete, oggi più di noi, è il Signore ad avere bisogno di compagnia di affetto. Ascoltiamo la Sua implorazione: “la mia anima è triste fino alla morte, restate qui e vegliate con me”.
Signore, in quest’ora, non vogliamo farti mancare la consolazione della nostra vicinanza e vogliamo farti sentire tutto il calore del nostro povero cuore. Amen.


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