All’inizio del nuovo anno, desidero salutare tutti gli uomini e le donne della città di Perugia e dell’Archidiocesi.
(UNWEB) Perugia. Ogni città e ogni piccolo borgo non è mai solamente un cumulo di pietre, un insieme di strade, di monumenti, di palazzi e di servizi di pubblica utilità. È qualcosa di più. Una città è soprattutto un luogo dell’anima, un moto interiore, un’identità collettiva e quindi un noi condiviso. Alla città di Perugia, per questo nuovo anno, vorrei lasciare in dono tre verbi su cui fare discernimento.
Il primo verbo è sciupare. L’ha utilizzato ieri sera al Te Deum Papa Francesco e ci esorta, tutti quanti, ad una riflessione seria sull’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle. “Anche questo tempo dell’anno 2017 – ha affermato il Santo Padre – che Dio ci aveva donato integro e sano, noi umani l’abbiamo in tanti modi sciupato e ferito con opere di morte, con menzogne e ingiustizie”. Quanto tempo prezioso abbiamo sciupato in famiglia o sui luoghi di lavoro, nelle comunità ecclesiali o nelle istituzioni civili, per cercare di affermare il proprio punto di vista o il proprio interesse invece che cercare realmente il Bene comune e l’unico Signore della Storia? Quante risorse abbiamo sciupato dimenticandoci di tutti coloro che stanno nella sofferenza e nella miseria? Quanti luoghi abbiamo rovinato con la nostra noncuranza e il nostro egoismo dimenticandoci che il Creato non è nostro ma ci è stato dato in custodia?
Il secondo verbo è amare. È il cuore pulsante della Buona Novella e ci esorta – oggi, non domani – a prendere un impegno con noi stessi. Cosa significa realmente questo verbo così usato nel linguaggio di tutti i giorni? Amare non indica una relazione sentimentale, ma una relazione di donazione totale di Dio con i suoi figli. Un amore sconfinato e unilaterale è al centro del mistero dell’incarnazione. Amare significa, dunque, accogliere Gesù nella propria vita ed entrare profondamente nella dimensione della Croce: ovvero dare la propria vita per gli altri. Amare vuol dire anche servire e prendersi cura di chi ti sta vicino. Voglio ringraziare perciò tutti i perugini che in questo ultimo anno hanno amato la propria città, la propria famiglia, la propria attività lavorativa. Perché amando hanno reso gloria a Dio. Ne è un segno indelebile Vittorio Trancanelli che nello scorso 2017 è stato proclamato Venerabile.
Il terzo verbo è fare. Se sciupare è un predicato rivolto al passato e amare è indirizzato, prima di tutto, al presente, il verbo fare è soprattutto un’esortazione al futuro. «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1 Gv 3,18). Le parole dell’Apostolo Giovanni, che hanno fatto da incipit al messaggio di Papa Francesco per la Prima giornata mondiale dei poveri, esprimono “un imperativo da cui nessun cristiano può prescindere”. Il cristianesimo è prima di tutto un fatto concreto, avvenuto nella Storia e che continua a ripetersi quotidianamente, che non può essere rinchiuso all’interno di norme morali o aspirazioni ideali. Alle parole devono seguire i fatti, perché così ha amato Gesù. L’auspicio per questo 2018, dunque, è che sempre più i fatti concreti seguano parole. Tre fatti concreti mi stanno particolarmente a cuore: prendersi cura dei poveri – di tutti i poveri – senza alcuna distinzione culturale; prendersi cura delle famiglie con figli che rappresentano l’architrave insostituibile della nostra società; prendersi cura della nostra amata città di Perugia con onestà e spirito di servizio.
Carissimi fratelli e sorelle che Dio benedica la nostra comunità cittadina e la nostra Chiesa sparsa su tutto il territorio, e la Madonna delle Grazie ci accolga nel suo manto di protezione e di lode.
Gualtiero Card. Bassetti
Arcivescovo Metropolita di Perugia-Città della Pieve