Il presule: «c’è un grande tentativo di omologazione del pensiero...», ma prevalga «il dettame della propria coscienza», come insegnano Costanzo e i martiri della Shoah
«Mi ha molto colpito l’affinità della nostra festa con la Giornata della memoria della Shoah che abbiamo celebrato ieri, che le tv, in orari molto tardi, purtroppo, hanno proposto tante storie relative a quelle vicende». Così mons. Paolo Giulietti, vescovo delegato ad omnia, ha esordito nell’omelia dei Primi vespri della solennità di san Costanzo, vescovo e martire, Patrono della città e dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, celebrati la sera del 28 gennaio nella basilica minore intitolata al Santo fondatore della comunità cristiana perugina. «Ho colto un’affinità tra le migliori figure della storia della Shoah e la figura di Costanzo – ha proseguito mons. Giulietti –; un’affinità legata sostanzialmente al primato della coscienza. Costanzo decide che più importante della legge dell’Impero romano, più importante della prospettiva del perdere la propria vita è il dettame della sua coscienza che gli impone di essere fedele al suo Signore e alla sua gente fino al dono della vita. Come è stato più forte il dettato della coscienza in tante figure che negli anni bui della seconda guerra mondiale hanno saputo aiutare chi era perseguitato e cacciato, perché si sono fatte guidare dalla propria coscienza, dai propri valori».
«Anche nella nostra città, nella nostra Chiesa diocesana – ha ricordato il presule – abbiamo due “giusti delle nazioni”: don Federico Vincenti, parroco di Sant’Andrea in Porta Santa Susanna di Perugia, e don Ottavio Posta, parroco di Isola Maggiore del Trasimeno. Le persone di coscienza sono sempre scomode, perché dinanzi alle realizzazioni sempre provvisorie e sempre imperfette della società e a volte della Chiesa, fanno sentire che c’è qualcosa di più da fare, da dire, da testimoniare, da osservare. Sono persone scomode, come è stato scomodo Costanzo al suo tempo, perché piacerebbe che tutti parlassero e pensassero allo stesso modo. Non possiamo non riconoscere che c’è un grande tentativo di omologazione del pensiero, un grande tentativo anche rivolto ai giovani, di fare in modo che tutti pensino, credano, cerchino, vogliano le stesse cose».
«Potrebbe sembrare che questo processo di omologazione – ha evidenziato mons. Giulietti – faccia meglio funzionare le cose e probabilmente nel breve termine è così, ma noi abbiamo bisogno invece che la nostra società si fondi su persone che hanno una coscienza, dei valori in cui credere e per i quali sono disposti a dare la vita. Queste persone, che sul momento possono dare fastidio e possono essere perdenti, come è stato perdente Costanzo, che ha perso la sua vita, come è stato perdente Gesù, i cui nemici l’hanno tolto di mezzo, però dopo qualche tempo sono diventate di riferimento. Costanzo è ancora oggi di riferimento per la nostra comunità diocesana, ma anche per la nostra comunità cittadina, come sono di riferimento e di onore le figure dei giusti».
«Credo che la lezione di Costanzo – ha concluso mons. Giulietti – sia per ciascuno di noi quella di non rinunciare alla propria coscienza, di coltivarla, di formarla, di essere ubbidienti ai suoi dettami anche quando non risulta corrispondente ai canoni del pensiero dominante. Questa libertà di coscienza nessuno può togliercela e noi siamo vincitori come abbiamo sentito nella lettura della Lettera ai romani, perché ci possono togliere molte cose, anche la vita, ma non la libertà di cercare il vero. Penso che una comunità cristiana, che porta avanti con fedeltà i propri valori e la propria fede, sia un patrimonio importante per tutta la comunità cittadina».
La celebrazione, che ha visto la partecipazione di numerosi fedeli, è culminata con l’offerta dei cinque doni simbolici in onore del Santo patrono (la corona d’alloro, il cero, il dolce tipico, il vinsanto e l’incenso) da parte del sindaco Andrea Romizi e di alcuni rappresentanti delle Istituzioni civili e religiose e del mondo del lavoro. L’offerta di questi doni, portati in basilica dai figuranti in costume medioevale dei cinque rioni storici di “Perugia 1416”, è stata preceduta dal “canto delle scolte”, il “coprifuoco”, eseguito dalla Corale della Polizia municipale, che invoca la protezione dei santi sulla città degli uomini.