Il triduo avviato dalla riflessione dell’arcivescovo Salvatore Fisichella: «Il terremoto non è un castigo di Dio. Chi dice il contrario sbaglia. Mai il Padre è lontano quando i figli vivono drammi come il terremoto o altre catastrofi naturali».
(UNWEB) Spoleto. Il freddo pungente di questi giorni non ha scoraggiato gli spoletini, oltre trecento, che hanno partecipato la sera di martedì 10 gennaio, presso la palestra dell’Oratorio del Sacro Cuore a Spoleto, al primo appuntamento del triduo di S. Ponziano, patrono della Città e dell’intera Archidiocesi. Il filo conduttore delle celebrazioni 2017 in onore del giovane cavaliere martirizzato a soli diciotto anni il 14 gennaio 175 è una lettura teologica dell’evento sismico che ha stravolto la vita di molti fedeli della Chiesa spoletana-nursina, distruggendo case, chiese e tessuto sociale. Dal 24 agosto dello scorso anno paura e incertezza regnano sovrane nelle comunità della Valnerina e dello Spoletino, sentimenti che si sono amplificati dopo le violente e distruttive scosse del 26 e 30 ottobre e da ultimo quella del 2 gennaio. Naturale per l’arcivescovo Renato Boccardo e i preti affidare le persone e le comunità ferite dal sisma alla protezione di S. Ponziano, che la tradizione vuole patrono delle calamità naturali, tra cui appunto il terremoto.
Ospite della prima sera del triduo è stato mons. Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, chiamato a riflettere sul tema “Terremoto: castigo di Dio?”. Dopo l’accoglienza e il benvenuto iniziale dell’Arcivescovo, mons. Fisichella ha portato ai presenti il saluto di papa Francesco: «Gli ho detto che sarei venuto a Spoleto per avviare il triduo in onore di S. Ponziano e lui, ricordando l’udienza dello scorso 5 gennaio ai terremotati, mi ha detto di salutarvi con affetto e di comunicarvi la sua vicinanza nella preghiera». Poi, il Vescovo che ha curato a nome del Papa l’organizzazione del Giubileo della Misericordia appena concluso, ha subito chiarito che «Dio non castiga. Mette alla prova, ma non castiga. Chi dice il contrario sbaglia, non conosce fino in fondo il Nuovo Testamento, dove non c’è una sola parola che faccia emergere un qualche castigo di Dio. Anzi – ha detto – troviamo parole di forza e consolazione per chi vive nella difficoltà. Neanche come battuta posso accettare che Dio castighi l’uomo attraverso eventi calamitosi. Mai il Padre è lontano quando i figli vivono drammi come il terremoto o altre catastrofi naturali. Nei momenti della prova dobbiamo sentirci benedetti da Dio nonostante tutto, essere da lui consolati ed esortati». A questo punto mons. Fisichella ha spiegato il significato di consolazione: «Qualcuno che ci chiama per volerci vicino affinché possiamo parlare con Dio – ecco la preghiera - e chiedergli il perché del dolore, della sofferenza e attendere da lui una risposta. Certo, a volte possiamo fare la stessa esperienza di Giobbe che, dopo aver perso tutto, cerca Dio e non lo trova immediatamente. Ma il Padre, state certi, non scappa, non si ritrae. Come dice il Profeta Isaia: sarete da lui allattati, portati in braccio, carezzati sulle sue ginocchia. Dio quindi ama e non castiga. Per amore ha inchiodato suo Figlio sulla croce, prova tangibile che non ci abbandona nella sofferenza. Gesù, infatti, è venuto non per togliere il dolore, ma per condividerlo con noi. E allora a noi cristiani quando accadono queste calamità naturali, più in generale comunque nelle prove che la vita ci presenta, siamo chiamati ad essere testimoni di consolazione, ad incoraggiare, a confortare, a dare fiducia, a diffondere speranza: chi ne è portatore, scrive Benedetto XVI nella Spe salvi, vive diversamente». Al termine del suo intervento mons. Fisichella ha lasciato ai presenti un’esortazione a prendere la forza che viene dall’alto, citando l’undicesimo precetto del Pastore di Erma: le visioni: “Tu credi allo Spirito che viene da Dio e che ha forza, e non credere, invece, allo spirito terrestre e vuoto, poiché in lui non c’è forza. Egli viene dal diavolo. Ascolta la similitudine che sto per dirti. Prendi una pietra e lanciala verso il cielo, vedi se puoi toccarlo. O meglio, prendi un tubo d'acqua e tira il getto verso il cielo e vedi se puoi trapassarlo. Dico: Come, signore, possono avvenire queste cose? Sono entrambe impossibili le cose che hai detto. Come queste cose sono impossibili, egli risponde, così gli spiriti terrestri sono impotenti e deboli. Prendi, dunque, la forza che viene dall’alto. La grandine è un infimo granello e quando cade sulla testa di qualcuno come fa male! Ancora prendi la goccia che scende dal tetto a terra: fora la pietra. Pensa, dunque, che le cose più piccole che dall’alto cadono sulla terra hanno una grande forza. Così anche lo spirito divino che viene dall’alto è potente. Tu credi, pertanto, a questo spirito, e allontana l’altro”.
Il triduo prosegue (ore 21.00, palestra Sacro Cuore – Spoleto) mercoledì 11 gennaio con il vescovo di Carpi mons. Francesco Cavina che parlerà di “Terremoto: revisione di vita” e giovedì 12 gennaio col vescovo di Rieti mons. Domenico Pompili che interverrà su “Terremoto: scuola di solidarietà”.