(UMWEB) Risalgono a documenti datati 1302 le prime notizie relative al Castello di Wolfsburg (Schloss Wolfsburg), un imponente ed elegante edificio costruito in posizione strategica sulle rive del fiume Aller per il controllo del territorio, difeso anche grazie ad un nutrito equipaggiamento di cannoni che faceva del Castello una vera fortezza.
Dell’originaria struttura medievale fatta erigere dalla famiglia Bartensleben – il cui stemma raffigura un lupo, da cui il nome del Castello – non sono rimaste tracce notevoli perché intorno alla metà del XV° secolo l’intero edificio fu sottoposto ad una profonda trasformazione che lo rese l’elegante palazzo rinascimentale che ancora oggi possiamo apprezzare.
Da allora, abbandonato il suo ruolo difensivo, il Castello di Wolfsburg ha sempre conservato e rinnovato la sua indiscutibile identità culturale di privilegiato centro artistico. Divenuto negli ultimi decenni proprietà della città di Wolfsburg – che a differenza del suo dominante Castello, da cui prende il nome, è stata fondata meno di cento anni fa come polo industriale automobilistico – l’imponente costruzione onora i suoi oltre settecento anni di vita ospitando tra le sue mura il Museo Civico, una Galleria d’Arte, la sede dell’Associazione degli Artisti di Wolfsburg, un Museo fotografico e diversi Centri di Studio.
Una valenza culturale che trova un perfetto coronamento nella Stagione Concertistica organizzata dal Consolato d’Italia in Germania e che ogni anno si tiene nella “Gartensaal” del Castello ospitando artisti provenienti da tutto il mondo.
Con il Concerto del Quartetto Viotti (Stefano Parrino, flauto; Francesco Parrino, violino; Luca Ranieri, viola; M. Cecilia Berioli, violoncello) che si terrà Lunedì 7 Maggio, con inizio dalle ore 19:30, il programma musicale è decisamente un “Musikalische Schätze” dedicato a compositori italiani vissuti tra Settecento ed Ottocento con la sola eccezione di Mozart, il cui “Don Giovanni” - qui presentato nella versione coeva che ne diede Josep Kuffner – è tuttavia conosciuto come “opera italiana” del grande salisburghese.
Seguono il Quartetto in Sol Maggiore op. 23 n° 3 di Giovanni Paisiello, breve e tuttavia articolato gioiello che conserva anche nella scrittura strumentale la cantabilità gioiosa e naturale che è nelle opere del compositore, importante esponente della Scuola napoletana; il Quartetto in La minore di Saverio Mercadante, opera caratterizzata da un’espressività già profondamente romantica nonostante la forma ancora classica; conclude il Concerto il Quartetto op.22 n°3 in Do minore di Giovanni Battista Viotti, il grande italiano che portò la scuola strumentale e lo stile musicale italiano nelle Corti di tutta Europa e a cui il Quartetto ha voluto ispirarsi dedicandogli il proprio nome.
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