(ASI) È a ridosso del concerto del noto violinista Ilya Gringolts accompagnato dal pianista Peter Laul, che si esibiranno per gli Amici della Musica di Perugia – Fondazione Perugia Musica Classica sabato 16 novembre alla Basilica di S. Pietro del capoluogo umbro, che vogliamo ricordare la splendida esibizione della pianista Beatrice Rana, tenutasi sette giorni orsono, nell’ambito della medesima stagione concertistica.
Venerdì otto novembre appena trascorso, si è infatti tenuto, presso il Teatro Morlacchi di Perugia il mirabile concerto della giovane e virtuosa pianista Beatrice Rana, nell’ambito della stagione concertistica 2019-2020 degli Amici della Musica di Perugia. È stata, per chi scrive, una reale coincidenza. Solo pochi giorni prima mia moglie (al tempo anche lei pianista) mi avvisava di una singolare esecuzione, da parte di una giovane pianista, delle variazioni Goldberg, in ambito programmazione Rai. Al termine dell’ascolto che avevamo “intercettato”, la esibizione, si era rivelata una delle più belle, intelligenti, organiche, coerenti e musicali esecuzioni che avevamo mai ascoltato relativamente a questo corpus di variazioni; con grande stupore, distinguendosi e per certi aspetti superando la interpretazione Gould. Ciò pur nella difficoltà od opinabile appropriatezza del fare paragoni. Ecco che solo dopo pochi giorni, sempre grazie alla mia attenta consorte, avevo l’opportunità di seguire dal vivo un concerto di questa straordinaria pianista, a Perugia per giunta; piazza storica e lungimirante nei confronti delle promesse di quest’arte.
Beatrice Rana presenta un programma assolutamente non scontato, virtuosistico, ma soprattutto estremamente intelligente, per la raffinatezza e preparazione musicale che si richiede a chi ascolta nel comprendere i legami armonici, tecnici e stilistici tra autori solo apparentemente lontani. Il palinsesto comprendeva un arco temporale dal romanticismo alla modernità, o estendendo le mie reminiscenze familiari sulla figura di Stravinsky, alla contemporaneità. Grande padronanza del palcoscenico e dello strumento. Atmosfera assorta. Nessuna stanchezza, nessun flesso. Suoni e timbri che restano a distanza di tempo. Tecnica straordinaria, pianissimi e gamma sonora ottimi. Esecuzione “facile”, “naturale”. Pedali ottimamente dosati. Versatilità timbrica netta in relazione ai vari autori. In sintesi: una grande pianista di livello mondiale, più che “una promessa”.
Lo Chopin (Douze Etudes Op. 25) è ponderato, ritenuto, caratteristico di un romanticismo più intimo che ridondante, così come è lo spirito di questo autore (tanto più se si guarda alla fase Sand di Maiorca). Le velocità da subito strabilianti. Il tasto va sempre “al fondo della nota”, permettendo di gustare i suoni anche durante le altissime velocità. Suoni bellissimi, portati ai limiti dell’impressionismo musicale. In questa interpretazione viene esaltato tutto lo spirito dello studio romantico che come noto e sapientemente scritto da Starling nel libretto di sala, diventa qui “da concerto”. Emerge presto il carattere forte e originale della esecutrice. Più di altro poi la pianista è virtuosa nel fare emergere le citazioni, influenze, omaggi e temperie musicali che sono presenti in questi studi: Bach, Liszt, il gusto francese.
La esecuzione prosegue con Albéniz (Iberia Vol. III) che come accennato fa emergere la versatilità artistica, timbrica dell’interprete e che è singolarmente risolto quanto alle aspre dissonanze, neoromanticismo, nette influenze impressioniste e altre sensazioni novecentesche, che fanno da orpello ai temi spagnoleggianti, iberici. Le “durezze” tecniche e timbriche dello spartito non arrivano mai allo sforzato, i piani e pianissimi strepitosi. È nel mezzo della esecuzione di questo autore che, se l’ascoltatore si estranea dai tecnicismi e si lascia trascinare dalla musica, appare con semplicità il sapore o meglio l’immagine mentale dell’Alhambra, quella che folgorò Irving Washington. Una interpretazione fresca e di totale attualizzazione.
Chiusura ammiccante ad un pubblico che è noto gradire i virtuosismi, con Stravinsky (Trois Mouvements de Pétrouchka 1921 – ded. Arthur Rubinstein) del quale piacevolmente emergono chiari i collegamenti armonici, legami ideali, ai brani precedenti. Il tutto per una esecuzione che si chiude con sensazione di grande organicità, coerenza, capacità di lettura e perizia tecnica.
Due bis di cui uno proteso a proporre la “veloce esecuzione” ed il “suono uguale”.
Si ringrazia l’organizzazione per la consueta accoglienza.
Giuseppe Marino Nardelli-Agenzia Stampa Italia