UJ50 MANIFESTO(ASI) Stefano Bollani piano solo

Stefano Bollani inizia il suo concerto di piano solo eseguendo tre brani di un “autore contemporaneo“ (lui stesso), tratti dall’album “Blooming” (2023), cui segue un brano, sua colonna sonora di un lungometraggio, a breve disponibile su Rai Play (“Essere oro”), che lui stesso definisce fatta di poche note.

Segue un bell’omaggio a Bob Dylan, che proprio il giorno prima ha inaugurato UJ (“Rainy day women”).

Poi l’esecuzione della Passerella di 8 e ½, famoso brano di Nino Rota, autore al quale Bollani dice di essere più legato (quello che lo commuove di più). Esecuzione bellissima.

È poi la volta della colonna sonora del film “Il pitaffio”, sua colonna sonora.

Dopo questa parte, tutta da solo, giunge il momento di riunire la coppia Stefano Bollani / Valentina Cenni, ben nota ai tanti spettatori televisivi del programma “Via dei matti n.0” (programma bellissimo della RAI).

Con lei alla voce, seduta al suo fianco, esegue una canzone napoletana, “Nun è peccato”, di Peppino di Capri e poi una canzone brasiliana (che tutti conoscono, ma “Brasil Carneval” non è il titolo).

Poi riprende il programma da solo.

C’è un bell’omaggio al Jazz Italiano (“Luglio, agosto, settembre (nero)” degli Area), che ci rimanda a un tempo ormai lontano (1973, guarda caso), quando il nostro Jazz osava.

Poi arriva la parte più spiritosa del concerto, in quanto Bollani rende omaggio a un grande musicista contemporaneo, specialista in finali, tale Oliver Ending. Non andatevelo a cercare su Wikipedia, non esiste, è soltanto un modo per variare sul tema della musica, in particolare sulla musica classica, ed il gioco è suonare brani immortali (Mozart, Rossini, Beethoven) tagliandoli improvvisamente con un finale standard, ma adeguato. L’esito è esilarante.

Dopo “All the things you are”, forse il brano più bello della serata, si giunge al primo bis, che è la canzone “TIco tico” in cui Bollani duetta a lungo con il pubblico, riuscendo a coinvolgere l’intera platea.

Si passa, poi al secondo bis, che è probabilmente la parte più geniale dello spettacolo.

In un demenziale brainstorming, Bollani chiede al pubblico quali brani vorrebbero eseguiti, e ne seleziona una decina, in cui vi è tutto ed il suo contrario (Crudelia Demon, la Pantera Rosa, Tre piccoli porcellini, Goldrake, la Gazza Ladra, Roma nun fa la stupida stasera, i King Crimsom, i Flintstones, Frank Zappa).

Segue un medley di circa 15 minuti, bellissimo, in cui i brani sono fusi, nella loro impossibile coesistenza, riconoscibili, contrastanti, eppure vivi come non mai, in una improvvisazione geniale, leggibile, perfetta.

Questo ci vuole dire Bollani, personaggio eclettico come pochi.

La musica è fatta di note, le canzoni si possono smontare e rimontare, le si possono fare incrociare e dialogare.

Capita così che con la mano destra, al piano, ripeta come un martello la pantera rosa, e con la sinistra la Gazza Ladra, riuscendo a far sorridere e ad impressionare chi lo ascolta.

La musica è viva più che mai, e forse i generi esistono solo per chi è pigro ed ha bisogno di luci per attraversare la stanza.

Cosa dire di Bollani ? Ha enormi margini per riempire i teatri, con spettacoli in cui umorismo e musica possono diventare protagonisti assoluti, ed a un livello altissimo.

La musica è intrattenimento, e si può far divertire il pubblico in tutti i sensi.

Vorrei che diventasse il maggiore autore, oltre che esecutore, italiano di jazz. Ne ha le possibilità.

Ho come l’impressione che la futura generazione farà il contrario di quello che ha fatto la mia. Si inginocchierà ed andrà a ricercare i puzzle del gigantesco mosaici che la mia generazione, e almeno le due generazioni precedenti, si sono divertite a buttare per aria e ricomporre a caso.

Ma questa è un’altra storia.

Kyle Eastwood “Eastwood Simphonic)

With Umbria Jazz Orchestra & Orchestra da camera di Perugia 

Dopo quasi due ore di Bollani, arriva il figlio di Clint Eastwood, noto attore e regista cinematografico, per un omaggio al padre.

Si tratta di un progetto ambizioso, in cui quasi ogni brano è preceduto da una breve intervista, forse si dovrebbe chiamare una chiacchierata tra padre e figlio, in cui si parla del brano che seguirà.

Eastwood è il leader di un quintetto jazz (tromba, sax, piano, basso/contrabbasso e batteria), e ad adiuvarlo è una gigantesca orchestra, fatta di musicisti umbri, per cui l’effetto è davvero ingigantito.

Dopo la chiacchierata lo schermo espone il titolo del film (in inglese), il regista e l’autore della musica.

Seguono i brani eseguiti, nel loro ordine temporale: 

Magnum Force

Dirty Harry

The Eiger Sanction

The Bridges of Madison County

Flags of Our fathers

Letters From Iwo Jima

Bird

Changeling

Gran Torino

Segue l’omaggio a Morricone A Fist Full of Dollars

Nel bis  The good, the bad & the Ugly.

Scopriamo, così, che in molti dei suoi film Clint Eastwood è stato anche l’autore della musica, oltre che il regista.

L’attore che la critica indicava come titolare di due sole pose (con la sigaretta e senza la sigaretta), in realtà è stato un protagonista del cinema mondiale, con una passione intensa e sincera per il jazz, che ha omaggiato in vario modo, anche con un film intero dedicato a Charly Parker, passione che ha potuto sfogare soltanto dopo i 50 anni, quando aveva ormai raggiunto il successo.

Il figlio dirige il quintetto, in cui spicca la tromba, suonando basso alternato a contrabbasso.

L’orchestra integra e sottolinea senza mai strafare.

Bravissimi tutti, e l’impressione è che lo spettacolo sia davvero importante e avrebbe meritato un pubblico meno stanco (l’ultima nota si spenge alle ore 1).

È anche una delle prime volte in cui il pubblico ha un supporto visivo dal quale trarre titolo e autore del brano che i musicisti stanno per eseguire, cosa assai apprezzabile.

Carlo Ambrogi per Agenzia Stampa Italia


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