Mercato interno bloccato e stop all'export: crescono i danni economici
(UNWEB) L'emergenza coronavirus sta producendo gravi ripercussioni per il settore agricolo umbro non risparmiando nemmeno il comparto olivicolo che inizia ad accusare il colpo, a causa di un mercato interno bloccato e delle difficoltà nell'export. È quanto sottolinea Coldiretti Umbria nel dare voce alle imprese agricole che lamentano problemi nelle vendite con prospettive incerte e per le quali servono misure di sostegno che potenzino il "brand Umbria".
A pesare sul mercato interno - sottolinea il presidente Coldiretti Umbria Albano Agabiti - è stata la chiusura forzata di ristoranti, pizzerie, alberghi, agriturismi. Una contrazione di consumi interni, con lo stop dei canali Horeca che penalizza molte piccole e medie imprese, le cui forniture sono indirizzate soprattutto a questi esercizi. Perdurando la "serrata" dunque, la situazione continua ad essere preoccupante visto che non sono molte le aziende agricole del settore che raggiungono la grande distribuzione, anche se il via libera alla vendita di cibi take away prevista dal 4 maggio potrebbe aiutare. Difficoltà - riferisce Agabiti - che si sono estese anche all'export con l'azzeramento delle commesse, con il moltiplicarsi delle disdette anche per effetto delle difficoltà logistiche e con il lockdown a penalizzare i consumi anche fuori dal nostro Paese.
In questa fase abbiamo chiesto - ricorda il direttore regionale Coldiretti Mario Rossi - interventi specifici per le nostre imprese, anche attraverso strumenti straordinari e di sostegno alla liquidità e di forte snellimento della burocrazia, a cominciare dallo sblocco dei pagamenti e dalla rimodulazione delle risorse del PSR.
All'inizio della crisi - spiega Francesco Gradassi titolare dell'azienda agraria Marfuga di Campello sul Clitunno - abbiamo per qualche tempo continuato con alcune spedizioni all'estero come verso la Cina, ma attualmente i nostri canali dell'export sono quasi completamente bloccati, a cominciare dagli Stati Uniti d'America. Con il lockdown l'unico strumento per alleviare le perdite sono state le vendite on-line del nostro olio, ma sicuramente i danni economici per il settore cominciano ad essere importanti.
Il nostro mercato interno regionale e nazionale dell'olio - afferma Giulio Mannelli olivicoltore e titolare di un agriturismo a Bettona - ha subito un forte rallentamento, in particolare per quanto riguarda il circuito Horeca. Se poi a questo aggiungiamo la chiusura dell'agriturismo, ecco che, come è facile immaginare, le difficoltà aumentano, senza contare che in Umbria veniamo da una stagione olivicola in cui si era registrato un calo produttivo di circa il 40%.
In Umbria, secondo elaborazioni Coldiretti, si trovano quasi 7,5 milioni di piante di olivo che coprono circa 30.000 ettari e permettono di produrre mediamente circa 65.000 quintali di olio l'anno. La D.O.P. dell'olio extravergine di oliva Umbria, istituita nel 1997, è l'unica denominazione italiana estesa all'intero territorio regionale, che è stato suddiviso in cinque sottozone (Colli Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli del Trasimeno, Colli Amerini e Colli Orvietani). Gli olivi sono per la maggior parte di varietà Moraiolo, che è la cultivar che simbolicamente e concretamente rappresenta l'olio umbro, di varietà comuni come Frantoio e Leccino e di cultivar autoctone, nell'areale del Trasimeno varietà Dolce Agogia, nell'areale di Giano dell'Umbria varietà San Felice e Nostrale di Rigali nell'areale di Gualdo Tadino. Altro snodo essenziale della qualità dell'olio umbro, è il numero dei frantoi: circa 250, che, con una presenza così capillare sul territorio, permettono la frangitura immediata delle olive, senza che queste si deteriorino per una presenza troppo lunga in magazzino prima della lavorazione.