coldirettiumbriaClima pazzo, api "affamate": si preannuncia un'altra stagione difficile. Valorizzare il prodotto locale, occhio all'etichetta!

(UNWEB) Il ritorno del freddo primaverile, soprattutto con le gelate di aprile, ha penalizzato anche le api e il loro lavoro, fino a provocarne un'elevata moria e facendo prevedere un'altra stagione difficile per i produttori umbri. È quanto sottolinea Coldiretti in occasione della giornata mondiale delle api con la firma con l'Assessorato regionale all'agricoltura di un patto per un'apicoltura sempre più sostenibile, affermando come occorra sostenere questo comparto d'eccellenza.

Si stimano - afferma Fulvio Rosati, Presidente Apau, Associazione Produttori Apistici Umbri e produttore Coldiretti di Marsciano - già cospicue perdite "a macchia di leopardo" sul territorio, con punte anche del 100% di prodotto su alcune varietà come l'acacia. Le api - spiega Rosati - hanno terminato le loro scorte già dal mese di marzo e vanno continuamente alimentate, perché non trovano il nettare. Un trend, quello di una difficile produzione, che purtroppo continua da diversi anni per gli apicoltori umbri - prosegue Rosati - alle prese, oltre che con le bizzarrie climatiche e con la varroa, un acaro che attacca gli alveari, anche con l'arrivo di miele proveniente dall'estero proposto a prezzi concorrenziali, ma sicuramente di qualità diversa.

Nelle campagne umbre, secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell'anagrafe nazionale zootecnica, sono presenti oltre 46 mila alveari, con quasi 3000 sciami, per 2755 attività, di cui 343 professionali, per una produzione annuale di circa 400 tonnellate - stima Coldiretti. Umbria che può contare su varie tipologie di ottima qualità, dal millefiori a quelli di castagno, sulla, trifoglio e di acacia, solo per citarne alcune.

Ma le api - ricorda Coldiretti - sono soprattutto un indicatore dello stato di salute dell'ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l'impollinazione dei fiori. In media una singola ape - precisa Coldiretti - visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di esplorazioni floreali per produrre un chilogrammo di miele. Un ruolo fondamentale considerato che - evidenzia Coldiretti - dall'impollinazione dalle api dipendono, in una certa misura, ben 3 colture alimentari su 4, come mele, pere, fragole, ciliegie, cocomeri e meloni secondo la Fao, ma l'impollinazione operata dalle api è fondamentale anche per la conservazione del patrimonio vegetale spontaneo.

Per puntare alla qualità, il consiglio di Coldiretti è quello di verificare con attenzione l'origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l'etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell'Unione Europea, l'etichetta - continua Coldiretti - deve riportare l'indicazione "miscela di mieli originari della CE"; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta "miscela di mieli non originari della CE", mentre se si tratta di un mix va scritto "miscela di mieli originari e non originari della CE".


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