Venerdì 10 febbraio presentazione del libro “La mia foiba” di Alessandro Panini Finotti alla Sala del Consiglio comunale (ore 9.30) e all’Aula Magna del Liceo “Jacopone da Todi” (ore 11)
(UNWEB) Todi. Anche quest’anno il Comune di Todi, in collaborazione con la sezione ANPI Todi “Cap. Carlo Barbieri”, organizza per venerdì 10 febbraio una giornata di iniziative in occasione del “Giorno del Ricordo”, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Gli incontri sono rivolti in particolare agli studenti degli Istituti superiori cittadini per permettere loro di avere delle informazioni corrette e formarsi una coscienza civile su quanto accaduto nel maggio 1945 in Istria e Dalmazia.
Per l’occasione sono stati organizzati due appuntamenti con l’obiettivo di far raccontare ad un protagonista di quegli eventi la sua esperienza attraverso la presentazione del libro “La mia foiba” (Graus editore) del giornalista Alessandro Panini Finotti, nel quale l’autore racconta la toccante deportazione di suo nonno paterno scomparso il 3 maggio 1945.
Il primo incontro si svolgerà alle ore 9.30 nella Sala del Consiglio comunale ed il secondo alle ore 11 all’Aula Magna del Liceo “Jacopone da Todi”, dove la narrazione della triste vicenda sarà intervallata dalle esecuzioni del quartetto dell’Orchestra “Apollo” del Liceo che eseguirà brani di Susato, Bizet, Villa Lobos e Tansman, proponendo tre trascrizioni di madrigali, due movimenti dalla “Carmen Suite” e due brani del repertorio chitarristico novecentesco.
“La mia foiba” – scheda
Nel libro di Alessandro Panini Finotti i fatti sono raccontati attraverso la vita di una vittima di quegli avvenimenti. Si tratta di Carlo Macuzzi, goriziano, nato nel 1876, quindi sotto il regime austroungarico e perciò avente diritto alla traduzione del nome sia in tedesco, Karl Maktz, sia in sloveno, Karol Makuc. Fin dalle prime righe il lettore viene informato che l’io narrante è una vittima delle foibe. Egli sa di essere morto, ma non sa dove. Questo è facilmente spiegato dal fatto che le foibe, queste cavità profonde di origine carsica, sono state da sempre usate per l’occultamento di cadaveri e, al termine della seconda guerra mondiale, i corpi recuperati non furono tutti e per la maggior parte non fu possibile un riconoscimento. Il racconto alterna pagine che si riferiscono all’arresto del protagonista, a pagine che ne ricostruiscono la vita. La vita normale di un impiegato delle imperiali ferrovie fino al suo pensionamento e, quindi, il suo passaggio dalla sudditanza all’Imperatore austriaco a quella del Re italiano, fino all’arrivo prima dei nazifascisti e poi dei partigiani di Tito. Ciò che più colpisce nello stile dell’autore è quello della sua serenità narrativa, una serenità che deriva dalla consapevolezza di un evento storico che va condannato ma non può essere strumentalizzato per una contrapposizione politica.