(UNWEB) “La Peste suina africana non può rappresentare un nuovo terremoto per l’Umbria. Se l’avanzare della Psa è ormai considerato dagli esperti un fenomeno inarrestabile e persistente, l’unica arma che resta è la prevenzione, organizzarsi per attenuare l’impatto. Prevenzione, sostegni e strategia per impedire che la nostra Regione, dopo 6 anni terribili sul fronte economico, possa pagare ancora un prezzo altissimo per un errore, che sarebbe gravissimo, di sottovalutazione”.

Questa la posizione espressa dal consigliere regionale Vincenzo Bianconi (Misto) nel corso del webinar sul tema “Peste suina: prevenzione, strategia e azione, a cui hanno preso parte il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico, Vincenzo Caputo, il direttore del Centro di referenza nazionale delle pesti suine, Francesco Feliziani e i vertici delle associazioni di tutti i settori coinvolti, allevamento, trasporti, produzione, commercializzazione, turismo e attività outdoor, ristorazione e agricoltura. Oltre ad esponenti di: Parco nazionale dei Monti Sibillini, Comuni in Piemonte e Liguria attualmente in zona Rossa, Cia Umbria, Coldiretti, Confagricoltura, ARA, Confcommercio, Federalberghi, Federcarni, Faita, Confindustria, i sindacati Cisl e Uil, WWF, Legambiente, Gruppo regionale CAI, Guide turistiche e consorzi locali come ‘We are Norcia’. Tutti concordi sull’importanza di non farsi cogliere impreparati e di cercare di arginare in ogni modo le conseguenze di un’ipotetica diffusione della peste anche in Umbria, dal punto di vista sociale, lavorativo, economico e competitivo”.

Bianconi informa di aver “lanciato l’idea della costituzione di un gruppo di lavoro che ha come finalità quella di portare agli organi competenti, al premier Mario Draghi, al ministro della Salute, Roberto Speranza, delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, e dell’Economia e Finanze, Daniele Franco, alcune proposte concrete. Potenziare le risorse economiche, le misure previste, gli standard ed i controlli per certificare gli allevamenti allo stato semibrado per evitare l’abbattimento preventivo dei suini, patrimonio genetico di identità territoriale e modello di sviluppo ed economia sostenibile. Predisporre procedure, standard qualitativi e controlli sistematici sostenuti da risorse finanziare adeguate al fine di certificare anche gli allevamenti tradizionali, il loro trasporto, le lavorazioni e produzioni di carne suina anche all’interno delle zone rosse. Tutto ciò nel rispetto di normative stringenti in grado di garantire sia la non diffusione del virus che la continuità lavorativa per le imprese di tutta la filiera suinicola, dall’allevamento passando per i trasporti, macellazione, lavorazione, produzione, commercializzazione, somministrazione. Prevedere nelle zone rosse un ‘turismo out-door a prova di Psa’ in aree definite e circoscritte, con guide autorizzate e formate anche al rispetto di procedure e standard in grado di garantire la non diffusione della Psa. Organizzazione di checkpoint di sanificazione in partenza ed al ritorno dalle escursioni, con annesse informazioni e rilascio di autorizzazione. Per molti luoghi montani il turismo outdoor è la principale attrazione. Proibirlo per circa due anni (tempo stimato dagli esperti per la probabile eradicazione della Psa da un territorio) potrebbe comportare anche l’azzeramento di molte micro aziende, posti di lavoro e comunità montane. Potenziare rapidamente le barriere di contenimento tra le autostrade, luogo dove oggi sembra possa essere circoscritto il problema. Se dovesse saltare questa sorte di barriera, tutta l’Italia sarebbe irrimediabilmente compromessa”.

“Qualora tutte queste iniziative dovessero non bastare e fosse necessario arrivare alla chiusura e alla limitazione di molte attività direttamente ed indirettamente coinvolte in questo fenomeno, è necessario - secondo il consigliere Vincenzo Bianconi - predisporre da subito un sistema di ristori per imprese. L’esperienza del sisma e del Covid devono insegnare ed essere messe a patrimonio. Occorre ripartire da lì con la consapevolezza che tutte le aziende hanno vissuto e sono state indebolite dal Covid ed alcune anche da altri fenomeni come il terremoto. Quindi serve una procedura che consenta in automatico, con la dichiarazione della zona rossa per Psa, anche l’introduzione automatica di Cassa integrazione per lavoratori ed imprenditori coinvolti direttamente ed indirettamente nei comparti agroalimentari e turistici; Blocco dei mutui; Garanzie bancarie; Misure di sostegno per il lavoro/salari; Blocco delle accise e delle bollette; Garanzie statali per le banche; Risorse per il rilancio economico delle zone colpite, con progetti anche di comunicazione. Bisogna prevedere regole chiare e importi che guardino a tutte le conseguenze che la Psa può generare su un territorio, sull’ambiente, sull’economia e su tutte le comunità coinvolte in quelle zone ed a quelle con esse collegate. Per queste ed altre iniziative si dovrebbero utilizzare senza timidezza, oltre al PSR, anche altri fondi europei come il POR FESR ed il PNRR ed a seguire valutare, se necessario, anche l’intervento diretto con fondi nazionali e regionali. Una cosa è chiara, il fenomeno è complesso e non può essere gestito ed affrontato soltanto nei boschi ed in laboratorio. Occorre – prosegue il consigliere regionale - che tutti i rappresentanti di categoria, dei lavoratori, delle Istituzioni locali abbiamo una chiara conoscenza dei rischi e delle conseguenze a cui siamo esposti e che, senza indugio, ci si attivi da subito costruendo dei seri momenti di confronto e condivisione per poi predisporre, per una volta prima e non dopo, le procedure burocratiche del caso. Questo darebbe a tutti un po' di serenità e consapevolezza su cosa fare, come e quando e di conseguenza anche la possibilità di determinare il proprio futuro e non sempre subirlo al buio. Purtroppo oggi – conclude Bianconi - è sotto gli occhi di tutti ciò che sta accadendo nei Comuni che rientrano nelle zone rosse: blocco dell’attività di trasformazione delle carni crude e dei salumi di cinghiali e maiali, sospensione delle attività umane come trekking, caccia, con ripercussioni per il mondo dell’agricoltura, enogastronomia, industria di trasformazione alimentare, turismo, escursionismo e molto altro. Ascoltare amministratori locali, rappresentanti di categoria, di associazioni, consorzi e comitati che operano in quei luoghi ci ha fatto per qualche minuto stringere il cuore, tremare le gambe e creato angoscia, ma poi ha innescato in tutti noi, insieme anche a loro, la voglia di non subire la Psa, di lavorare insieme e di costruire degli scenari/proposte responsabili e sostenibili per tutti. Il principio del sacrificio di massa abbiamo deciso di non accettarlo o quanto meno di non accettarlo senza cercare in tutti i modi possibili e civili di contrapporlo al buon senso del padre di famiglia. L’esperienza del terremoto ed il Covid sono stati per me un’esperienza di vita dalla quale ho imparato molto. Occorre farne tesoro e mettere gli errori ed i sacrifici a valore. Molte aree che sono e che rischiano in futuro di essere colpite da questo fenomeno sono aree interne, che fondano il loro modello di sviluppo su quello che per lungo periodo rischierà di essere proibito, out-door e gastronomia legata spesso al suino. Fermare questo significa fermare il lavoro, significa accelerare il processo di spopolamento ed abbandono di molti borghi e presidi identitari e culturali del nostro Paese. Oggi si può e si deve fare la cosa giusta, abbiamo la possibilità. Occorre soltanto visione, metodo, strategia ed azione. In moltissimi siamo pronti a collaborare, è con l’intelligenza collettiva che si risolvono i problemi sotto il segno del bene comune e non in pochi nelle segrete stanze”.


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