Il cardinale Gualtiero Bassetti: «Affidiamo alla Vergine la popolazione libanese e tutti coloro che nel mondo vivono e soffrono a causa della terribile epidemia»
(UNWEB) Perugia. «Per antica consuetudine, questa splendida chiesa di Santa Maria di Monteluce conserva e tramanda, alla comunità cristiana perugina, il grande mistero dell’Assunzione; della nuova vita da risorti con tutto il nostro essere: anima e corpo. Un avvenimento grande, racchiuso in Dio fin dall’eternità e sperimentato fino ad ora soltanto da Gesù e Maria, ma destinato a tutti gli uomini e donne che accolgono lungo i secoli la realtà della vita nuova in Cristo». Così il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha esordito nell’omelia (il cui testo è riportato integralmente di seguito) della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria celebrata il 15 agosto nella chiesa parrocchiale di Monteluce del capoluogo umbro.
Nel giorno dell’Assunzione la morte è meno drammatica. «La festa di oggi, molto cara alle popolazioni umbre – ha sottolineato il presule –, richiama alla mente e al cuore di tutti la realtà della morte, quella tragica esperienza implicita nella vita che riguarda tutti, attraversa le generazioni e non risparmia nessuno. Ma in questo giorno la morte assume un aspetto diverso dal solito, meno drammatico, senza dubbio meno pauroso. La Vergine è ritratta sin dall’antichità nell’atto di addormentarsi nel Signore, distesa su un baldacchino, che è più un talamo che un sarcofago. È attorniata da tutti gli apostoli, richiamati dagli angeli per divino comando, da ogni angolo del mondo dove erano andati a predicare la buona novella. Al centro dell’icona viene in genere raffigurato Gesù con in braccio l’effigie di una bambina. È Maria, divenuta “piccola” per il Regno, e condotta dal Signore in Cielo. Era stata la prima a prendere in braccio Gesù quand’era ancora bambino, ora è la prima ad essere avvolta dalle braccia del Figlio per essere assunta in Cielo».
L’opera conclusiva della redenzione. «Il maestoso dipinto alle nostre spalle, con una scena suddivisa in due parti – il cardinale si è soffermato sul significato dell’opera che ritrae l’Assunzione della Vergine Maria –, con una scena suddivisa in due parti, narra invece una tradizione diversa: in basso, lo stupore degli apostoli nel contemplare il sepolcro vuoto della Vergine e, in alto, Maria che riceve dal Figlio Gesù, Signore dell’universo, la corona di gloria che non appasisce. In entrambe le tradizioni iconografiche, scorgiamo sempre gli apostoli che accorrono al tramonto della vita terrena della Madonna, radunandosi di nuovo in una specie di Pentecoste. E il Signore Gesù è in mezzo a loro a compiere l’opera conclusiva della redenzione, portare la sua Vergine Madre in Cielo, come un giorno farà con tutti i salvati».
L’imperitura vittoria della vita sulla morte. «Se la Pasqua ci insegna che la morte non ha avuto potere sul Figlio di Dio, risorto il terzo giorno, nell’Assunzione troviamo la conferma che la vittoria di Gesù tocca l’esistenza di tutti, a cominciare da Maria. Nel Cristo e in Maria vita e morte si scontrano, dando vita ad mirabile duello in cui la vita riporta la sua grande e imperitura vittoria. Il brano dell’Apocalisse, proclamato poc’anzi, ci parla di una lotta paurosa che ha luogo nei cieli, in un tempo che va al di là della storia. “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito”».
Monito contro i vizi terreni della lussuria, fama, ricchezza. «È una visione spaventosa: il Figlio della Vergine, destinato a governare tutte le nazioni, è odiato dal potente drago rosso, che nella simbologia cristiana è il demonio, nemico della vita e omicida fin dal principio. Le sue sette teste, attorniate da altrettanti diademi, rappresentano i vizi e le smodate ambizioni terrene, come la lussuria, la fama, la ricchezza smodata e la violenza. Mentre la corona della Vergine, formata da dodici stelle, è figura dei beni del Cielo, dove tutti un giorno ci ritroveremo. La donna e il bimbo che deve nascere, attaccati dal drago rosso di sangue, richiamano alla nostra mente la continua lotta tra vita e morte. Una lotta antica, che si estende ai nostri giorni in un dramma che ormai non si vuole più riconoscere. Ma Dio soccorre la donna e il figlio e trova per loro un rifugio. Il bambino è portato presso il trono dell’Altissimo e per la donna è preparato un rifugio nel deserto. Cioè in un logo riparato, lontano dalla cattiveria umana, dove le insidie del drago rosso non possono arrivare».
La vita di ogni donna unita a quella del figlio. «La vita e la storia di Maria sono strettamente unite a quella di Gesù e alla sua missione – ha ricordato il cardinale –. Così la vita di ogni donna è intimamente unita a quella del proprio figlio. Maria e il Cristo, intimamente connessi, sono il segno altissimo del bene e della salvezza. E si staglia all’orizzonte della storia la resurrezione del Figlio, come l’assunzione della Madre. Con la festa di oggi iniziano i cieli nuovi e la terra nuova annunciati dall’Apocalisse. Perché grandi cose ha fatto l’Onnipotente e di generazione in generazione la sua misericordia si estende su quelli che lo temono».
L’affidamento alla Vergine Assunta delle tragedie del nostro tempo. «Nelle vicende della storia, anche in quelle recenti, non mancano tragedie e sofferenze grandi – ha commentato il presidente della Cei nell’avviarsi alla conclusione –. Voglio ricordare in particolar modo la terribile esplosione accaduta il 4 agosto scorso nel porto di Beirut, provocando più di centocinquanta morti, migliaia di feriti e una grande devastazione di case e strutture. Ho ancora impresse nel cuore le immagini del bellissimo lungomare di Beirut, dono sono stato, l’ultima volta, due anni fa. Esso è sovrastato da una grande statua della Vergine Maria, che dalla collina di Harissa volge il suo sguardo verso l’intera nazione e il Mar Mediterraneo. È a Maria Santissima che affidiamo in questi giorni drammatici la cara popolazione libanese. Come affidiamo alla Vergine Assunta tutti coloro che nel mondo vivono e soffrono a causa della terribile epidemia che non allenta gli effetti nefasti.
In unione con la Chiesa nel mondo. «“Nel celebrare questa festa” ci ha ricordato Papa Francesco “ci uniamo a tutta la Chiesa sparsa nel mondo e guardiamo a Maria come Madre della nostra speranza. Il suo cantico di lode ci ricorda che Dio non dimentica mai le sue promesse di misericordia (cfr. Lc 1,54-55). Maria è beata perché “ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). In lei tutte le promesse divine si sono dimostrate veritiere. Intronizzata nella gloria, ci mostra che la nostra speranza è reale; e fin d’ora tale speranza si protende ‘come un’ancora sicura e salda per la nostra vita’ (Eb 6,19), là dove Cristo è assiso nella gloria”. Anche noi nutriamo la speranza di essere un giorno con Lui e Maria, nella dimora eterna del Padre».