Il suo successore mons. Ivan Maffeis nell'omelia: «Mons. Chiaretti rinnovatore della Chiesa diocesana nelle sue strutture missionarie e nella sua pastoralità»
(UNWEB) Perugia. «Il 2 dicembre dello scorso anno moriva l'arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che ha guidato la nostra Diocesi dal gennaio 1996 al luglio del 2009, spendendosi con mente e cuore di pastore». Lo ha sottolineato l'arcivescovo mons. Ivan Maffeis, all'inizio dell'omelia della celebrazione eucaristica tenutasi nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia il 2 dicembre. Concelebranti sono stati il cardinale Gualtiero Bassetti, il vescovo eletto di Civita Castellana mons. Marco Salvi, già ausiliare a Perugia, il vescovo emerito di Gubbio mons. Mario Ceccobelli, vicario generale dell'arcivescovo Chiaretti, l'arciprete della cattedrale mons. Fausto Sciurpa e alcuni dei sacerdoti diocesani ordinati presbiteri dal presule defunto tra cui il nipote don Antonio Paoletti.
Mons. Maffeis ha ricordato le parole pronunciate da Chiaretti il giorno del suo arrivo in Diocesi, il 29 gennaio 1996, festa del Santo patrono Costanzo, incontrando i giovani dell'Istituto Don Guanella: «"Il Signore è presente tra i poveri, quale che sia il tipo di povertà. Se vi entriamo dentro con amore, stiamo servendo il Signore". Quello stesso giorno – ha ricordato ancora Maffeis – avrebbe salutato il popolo perugino con queste parole: "Vengo per servire la comunità cristiana, che coincide quasi del tutto con la comunità civile, portandovi l'impegno e la speranza che nascono dalla fede". Alla fine del suo mandato tra noi, mons. Chiaretti aveva chiaro che tale coincidenza tra la comunità cristiana e quella civile non esisteva più; lungi dal rassegnarsi, ribadiva l'urgenza - sono parole sue - di "rinnovare la Chiesa diocesana nelle sue strutture missionarie e nella sua pastoralità, non bastando più la pastorale di conservazione fino ad oggi perseguita nelle nostre parrocchie di popolo". Il suo servizio si è concretizzato in alcune iniziative particolarmente rilevanti: il primo Convegno Ecumenico Nazionale sul Padre Nostro; il Congresso Eucaristico Diocesano, dedicato al tema "Senza il giorno del Signore non possiamo vivere"; la visita pastorale all'Arcidiocesi; il Sinodo Diocesano, su tematiche riguardanti la vita dei presbiteri, delle famiglie, dei giovani e la cultura cristiana. Proprio presentando il Documento sinodale – ha evidenziato l'arcivescovo Maffeis –, mons. Chiaretti dava un nome ad alcuni fattori inediti, che avrebbero trasformato radicalmente il nostro tempo: "Gli sconvolgimenti delle guerre che hanno creato profughi, la vasta immigrazione regolare e clandestina, l'impressionante sviluppo della scienza e della tecnica, i mix religiosi autoctoni, la fede cristiana che da anagrafica deve diventare adulta e operosa, i profondi cambiamenti culturali e sociali, la mondializzazione". Non si fatica a scorgere in questi titoli - che rimandano ad ampi capitoli - l'orizzonte con il quale siamo chiamati a confrontarci oggi noi stessi e rispetto al quale mons. Chiaretti invocava quel "salto di qualità, che mette a prova la stessa fantasia creativa dei pastori" e che nel contempo necessita di "una riflessione non frettolosa sul da farsi"; una riflessione per la quale guardava con fiducia al ruolo e alla responsabilità dei laici e, quindi, dei diversi organismi di partecipazione, in particolare dei Consigli pastorali (diocesano, zonale e parrocchiale). Il Vescovo aveva chiara la consapevolezza che la nuova situazione in cui siamo immersi sollecita la nostra Chiesa ad avere il coraggio di innovare; ma, con altrettanta lucidità, ricordava – ci ricorda – che non si tratta di cambiare per cambiare, quanto piuttosto di ricercare "i modi per far conoscere e amare Colui che - diceva, citando Benedetto XVI - è l'inizio dell'essere cristiano: e cioè non una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva", il Signore Gesù Cristo».
Il ricordo del sindaco Romizi. Tra i fedeli presenti c'era anche il sindaco di Perugia Andrea Romizi, che ha definito la sua partecipazione «una presenza non solo dovuta in rappresentanza della comunità che l'arcivescovo Chiaretti ha servito, ma anche sentita per un uomo che ha vissuto la nostra città con una concreta e forte presenza in ogni luogo e situazione. Ricordo come il suo camminare nella comunità toccò anche i palazzi delle istituzioni, rivolgendo a chi ricopriva responsabilità di governo parole importanti di collaborazione e di impegno. Aveva una profondità che all'epoca colpì molti e che oggi, facendo memoria, emoziona. Siamo in cattedrale, nel giorno del primo anniversario della sua morte, per far sì che quell'esperienza di vita dell'uomo e del vescovo Chiaretti possa nel tempo continuare ad essere coltivata e vissuta».