DSC 1227 1L’Arcivescovo: «Rispetto alle acque basse in cui sembra stagnare oggi la vita civile, sociale, ecclesiale e politica del nostro Paese e del nostro territorio, ripartire da Dio significa trovare senso, slancio, motivazione per non accontentarsi di “passioni tristi”».

(UNWEB) Spoleto. «Mai come nel giorno di San Ponziano la Basilica Cattedrale diventa la casa di tutti gli spoletini». Con queste parole l’arcivescovo Renato Boccardo ha avviato l’omelia nella festa di S. Ponziano, patrono della città di Spoleto e dell’archidiocesi intera, celebrata domenica 14 gennaio 2024. E davvero tanti sono stati gli spoletini saliti in Duomo, riempendolo in ogni sua zona. Col Presule hanno concelebrato, il vicario generale don Sem Fioretti e i presbiteri delle tre Pievanie che insistono nel Comune di Spoleto, quella appunto di S. Ponziano, quella di S. Giovanni Paolo II, quella di S. Giacomo e quella di S. Giovanni Battista. Per l’occasione è giunto anche il rettore del Seminario regionale umbro “Pio XI” di Assisi don Francesco Verzini. Il servizio all’altare è stato curato dai seminaristi diocesani e dai ministranti, coordinati dal cerimoniere don Pier Luigi Morlino. La liturgia è stata animata dalla corale diocesana diretta da Mauro Presazzi, con all’organo Angelo Silvio Rosati. Numerose anche le autorità civili e militari, tra cui: la presidente della Giunta regionale dell’Umbria Donatella Tesei, il vice presidente della Provincia di Perugia Moreno Landrini, il senatore Francesco Zaffini, il sindaco di Spoleto Andrea Sisti, il presidente del Consiglio comunale di Norcia Pietro Luigi Altavilla.

Mons. Boccardo nell’omelia si è soffermato sulla coerenza e sul coraggio mostrati da S. Ponziano: «Dobbiamo umilmente riconoscere che i meccanismi perversi del tempo che viviamo ci stanno conducendo, quasi inavvertitamente, a rimuovere dal nostro universo l’idea del limite e della fragilità, nonostante che la ancora recente pandemia e la funesta follia delle guerre non cessino di riproporcelo in modo prepotente e tragico. E dunque pensiamo di poter vivere senza affrontare le questioni fondamentali del perché della vita e della morte, del senso della sofferenza e della capacità di sopportarla, della gioia per la quale l'uomo è fatto, della sua sete di infinito e di bellezza, della sua libertà che va sempre coniugata con la responsabilità; non ci preoccupiamo di capire cosa nasconda il bisogno di prossimità e di leggerezza, di una relazione verace e trasparente e, al tempo stesso, il bisogno di silenzio e di solitudine, senza pròtesi e connessioni; così come non sappiamo scoprire quanto abbiamo in cuore, attenti a ciò che lo può infettare contagiando i rapporti...».

L’invito dell’Arcivescovo ad unire le forze, in un tempo di acque basse per il Paese e il nostro territorio. «La partecipazione delle autorità civili e militari a questo solenne evento ecclesiale ci onora e ci conferma nel proposito di unire le forze per il servizio delle comunità affidate alle nostre cure». E l’appello di mons. Boccardo è stato quello di ripartire da Dio, ossia «tornare alla verità di noi stessi rinunciando a farci misura di tutto, per riconoscere che Lui soltanto è la misura che non passa, l'áncora che dà fondamento, la ragione ultima per vivere, amare, morire. Vuol dire guardare le cose dall'Alto, vedere il tutto prima della parte, partire dalla sorgente per comprendere il flusso del fiume. Rispetto alle acque basse in cui sembra stagnare oggi la vita civile, sociale, ecclesiale e politica del nostro Paese e del nostro territorio, ripartire da Dio significa trovare senso, slancio, motivazione per non accontentarsi di “passioni tristi”; significa riconoscere di essere nati per osare di più, per andare oltre i limiti delle nostre comodità e dei nostri piccoli traguardi, per ricercare e costruire il bene, la verità e la pace sempre e comunque».

Omaggio al patrono del gruppo di ottoni “G. Fantini”. Al termine della Messa, i fedeli sono stati accolti in Piazza Duomo da alcuni pezzi musicali eseguiti dalla loggia centrale del Duomo dal gruppo ottoni “G. Fantini” di Spoleto. Una tradizione che oramai si rinnova da qualche anno grazie alla proficua collaborazione con il Pievano di S. Ponziano don Pier Luigi Morlino.


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