Intervento del rettore Valerio De Cesaris all’inaugurazione dell’a.a. 2024/2025
Aula Magna di Palazzo Gallenga, 12 febbraio 2025
Signor Presidente della Repubblica
care studentesse e cari studenti
onorevoli parlamentari
illustri autorità civili, militari e religiose
magnifiche rettrici e magnifici rettori
gentili ospiti
care e cari dipendenti dell’ateneo
care colleghe e cari colleghi
Festeggiamo i cento anni dell’Università per Stranieri di Perugia in tanti, collegati in streaming in tutte le aule del Palazzo.
La sua presenza, Signor Presidente, ci onora molto. È un riconoscimento importante per questa Istituzione tanto preziosa per la città di Perugia e per la diplomazia culturale italiana, oltre che un segno di attenzione agli studenti, che Lei non fa mai mancare. La ringrazio di cuore, a nome dell’intera comunità accademica.
Ringrazio i ragazzi e le ragazze dell’orchestra del Liceo Classico e Musicale Mariotti di Perugia, diretti dal maestro Francesco Seri. Siamo contenti di avervi qui con noi.
Ringrazio le interpreti LIS che stanno curando la traduzione per chi ci segue in streaming.
Guardiamo al centenario della nostra università non solo con intenti celebrativi, ma soprattutto per comprendere meglio la missione istituzionale alla quale siamo chiamati oggi, alla luce di una storia ormai lunga. Permettetemi di fare innanzitutto qualche cenno storico.
Nel 1938, un anno dopo l’inaugurazione di questa Aula Magna, erano presenti qui nelle aule di Palazzo Gallenga studenti provenienti da 42 diversi paesi. Questo era probabilmente il luogo più internazionale d’Italia. Perugia si apriva al mondo, in anni segnati drammaticamente da chiusure e da nazionalismi aggressivi.
Nello stesso 1938, il rettore Astorre Lupattelli riuscì a ottenere dal governo fascista una deroga alle leggi antisemite che, tra le altre cose, prevedevano l’espulsione degli studenti ebrei dalle scuole e le università: i 23 ebrei stranieri che erano iscritti a questa università poterono continuare i loro studi e l’accesso agli ebrei rimase aperto, unico caso in tutta Italia.
In quel tempo difficilissimo per l’Europa, nelle lettere di alcuni studenti si trova la distinzione tra un mondo attraversato da odi e violenze e “questo piccolo mondo variopinto”, come lo definiva uno studente polacco, che scriveva: “Se quest’istituzione geniale e benefica non avesse altro effetto che contribuire a farci conoscere, comprendere e stimare l’uno con l’altro e perciò farci meno feroci, la sua esistenza sarebbe già sufficientemente giustificabile. Ma oltre questo rispetto per la giustizia essa mira ancora allo scopo di infondere nella mente di ciascuno dei suoi ospiti la stima per la verità e l’amore della bellezza”.
È una testimonianza che ci dice come durante il fascismo, e poi durante la Seconda guerra mondiale, questo luogo rimase uno spazio di incontro e di fratellanza. Fu un luogo in cui si continuò a fare cultura e a studiare insieme tra persone di ogni provenienza, nonostante le contrapposizioni tra gli Stati.
Nell’estate del 1944, dopo la liberazione di Perugia, l’università fu affidata ad Aldo Capitini, filosofo antifascista, che ne fu commissario fino al 1947, traghettandola nell’Italia democratica.
Il 18 luglio 1948 il rettore Carlo Sforza, che era al contempo ministro degli Esteri, pronunciò in quest’aula un discorso storico, dal titolo “Come fare l’Europa?”. Dopo la guerra che aveva distrutto l’Europa, in queste aule s’immaginava un movimento unitivo per superare gli odi nazionalistici.
Nel 1950 la grande educatrice Maria Montessori diresse qui a Palazzo Gallenga il Centro Internazionale di Studi Pedagogici, che fu istituito in questo luogo per il suo carattere unico di apertura al mondo.
Nei decenni successivi, quest’università fu in qualche modo testimone delle politiche internazionali dell’Italia. Qui arrivarono tanti palestinesi, grazie a una politica araba e mediterranea che prevedeva anche borse di studio: ragazzi e ragazze che studiavano qui l’italiano e poi s’iscrivevano alle altre università italiane, spesso nelle facoltà di Medicina. E ricordando i palestinesi che sono passati in queste aule rivolgiamo un pensiero di vicinanza al popolo palestinese.
Care studentesse e cari studenti, quando avete manifestato per il popolo palestinese, da molti non siete stati capiti. A causa dei comportamenti violenti e degli slogan antisemiti di alcuni, si è detto che erano manifestazioni sbagliate. Ma ciò che è sempre sbagliato è l’indifferenza. Vi ringrazio per non essere indifferenti di fronte alle guerre e alle ingiustizie. Questa università è vostra alleata nelle lotte per la pace, per i diritti delle persone, per la libertà di esprimere il proprio dissenso.
In queste aule hanno studiato poi tanti greci, espatriati durante la dittatura dei colonnelli; tanti iraniani, giunti prima e anche dopo la rivoluzione khomeinista del 1979; tanti scandinavi; assieme a persone di ogni nazionalità. Grazie a questa Istituzione, Perugia è diventata una città multietnica e multiculturale molto tempo prima delle altre città italiane.
Non posso ripercorrere ora la storia dell’ateneo, che abbiamo voluto approfondire con un libro pubblicato da Treccani e intitolato “L’Università per Stranieri di Perugia. Storia di un ateneo aperto al mondo”.
Ringrazio inoltre RAI Umbria per il documentario dedicato al nostro centenario, di cui abbiamo visto il trailer. I fatti storici che ho voluto brevemente richiamare sono solo un esempio per dire il valore di questa Istituzione per la città e per la proiezione internazionale dell’Italia.
E va ricordato che nella nostra storia sono stati e sono tutt’oggi importantissimi i docenti di lingua e i collaboratori esperti linguistici (CEL), che ringrazio per la passione che mettono nel loro lavoro.
In anni più recenti, dopo la statalizzazione avvenuta nel 1992 e fino a oggi, accanto ai corsi di lingua e cultura italiana abbiamo sviluppato corsi di laurea e laurea magistrale, dottorati e master, ai quali sono iscritti studenti italiani e studenti internazionali.
Nell’anno accademico scorso abbiamo avuto nei corsi di laurea studenti provenienti da 75 paesi diversi. Nei corsi di lingua italiana studenti da ben 110 paesi. Tra di loro, russi e ucraini. Israeliani e palestinesi. Questo è un luogo di cultura e di incontro in cui accogliamo gli studenti nel rispetto di ogni differenza e nella valorizzazione dei talenti di ciascuno. A dispetto del suo nome, infatti, in questa università nessuno è straniero.
Vorrei aggiungere qualche breve considerazione su un aspetto che è molto rilevante nella missione istituzionale di questo ateneo, ovvero la formazione degli insegnanti di italiano.
Nel corso del mio mandato rettorale ho avuto l’occasione di visitare vari Paesi e ho visto quanto questa Istituzione sia importante per la diffusione della lingua italiana. In Vietnam, oltre la metà dei docenti d’italiano che insegnano nelle due principali università del Paese si è formata da noi. In Cina, il presidente dell’associazione degli italianisti cinesi, prof. Zheng Wen, è un nostro ex studente, come anche molti suoi colleghi. Tanti direttori dei Dipartimenti d’italianistica nel mondo e titolari di cattedre di lingua e letteratura italiana hanno studiato e si sono formati in queste aule. Tanti collaborano con noi per la certificazione delle competenze linguistiche dell’italiano, poiché siamo uno dei quattro enti certificatori ufficiali e dedichiamo tanto impegno su questo fronte con il nostro CVCL (Centro per la Valutazione e le Certificazioni Linguistiche).
Nel mondo l’italiano è tra le lingue più insegnate. È molto richiesto, eppure spesso mancano docenti d’italiano qualificati.
A partire dall’anno accademico 2023-2024 la nostra università ha avviato il programma “ITALYOU – L’Italia nel tuo futuro”, in collaborazione con il MAECI. Si tratta di un programma di borse di studio per frequentare il corso di laurea magistrale ITAS (Italiano per l’insegnamento a stranieri), borse destinate a ragazze e ragazzi africani che vogliono diventare insegnanti d’italiano nei loro Paesi, o che intendono lavorare con le imprese italiane. È un’opportunità preziosa per tanti giovani africani. Ed è anche un modo in cui l’Italia rafforza i rapporti con i paesi di quel continente, attraverso studenti che diventano veri ambasciatori della nostra cultura. Nei primi due anni del programma ITALYOU abbiamo assegnato 75 borse di studio a ragazzi e ragazze di 7 paesi africani.
Vorrei però anche dire che gli studenti internazionali sono una ricchezza di cui il nostro Paese si accorge troppo poco. Negli ultimi anni sono aumentati, anche se sono ancora pochi se si fa il confronto con Germania o Francia. Occorre accompagnarli con più attenzione e con più simpatia nel loro percorso di studi in Italia.
Segnalo in particolare due aspetti, su cui chiediamo di tornare a riflettere.
Il primo riguarda l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale. Aver alzato da 150 a 700 euro il contributo che devono pagare gli studenti internazionali, complica loro la vita. Soprattutto ai borsisti, che hanno pochi mezzi economici e studiano in Italia grazie ai sacrifici delle loro famiglie. Abbassare quel contributo sarebbe un segnale concreto di attenzione agli studenti internazionali.
Il secondo aspetto riguarda i visti. Non concedere il visto per studio a chi ha parenti in Italia, come talvolta accade perché lo si considera un elemento sintomatico di “rischio migratorio”, è qualcosa che andrebbe ripensato. Infatti, avere familiari vicini a sé è un grande aiuto per chi viene a studiare in Italia dall’estero. Vista la grave carenza di manodopera altamente qualificata, le richieste di visti di studio da parte di giovani diplomati che hanno già in Italia un loro familiare dovrebbero essere valutate con speciale favore dai nostri consolati. Una direttiva espressa in tal senso aiuterebbe l’Italia ad avere successo nel formare competenze e metterle a servizio del nostro Paese.
Da questo particolare osservatorio che è l’Università per Stranieri, vediamo bene quanto gli studenti internazionali siano una ricchezza. Sosteniamoli di più. È l’appello che rivolgiamo agli esponenti della politica.
La nostra università ha inoltre un ruolo sociale nel territorio, come tutte le università devono avere. Tra le molte cose realizzate, mi fa piacere ricordare le borse di studio che abbiamo assegnato a rifugiati e a richiedenti protezione internazionale per frequentare gratuitamente i corsi di lingua italiana. Negli ultimi tre anni ne abbiamo erogate 404. Abbiamo iniziato con gli afgani, che sono arrivati in Italia e in Umbria dopo essere fuggiti a causa del ritorno dei talebani al potere nell’agosto del 2021; abbiamo continuato con le tante donne ucraine fuggite con i loro figli dopo l’invasione russa del febbraio 2022; abbiamo dato borse di studio a siriani e a tanti altri.
Quanta sofferenza abbiamo visto in queste persone. Ma anche quanta attesa, quanta speranza di poter costruire in Italia un futuro dignitoso.
Dare loro borse di studio per imparare l’italiano è un modo per aiutarli a inserirsi nel nostro paese, ma è anche un modo per aiutare il nostro territorio, perché la coesione sociale passa molto per l’integrazione dei migranti.
Lei Signor Presidente lo ha ricordato nel suo messaggio di fine anno: “È fondamentale creare percorsi di integrazione e di reciproca comprensione perché anche da questo dipende il futuro delle nostre società”.
Sento di poter dire che l’Università per Stranieri di Perugia continuerà a dare il suo contributo in questo campo, attraverso i corsi di lingua italiana e attraverso la collaborazione con le scuole e le Istituzioni del territorio.
Mi avvio alla conclusione. Nel mondo dell’università si affacciano, non da oggi, logiche quantitative, se non aziendalistiche. Sappiamo però che il senso profondo dell’università è nell’essere comunità di studenti e docenti – e personale amministrativo che aiuta gli studenti. Una comunità in cui siano condivisi percorsi di crescita culturale e umana. L’università ha senso per la ricerca e i suoi risultati, indispensabili al Paese. Ha senso per il territorio in cui insiste, per le attività culturali e di valore sociale aperte alla cittadinanza. Sono aspetti fondanti, che non si possono misurare in termini di performance. Per preservarli, è indispensabile che l’università resti libera e indipendente da ogni condizionamento ideologico, confessionale ed economico.
Avendo come faro la Costituzione Italiana, lo Statuto dell’Università per Stranieri di Perugia, accanto al diritto allo studio e alla libertà di ricerca e di insegnamento, indica come valori di riferimento i diritti umani, l’inclusione, l’accoglienza, la solidarietà internazionale e la salvaguardia dell’ambiente.
Per dare concretezza a tali principi, abbiamo adottato in questi anni misure per l’equità di genere, la lotta agli stereotipi, la cura degli spazi dell’ateneo attraverso politiche di sostenibilità. Ringrazio i docenti, gli amministrativi e i rappresentanti degli studenti che lavorano con passione su questi temi.
Nel ringraziare infine il direttore generale, dott. Giuliano De Stefani, e tutto il personale tecnico e amministrativo che ha contribuito all’organizzazione di questa cerimonia – e che lavora quotidianamente con impegno e professionalità –, nel ringraziare ancora tutti voi per la vostra presenza qui oggi, desidero rivolgere un augurio agli studenti e alle studentesse: che questo anno accademico sia per voi un anno straordinario, di crescita e di confronto, di studio e di apprendimento, un anno in cui coltivare la vostra curiosità intellettuale. Vivetelo insieme, sostenendovi a vicenda e dialogando sempre con i vostri professori. Vivete pienamente il senso di essere comunità universitaria e vedrete che il tempo dell’università sarà un tempo davvero prezioso per la vostra vita.
Buon anno accademico a tutti!