(UNWEB) Peerugias - Anche la Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve esprime soddisfazione per la firma del “Protocollo d’intesa” tra lo Stato, la Chiesa e la Comunità di Sant’Egidio, avvenuta a Roma il 12 gennaio, per l’apertura di nuovi “corridoi umanitari” che permetteranno l’arrivo in Italia, nei prossimi mesi, di 500 profughi eritrei, somali e sud-sudanesi, fuggiti dai loro Paesi per i conflitti in corso, che vivono da anni nei campi profughi in Etiopia. Si tratta di consentire un ingresso legale e sicuro in Italia a donne, uomini e bambini in condizione di grande precarietà materiale ed esistenziale. Se questi “corridoi” venissero adottati da altri Paesi europei, si andrebbe a contrastare significativamente i trafficanti di esseri umani e a ridurre il numero dei morti nel Mediterraneo.
Questo progetto coinvolge i Ministeri dell’Interno e degli Esteri, la Cei, che agirà attraverso la Caritas italiana e la Fondazione Migrantes, e la Comunità di Sant’Egidio, promotrice già del progetto dei “corridoi umanitari” in Medio Oriente insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e alla Tavola valdese. Per la sua realizzazione se ne fa interamente carico la Cei grazie ai Fondi dell’Otto per Mille, senza alcun onere per lo Stato, accompagnando i beneficiari, attraverso gli organismi pastorali (Caritas e Migrantes), ad un adeguato processo di integrazione-inclusione nella società italiana.
«Insieme ad altre Diocesi di dodici regioni – commenta il diacono Giancarlo Pecetti, direttore della Caritas perugina –, siamo stati “antesignani” di questo protocollo, perché, fin dall’avvio del progetto dei “corridoi umanitari” della Sant’Egidio (estate 2016), abbiamo colto la possibilità di una “buona accoglienza”, perché integrata e fatta propria da parrocchie e Unità pastorali. Un’esperienza vissuta dalla Chiesa locale come una “adozione” delle famiglie profughe nel farsi carico dei loro bisogni e accompagnandole (come prevede il protocollo d’intesa) nell’apprendimento della lingua italiana e nell’inserimento del mondo del lavoro. Di fatto queste famiglie vengono sostenute nella loro completa integrazione nella società civile e religiosa che le accoglie».
«Abbiamo avuto – spiega il direttore della Caritas perugina – un riscontro più che positivo dell’accoglienza avviata da più di un mese di una famiglia siro cattolica di Damasco (padre, madre e due bambini di 5 e 10 anni). Questa famiglia è attualmente ospitata nella Casa parrocchiale della chiesa di Santa Maria di Colle a Perugia, nella Prima Zona pastorale dell’Archidiocesi. Ciò che più conta è di aver trovato molti cristiani che desiderano far sentire la vicinanza di una Chiesa amorevole e accogliente. Il “ritorno” sarà molto più grande di ciò che ciascuno potrà dare. Quel che conta è che la Chiesa avrà mostrato il suo volto migliore: le braccia aperte di Cristo spalancate per tutta l’umanità sofferente».
In concreto come le comunità parrocchiali possono far loro il progetto dei “corridoi umanitari”? «La Caritas diocesana si sta attivando nel promuovere incontri zonali per illustrare questo progetto (il prossimo si terrà a febbraio e con probabilità nella Seconda Zona pastorale: Ferro di Cavallo-San Sisto-Castel del Piano-San Mariano-Corciano-Mantignana). E’ un’occasione per sensibilizzare all’accoglienza anche di una sola famiglia, oltre a far compartecipe la comunità ecclesiale locale con propri gesti di carità. Come? Ad esempio versare liberamente dei contributi economici in un conto corrente riservato alle spese quotidiane della famiglia e dando disponibilità gratuita ad essa per l’insegnamento della lingua italiana e sostenendola nella ricerca di una attività lavorativa affinché si renda autonoma e autosufficiente». Per la famiglia siro cattolica ospitata a Santa Maria di Colle un privato ha già dato disponibilità ad una prossima assunzione, dopo che la famiglia ha espletato le formalità burocratiche necessarie».