DSC 0116 Il pensiero dell’arcivescovo Boccardo alle tante “processioni” che ogni giorno la gente vive: la malattia, la mancanza di lavoro, le famiglie disgregate, la privazione della libertà, la ricerca della fortuna lontano dalla propria terra.

(UMWEB) Spoleto. Giovedì 20 giugno 2019 a Spoleto è stata celebrata a livello diocesano la solennità del Corpus Domini. Alle 21.00 nella Basilica Cattedrale l’arcivescovo Renato Boccardo ha celebrato la Messa e, al termine, ha presieduto la processione con Gesù Eucaristia fino alla Basilica di S. Gregorio. Molti i fedeli presenti, diversi i sacerdoti. La liturgia è stata animata nel canto dalla Cappella Musicale del Duomo e dal coro della Pievania di Santa Maria diretti dal maestro Francesco Corrias.

Il Corpus Domini (Corpo del Signore), è sicuramente una delle solennità più sentite a livello popolare. Vuoi per il suo significato, che richiama la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, vuoi per lo stile della celebrazione. L’estensione della solennità a tutta la Chiesa va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. È dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nella diocesi di Orvieto-Todi. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).

Nell’omelia mons. Boccardo ha detto che «la liturgia di oggi ha il carattere di ripensamento, di memoria, perché vuole onorare in modo speciale quel mistero dell’Eucaristia che viene già celebrato nel cuore della Settimana Santa, precisamente nella messa nella cena del Signore del giovedì santo. L’Eucaristia è, infatti, un mistero così grande (sintesi di tutti i misteri) che merita di essere continuamente approfondito... Mentre ci richiama il passato (la cena, la morte di Gesù in croce e la sua risurrezione), mentre è espressione della presente vicinanza di Dio alla Chiesa pellegrina in mezzo alle oscurità della storia, apre anche uno squarcio di luce verso il futuro eterno. E noi, che ora celebriamo l'Eucaristia, possiamo dire: quel Gesù che è qui nell'Eucaristia è lo stesso che sta alla destra del Padre e noi, nutrendoci di lui, ci sentiamo già alla destra del Padre, già vittoriosi; la vittoria definitiva, mediante questo pane di alleanza, è già in noi. Lo affermeremo tra poco cantando». «Dopo aver celebrato e ricevuto Gesù nei segni del pane consacrato – ha proseguito l’Arcivescovo - i cristiani lo presentano al mondo come l’unico vero messaggio che devono annunciare, l’unica autentica ricchezza che devono condividere». È il significato della processione che è seguita alla Messa nelle strade della città di Spoleto, fino alla Basilica di S. Gregorio. «L’andare per le strade a portare Cristo – ha detto ancora il Presule - ci conduce necessariamente ad un altro movimento: quello che ci spinge ad andare per le strade “per vedere Cristo”. Esiste infatti una duplice modalità di presenza del Signore risorto alla sua Chiesa: se Egli ci ha lasciato sotto il velo del pane eucaristico la sua presenza reale, ci ha lasciato nel volto del fratello la sua immagine più nitida: “Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25, 40). È la nuova modalità di “processione” che nasce da questa celebrazione e si prolunga nel tempo: andare a vedere Gesù (e amarlo e servirlo) nei fratelli, specialmente in quelli segnati dalla sofferenza e dal bisogno».

E qui il pensiero di mons. Boccardo è andato alle tante processioni che le persone sono chiamate a compiere ogni giorno: «in casa (e penso al coniuge, ai figli, ai membri della famiglia anziani e ammalati); processioni sul luogo di lavoro (e penso a chi è in difficoltà a causa della perdita del lavoro o della cassa integrazione); processioni a scuola ( e penso ai fanciulli e ai giovani soli o con una famiglia disgregata, a quelli la cui educazione alla vita e all’amore è minacciata da una ideologia perniciosa che pretende di innalzare a legge universale il capriccio di qualcuno); processioni nei luoghi della sofferenza e del bisogno (e penso ai cristiani perseguitati e uccisi a causa della loro fede; penso agli ospedali, alle carceri, alle case di riposo, ai centri di accoglienza dei profughi e dei migranti, alle diverse e benemerite istituzioni di solidarietà ecclesiali e civili)... E ognuno può personalmente ritrovare ed elaborare itinerari e definire mete che lo conducano a vedere il Signore nella carne dei fratelli. Perché se la celebrazione dell’Eucaristia non genera la missione, e se la missione non si esplicita in un atteggiamento concreto di carità e di misericordia il nostro “fare memoria” della morte e resurrezione di Gesù diventa un mero esercizio intellettuale, sterile in sé e destinato ad essere insignificante».


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