DSC 0105Una pubblicazione con prefazione del card. Gualtiero Bassetti racchiude questi dieci anni di episcopato

(UNWEB) Spoleto. «Progressivamente - e specialmente dopo la morte della mia mamma - voi siete diventati la mia famiglia, presso la quale ho desiderio di fare ritorno ogni qualvolta sono lontano. Così, giorno dopo giorno, voi siete diventati “miei” e, di riflesso, io spero di essere diventato anche un po’ “vostro”». È questo uno dei passaggi dell’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ha pronunciato domenica 13 ottobre 2019 nel Duomo di Spoleto a conclusione dell’Assemblea diocesana che ha avviato ufficialmente l’anno pastorale 2019-2020, nel decimo anniversario dell’ingresso di mons. Boccardo in questa Chiesa particolare.

Tanti i fedeli che sono giunti in Cattedrale da ogni angolo della Diocesi per ascoltare l’intervento di suor Roberta Vinerba, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, sul tema dell’Assemblea “Discepoli di Gesù, nella chiesa per il mondo”. Al termine un breve video ha riassunto i dieci anni di presenza di mons. Boccardo nella Chiesa di Spoleto-Norcia. Poi, la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal Presule e concelebrata dai sacerdoti, diocesani e religiosi, dell’Archidiocesi. Ha animato la corale diocesana diretta da Alessandra Natalini. Presenti i sindaci di Spoleto Umberto de Augustinis, di Norcia Nicola Alemanno, di Castel Ritaldi Elisa Sabbatini e altre autorità civili. Lungo la navata centrale erano stati sistemati gli stendardi dei Santi della Diocesi. Sul presbiterio le reliquie di S. Ponziano, S. Benedetto e la Santissima Icone. All’inizio della celebrazione il vicario generale mons. Luigi Piccioli ha salutato l’Arcivescovo a nome dell’intera Chiesa e gli ha donato una croce pettorale a nome di tutti i presbiteri e i fedeli.

Mons. Boccardo ha ricordato la calorosa accoglienza di dieci anni fa: «Ripensandoci, ancora mi commuovo e anch’io lodo Dio a gran voce e mi prostro davanti a Gesù per ringraziarlo. È il sentimento che mi abita prepotente questa sera e che - lasciando da parte per una volta la connaturale riservatezza piemontese - vorrei provare a condividere con voi. Giunto qui, per me tutto era nuovo; ho dunque iniziato un lungo e quasi quotidiano pellegrinare sulle nostre strade, che ancora non si è concluso. Ed ho scoperto la grande tradizione di vita cristiana e di santità che rende bella e ricca la nostra diocesi; l’impegno costante nella donazione gratuita e nel sacrificio silenzioso di tanti uomini e donne nella vita famigliare e professionale e sociale; il servizio prezioso degli operatori pastorali, dei catechisti, dei ministri straordinari dell’Eucaristia, dei volontari della Caritas, della pastorale famigliare e giovanile, dei tanti che in mille modi diversi donano tempo e cuore per il bene dei fratelli, dentro e fuori la comunità cristiana».

Incontro ad un’umanità ferita. «Ho avuto modo – ha detto ancora il Presule - di accostare tante sofferenze, fisiche e morali, pubbliche e segrete - come non ricordare la tragedia del terremoto, con le sue conseguenze ancora ben presenti -, e di versare sulle piaghe di questa umanità ferita, grazie al concorso di molti, l’olio della consolazione e il vino della speranza. Ed ho raccolto tante confidenze, desideri, progetti, attese, delusioni e fallimenti che la fiducia delle persone ha voluto deporre nel cuore del vescovo».

I preti, saggi collaboratori dell’ordine episcopale. «Lungo queste strade, sempre presenti con generosità e discrezione, ho incontrato i miei fratelli preti, dai quali ho imparato la concretezza del ministero, la passione apostolica, la fantasia nella missione, la vicinanza e la condivisione della vita della gente».

Poi, una confidenza del Vescovo alla “sua gente”: «Ogni sera, a fine giornata, dal balconcino del primo piano del palazzo vescovile, quello che si affaccia sulla bellissima valle spoletana, traccio un segno di croce per invocare la benedizione di Dio su ogni casa e su ogni abitante della diocesi: non ho e non posso darvi altro (cf At 3, 6), ma vorrei che leggeste in questo gesto benedicente un segno e il pegno d’amore da parte del vostro vescovo. Perché, lo sapete, anche un vescovo esperimenta le fatiche, la delusione, il fallimento, la solitudine. Specialmente in quei momenti, la certezza di essere come avvolto e portato dalla preghiera della Chiesa diventata “mia” mi ha permesso di guardare in alto e di ricominciare sempre di nuovo, nella fiducia e nella speranza».

Continuare il cammino con lena rinnovata. «Ci aspetta il consolidamento delle Pievanie con i diversi progetti pastorali da mettere in atto, ci sollecitano i bisogni morali e materiali dei nostri contemporanei, ci attende una testimonianza convinta e credibile del Signore Gesù, il solo che può dare senso e pienezza alla vita dell’uomo. Una pastorale “di conservazione” deve trasformarsi in una pastorale “di missione”, affinché la gioia della Buona Novella sia da tutti conosciuta, esperimentata e amata. Un solo programma dunque ci consegniamo reciprocamente questa sera: il Vangelo del Signore, come regola di vita e bussola di comportamento, da declinare nei pensieri e nelle azioni, per ridare slancio e vigore alle nostre comunità parrocchiali, per farle diventare sempre più luoghi di autentica umanità e fraternità, capaci di generare veri discepoli di Gesù, nella Chiesa, per il mondo».

Al termine della Messa a tutti i presenti è stata consegnata una pubblicazione che raccoglie testi e foto dei dieci anni di presenza dell’Arcivescovo, con prefazione del cardinale Gualtiero Bassetti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana. La serata si è conclusa con una cena fraterna nel cortile del Palazzo Arcivescovile curata da “Il Cavaliere” e animata dai cantori di Cannaiola di Trevi.


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