Lo scorso 20 giugno, nella cattedrale di San Lorenzo in Perugia, sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e fedeli dell’Archidiocesi si sono ritrovati numerosi attorno al ventiseienne don Lorenzo Perri, ordinato presbitero dal cardinale Gualtiero Bassetti; concelebranti il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti e l’arcivescovo emerito mons.
Giuseppe Chiaretti. Con don Lorenzo i sacerdoti perugino-pievesi sono 112 e la Chiesa diocesana sta vivendo una “primavera di vocazioni” con i suoi 20 seminaristi che studiano presso il Pontificio Seminario Regionale Umbro “Pio XI”, dei quali tre il prossimo 12 settembre, a conclusione dell’Assemblea diocesana, saranno ordinati diaconi avvicinandosi al presbiterato.
Don Lorenzo Perri, che domenica 21 giugno ha celebrato la sua prima messa nella chiesa parrocchiale di Santo Spirito, dove ricevette il sacramento del Battesimo dall’attuale parroco mons. Saulo Scarabattoli, pochi giorni prima della sua ordinazione ha scritto al cardinale Bassetti una «breve, concisa, essenziale lettera», come lo stesso porporato l’ha definita nel leggere la parte finale durante l’omelia, accogliendola come «una provocazione così positiva e forte».
«Mi affido alla sua custodia – ha scritto il futuro sacerdote –, sapendo di non vantare l’applauso di molti, ma rassicurato dalla certezza che la mia vita sia cara ai suoi occhi, tanto e quanto essa è cara agli occhi di Dio». Al riguardo il cardinale ha parlato di «esame di coscienza per un vescovo» e di un «richiamo ad una paternità profonda e sincera». Ed ha aggiunto: «Mi sono chiesto: la vita dei miei preti, dei miei seminaristi, dei consacrati, dei diaconi, delle famiglie, di tutto il popolo di Dio che mi è stato affidato, “è davvero cara ai miei occhi tanto e quanto è cara agli occhi di Dio?”. Il brano della Lettera ai corinzi (letto durante la celebrazione, n.d.r.) ci viene incontro e dà senso a tutto ciò che sta per compiersi in te Lorenzo, nella nostra Chiesa diocesana e in tutta la Chiesa».
«Noi uomini siamo e riposiamo nelle “mani di Dio”...
L’importante è aver preso Gesù sulla nostra barca»
E poi la profonda riflessione del porporato sull’«ordinazione di un presbitero», che «è di fatto un’indicibile Pentecoste. L’amore di Cristo ci possiede. Lui è morto per noi e noi viviamo per Lui, risorto. Perciò chi è in Cristo è una nuova creatura: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove... Noi uomini siamo e riposiamo nelle “mani di Dio”. E’ una verità che avrebbero dovuto credere gli Apostoli nell’attraversare il lago, che, pur avendo Gesù sulla barca, ebbero paura di affondare. Una verità in cui dobbiamo credere tutti, soprattutto nelle prove e nei momenti difficili. E Dio che è padre non lascerà cadere il proprio figliolo! Diceva giustamente santa Teresa d’Avila: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa solo Dio non cambia”. Eppure, ci dice Gesù, “perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Non siamo soli sulla barca, anche se nel mare c’è tempesta. Talvolta sembra che Dio dorma nella nostra vita. Talvolta ci sembra di essere soli nella lotta contro il male; ma attorno a noi non c’è il vuoto. Le mani di Dio sono più sicure delle nostre. Diceva san Giovanni XXIII: “Il Signore sa che ci sono e questo mi basta”. L’importante è aver preso Gesù sulla nostra barca: si tratti della barca della vita, della barca della Chiesa. Oggi, purtroppo, Gesù è escluso da troppe barche, dal cuore di troppe persone, di troppe famiglie».
Occorre avere «il cuore di Cristo!»
«E noi per avere questo cuore – ha evidenziato il porporato – dobbiamo essere liberi dalle passioni di ogni tipo e soprattutto da quella terribile del “possesso”, che fa l’avarizia e il rinchiudersi in sé, ragione fondamentale di tanti fallimenti sacerdotali e della loro non credibilità. Liberi sempre, caro Lorenzo, per essere servi di misericordia, con un cuore libero, che si senta “donato” e aperto al dono.
La missione sacerdotale è quella di «unire»
Il cardinale Bassetti, avviandosi alla conclusione dell’omelia, ha ricordato a don Lorenzo che «la missione del prete è la più pacificante e la più gioiosa» e che «possa tu portare nella nostra Chiesa diocesana la speranza di una maggiore comunione fra noi e di un più profondo senso della comunità, per farti anche comunione di questo mondo diviso, di disperazione e di morte. E’ missione sacerdotale unire: essere corde di congiungimento come diceva san Giovanni Crisostomo».