Card G. Bassetti(ASI) Perugia. Il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, nel numero del giorno di Pasqua de «L’Osservatore Romano» (consultabile dal 26 marzo sul sito: www.osservatoreromano.va), dedica il suo editoriale dal titolo “Un’occasione irripetibile per passare dalle parole ai fatti” alla sempre più drammatica situazione dei rifugiati ammassati alle porte d’Europa.

Ricordando Giorgio La Pira, «che aveva riscoperto la fede proprio nella notte di Pasqua del 1924», il porporato si sofferma su «le “pene e le gioie” a cui faceva riferimento La Pira», che «sono oggi simbolicamente racchiuse in questo giorno di Pasqua. Gioia immensa per il Risorto e dolore inesprimibile per uno dei fenomeni più drammatici e complessi della modernità – evidenzia Bassetti –: quello dei rifugiati, degli sfollati e dei richiedenti asilo. Drammatico per le durissime condizioni di vita di quei circa 60 milioni di uomini e donne in fuga dalla propria casa; complesso perché si scontra con un sentimento profondo dell’animo umano: la paura. La paura del diverso, dello straniero, del migrante. “La croce di Cristo - ha detto ieri Francesco durante la Via crucis - la vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate”».

«I campi dei rifugiati sembrano rappresentare, dunque, l’emblema doloroso di una Pasqua incompiuta – prosegue il cardinale –. La strada del calvario sembra non essere ancora finita... Le notizie che arrivano dai campi dei rifugiati in Grecia, da Lesbo o da Idomeni, sono spaventose. Una distesa di fango e disperazione ai margini dell’Europa. Una distesa di miseria e dolore in bilico tra l’indifferenza e molte parole al vento. Tuttavia Papa Francesco, prima di lavare i piedi ai profughi del Cara di Castelnuovo di Porto, ha detto che “i gesti parlano più delle immagini e delle parole”. Ecco, la Pasqua ci invita a “passare” dalle parole ai fatti. Ci esorta a prendere cura degli ultimi. Ci invita ad agire. Soprattutto per un’Europa che sembra sempre più in difficoltà, stretta tra una crisi economica infinita e una profonda crisi di valori. Paolo VI, in tempi non sospetti, ci invitava a riscoprirne l’anima. San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ci esortavano a riconoscerne le radici».

Il porporato perugino, avviandosi alla conclusione, formula tre interrogativi per contribuire a passare dalle parole ai fatti. «Quale miglior momento di questo per costruire concretamente un’Europa diversa, solidale e più umana? Quale migliore momento per dare un significato forte al volontariato internazionale? Quale migliore momento per le popolazioni europee - ma non solo per loro - di andare in soccorso verso chi è sofferente nei campi dei rifugiati e riscoprire, in questo modo, anche l’anima profonda e l’identità dell’Europa?».


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