Il cardinale Bassetti ha presieduto il rito della chiusura della Porta Santa della cattedrale al termine della celebrazione eucaristica alla presenza di numerosi fedeli.
Di seguito il testo integrale dell’omelia del porporato dai contenuti anche sociali «Sorgerà un sole di giustizia e un mondo nuovo»
“Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”(Lc 21,28).
Fratelli e Sorelle, il versetto dell’Alleluia, che abbiamo ascoltato, bene descrive il senso della Parola di Dio di questa penultima domenica dell’Anno Liturgico, quando siamo invitati a riflettere sulla fine di “questo” mondo e l’instaurarsi del Regno di Dio.
Il profeta Malachìa prefigura i diversi destini degli uomini: i superbi, quelli pieni di sé, che hanno spadroneggiato in questo mondo, svaniranno come la paglia sul fuoco; per gli umili, invece, per quelli che hanno vissuto nel timore del Signore, sorgerà un sole di giustizia e un mondo nuovo. L’apostolo Paolo, d’altra parte, esorta i cristiani di Tessalonica a vivere del proprio lavoro e a comportarsi onestamente in questo mondo per attendere con fiducia quello futuro.
Ma è l’evangelista Luca, con la sua “piccola apocalisse”, che ci trasmette l’insegnamento di Gesù sui quei giorni ultimi e terribili, ma anche pieni di speranza per chi ha seguito la via del bene. Nell’immagine del Tempio di Gerusalemme che crolla inesorabilmente, trascinando nella rovina le belle pietre e gli ornamenti d’oro, è descritta la fine di un’epoca, ma non la fine di tutto.
Poi diceva loro: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo”. Com’è vero tutto questo! Anche la nostra generazione è stata testimone di tutte queste cose: guerre, rivolgimenti politici, violenze, fame, distruzioni... Ma la speranza non è mai venuta meno nei nostri cuori; ed è sempre vivo in noi il desiderio di un mondo migliore, fino a giungere a quei “cieli nuovi e terra nuova” che il Signore verrà ad inaugurare.
In mezzo a questa umanità, che consuma i secoli tra affanni e baldorie, sta la vita e la testimonianza dei fedeli di Gesù Cristo. Una testimonianza a volte pagata con il prezzo del sangue, ancora ai nostri giorni, non lontano da noi. Pagata con il dileggio e l’emarginazione, in molti luoghi della terra. Ma in questo lungo tempo di attesa il Signore è stato vicino alla sua Chiesa, ai suoi fedeli, infondendo coraggio e speranza, perché con la “perseveranza” molti possano salvare la loro vita e quella dei fratelli.
La misericordia di Dio non è un’idea astratta...
Carissimi, si conclude in questi giorni – oggi nelle diocesi, domenica prossima a Roma – il Giubileo straordinario della Misericordia, voluto da Papa Francesco, per far comprendere sempre di più agli uomini che “la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio” (MV 6).
È stato un anno carico di eventi significativi, di tragedie umane, ma anche di tanti segni di solidarietà e di amore. “L’Anno Santo – ci ha ricordato oggi il Papa – ci ha sollecitati, da una parte, a tenere fisso lo sguardo verso il compimento del Regno di Dio e, dall’altra, a costruire il futuro su questa terra, lavorando per evangelizzare il presente, così da farne un tempo di salvezza per tutti”.
Quello trascorso, Carissimi, è stato un tempo formidabile sul piano della grazia, i cui esiti sono noti soltanto a Dio e, in qualche misura, ai confessori, che nei mesi scorsi, nei nostri santuari, hanno visto avvicinarsi molti fedeli al sacramento della riconciliazione. Sul piano della partecipazione del popolo cristiano lungo le vie di pellegrinaggio, come segno di una volontà di penitenza e di conversione, abbiamo visto tanti fedeli confluire qui nella chiesa cattedrale, ma anche nei grandi e piccoli santuari umbri, dove da secoli si annuncia la buona novella della misericordia del Signore. Come non ricordare poi il grande pellegrinaggio regionale a Roma, il 22 ottobre scorso, con 7.500 partecipanti in occasione del quale il Santo Padre ci ha esortati tutti a testimoniare l’amore di Dio “verso i fratelli, particolarmente agli esclusi e ai lontani”!
La comunità cristiana s’è sollevata da certa stanchezza... si è aperta alla solidarietà e all’accoglienza... L’esperienza terribile del terremoto.
Anch’io, come tanti sacerdoti, sono testimone dei “miracoli” della grazia divina, di una sua abbondante effusione a vantaggio del corpo di Cristo che è la Chiesa: e ne lodo e ne ringrazio Dio. Al di là delle tante manifestazioni, so che la comunità cristiana, almeno nella sua parte più sensibile, s’è sollevata da certa stanchezza, ha riscoperto la vita di grazia e si è aperta alla solidarietà e all’accoglienza: prima con l’arrivo dei profughi, poi con la venuta degli sfollati da Norcia. La nostra gente umbra non ha mai alzato barricate o muri contro nessuno.
L’esperienza terribile del terremoto, proprio nel cuore del Giubileo, ha messo a prova la serietà della nostra conversione verso gli altri, verso coloro che hanno perso tutto e non hanno più nulla per vivere. E devo affermare, con senso di grande consolazione e di lode al Signore, con quanta generosità e apertura di cuore stanno rispondendo le nostre parrocchie e i nostri gruppi ecclesiali alle emergenze di questi mesi. È il segno che l’amore di Dio che abbiamo sperimentato nel Giubileo è maturato in noi e sta portando frutto. Anche un nostro sacerdote vive da quasi un mese in una tenda con i terremotati ad Amatrice, come pure un coppia di sposi novelli ha dato disponibilità in tal senso. Ed io domenica scorsa li ho benedetti nella loro comunità.
È da queste esperienze di amore concreto che può nascere e svilupparsi quel senso forte di comunità e di Chiesa... che passa per gli snodi della famiglia, dei giovani e dei poveri.
È da queste esperienze di amore concreto che può nascere e svilupparsi quel senso forte di comunità e di Chiesa che ci rende capaci di affrontare le sfide degli anni a venire. Non dobbiamo formulare programmi particolari, perché la via del nostro cammino di Chiesa è segnata già da tempo, ed è la via della nuova evangelizzazione, che passa per gli snodi della famiglia, dei giovani e dei poveri, sollecitando la corresponsabilità ecclesiale di tutti. La Visita pastorale che sto portando avanti da alcuni anni con la collaborazione validissima e intelligente del nostro vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti, consentirà di fare il punto sulla situazione, ma anche di rilanciare tante virtù nascoste del popolo cristiano, cui è tempo di chiedere la trasparenza della propria identità e di viverla senza paura, dinanzi ad un mondo disposto a credere più ai “testimoni che ai maestri”.
Guardiamo con fiducia al Dio della misericordia, con la certezza che «la carità non avrà mai fine»
Fratelli e figli carissimi, al termine della messa, chiuderò la Porta Santa, simbolo di questo Anno straordinario, con l’incrollabile certezza che il Signore non chiude mai la porta del suo cuore, perché Egli attende ciascuno di noi con amore infinito. E noi, da parte nostra, come ci ha ricordato Papa Francesco questa mattina, non dobbiamo chiudere gli occhi dinanzi alle sofferenza dei fratelli. “Chiediamo la grazia di non chiudere gli occhi davanti a Dio che ci guarda e dinanzi al prossimo che ci interpella. Apriamo gli occhi a Dio, purificando la vista del cuore dalle rappresentazioni ingannevoli e paurose, dal dio della potenza e dei castighi, proiezione della superbia e del timore umani. Guardiamo con fiducia al Dio della misericordia, con la certezza che «la carità non avrà mai fine» (1 Cor 13,8). Amen!