(UNWEB) Magione. Altra anteprima nazionale nei teatri dell’Umbria, questa volta al Mengoni di Magione, giovedì 25 gennaio alle 21, debutta LA SIGNORA DELLE CAMELIE. Protagonisti del capolavoro di Dumas, Marianella Bargilli, Ruben Rigillo, Silvia Siravo e Carlo Greco, diretti da Matteo Tarasco.
“Mettere in scena La Signora delle Camelie - dice il regista - vuole essere un tentativo di riacquistare, attraverso la fascinazione del palcoscenico, i valori della parola poetica, che crediamo oggi debba imporsi su altri linguaggi che dicono e spiegano, ma non insegnano il senso.
Mettere in scena La Signora delle Camelie significa essere appassionati. Ma dobbiamo anche ricordare che le parole bruciano, che le parole si fanno carne mentre noi parliamo e quindi anche parlare, anche raccontare una storia è un gesto fisico. Oggi la lingua non è più del cuore, come diceva Paracelso, ma della mente.
La Signora delle Camelie è una storia cupa e disperata, che oscilla pericolosamente nell’incerto territorio in cui danzano avvinghiati Eros e Thanatos. È una storia assoluta, spietata, estrema, senza margini di riscatto, senza limiti.
Attraverso l’azione drammatica del cerchio fatale della Nemesi, che avvinghia ineludibilmente i personaggi della storia, s’intravede un altro indissolubile legame, quello economico, che costringe i personaggi a condividere un unico spazio vitale. Davanti al minimo segno di benessere materiale, l’essere umano è pronto a tutto, in questo mondo il denaro trasforma la fedeltà in infedeltà, l’amore in odio, la virtù in vizio, il vizio in virtù, il servo in padrone, l’insensatezza in giudizio e il giudizio in insensatezza. Poiché il denaro, in quanto valore astratto, mescola e scambia tutte le cose, il denaro è in generale una mescolanza.
In questa storia ci sono soltanto colpevoli e ognuno porta con sé la propria condanna, in un mondo che costringe le persone a rapporti mostruosi e selvaggi, li condanna a vivere nel circolo vizioso di viltà e vigliaccheria. Bestie umane si agitano sulla scena del mondo borghese.
Il sentimento stilistico della regia incarna l’infausta fissità delle maschere tragiche e la minuta quotidianità della vita quotidiana di tardo ottocento. Questo conflitto tre grandiose passioni e l’implacabilità del destino deve essere mostrato con la chiarezza e la severità compositiva di una fotografia ingiallita di Eugène Atget; con la radicalità espressionista di un autoritratto di Edward Munch; con la tendenza all’unità emozionale di un’opera di Verdi.
“Bisognerebbe poter mostrare i quadri che sono sotto i q