(UNWEB) Gioacchino Rossini, l’uomo che visse due volte. Era nato – almeno per l’anagrafe - a Pesaro nel 1792, in un giorno che già di per sé prometteva straordinarietà: il 29 Febbraio. Ma, al di là dei registri, Rossini era nato alla Musica, da genitori entrambi a vario titolo musicisti, e cresciuto, sempre accompagnato dalla Musica, negli innumerevoli spostamenti di città in città cui la famiglia era costretta per sfuggire alle prigioni del restaurato Stato Pontificio che attendevano il bollente spirito rivoluzionario e napoleonico del Vivazza, padre di Gioacchino.
Riparato dunque a Bologna, il giovanissimo Gioacchino si appassionò tanto allo studio del contrappunto e dei modelli del Classicismo viennese, da iniziare subito a scrivere egli stesso Opere liriche. Era solo un adolescente, ma da quel momento la sua vena creativa non si fermo più, e in appena vent’anni di attività Rossini aveva dato alle stampe ben trentanove capolavori per il Teatro d’Opera, moltissimi dei quali ancora oggi presenti nei cartelloni dei Teatri di tutto il mondo.
Un successo strepitoso, fulmineo ed incontrastato che portò immediatamente molte sue Opere ad essere felicemente replicate e veicolate anche nelle case private attraverso gli arrangiamenti cameristici in voga all’epoca; un successo che lo portò ad essere presto un personaggio pubblico, con tutto quanto la visibilità comporta, compreso il clamoroso – e motivato a quanto sembra da ragioni di antipatie politiche – insuccesso del Barbiere di Siviglia a Roma, nel 1816. Insuccesso di breve durata, perché già con le successive repliche l’Opera conquistò il favore che ancora oggi la accompagna.
Ma la straordinaria e brillante stagione creativa rossiniana già volgeva al tramonto, e con essa la sua “prima vita”. Trasferitosi a Parigi, nel 1829 il compositore mandò in scena la sua ultima e più articolata opera, Guglielmo Tell, e da quelle vivaci ribalte si ritirò in un irreversibile oblio che lo avrebbe accompagnato fino alla morte. Dalla campagna di Passy che aveva scelto per vivere i suoi ultimi e lunghi anni, non diede alcuna opera ai Teatri; ma non poté rinunciare a lungo alla composizione di quelli – tra altri lavori – che egli stesso chiamò, con ironica indulgenza, i suoi Péchés de Vieillesse.
Sabato 12 Febbraio, a Roma, la Rossiniana di UmbriaEnsemble (Andrea Trovato, Pianoforte; Luca Ranieri, Viola; M. Cecilia Berioli Violoncello) porta in scena entrambe le facce del genio rossiniano, con le più famose Ouverture d’Opera, Barbiere, Semiramide, Gazza Ladra; la Fantasia per Viola, datata 1829, l’anno cioè dell’addio alle scene, e Une Larme per Violoncello. Una lacrima che brilla alla luce dell’ineffabile ironia del genio rossiniano, capace di irridere gli affanni, le nebbie ed i tormenti di un’intera stagione culturale, quella romantica, attraversata - mai interamente condivisa – dai guizzi eleganti e sublimi del cigno di Pesaro.