(ASI) Perugia. La civiltà medievale era una civiltà dell'immagine. E non solo perché pochi sapevano leggere. Il colore, in quell’epoca, rivestiva un'importanza simbolica del tutto particolare, che la nostra civiltà sta di recente recuperando, pur nella diversità di linguaggio.
Il legame fra l'abbigliamento e l'araldica, alfabeto fatto di simboli e colori, è stato il tema dell’introduzione di ieri sera alla Sala dei Notari ad un mondo che, come è stato detto, “ammiriamo nei suoi risultati artistici, ma spesso senza comprenderne le radici spirituali e culturali.”
Adolfo Morganti, studioso, editore e presidente dell’associazione Identità Europea ha condotto il pubblico della Notari in un viaggio indietro nel tempo, alla scoperta di costumi e disegni che sono stati fondamento della nostra identità moderna. Ha spiegato come, da tempo immemore, il colore sia identificativo della vita nelle sue molteplici sfaccettature, un vero e proprio modo di comunicare secondo canoni oggettivi e fissi, raccolti in un testo di araldica di fine 400 da un curioso personaggio francese, arrivato in Italia, che lo ha scritto con lo pseudonimo Sicile, Sicilia. Un araldo d’arme, ovvero un ambasciatore in grado di riconoscere i lignaggi dei suoi interlocutori dai colori e dalla foggia dei vestiti.
E’ Sicile che ci spiega che sei sono i colori fondamentali nella cultura classica del Medioevo, ciascuno con un ben preciso significato, il cui uso era dettato da regole proprie e condivise, che ne permettono ancora oggi un’interpretazione inequivocabile.
Così, dunque, l’oro, il metallo per eccellenza, che raffigura il sole è il colore delle persone sante e giuste, ma anche della ricchezza. L’argento, metallo lunare, bianco, simboleggia l’acqua, ma anche la purezza e l’innocenza. Quindi, il vermiglio, il fuoco, l’altezza, il colore che i nobili portavano per distinguere il proprio ceto. Ma anche il colore della carità e del martirio.
Il quarto colore è l’azzurro, ovvero il cielo e l’aria -il più nobile degli elementi- comparato alla virtù della lealtà. Poi c’è il nero, che rappresenta la terra ma anche il dolore e la tristezza. “Il nero è la gravitas –precisa Morganti- cioè la dignità di chi si dona a Dio, ma anche di chi se la conquista con il lavoro, come i facoltosi mercanti e borghesi che ne erano riccamente addobbati.” L’elenco si chiude con il verde, simbolo dell’allegria e della giovinezza, con il richiamo alla forza generativa della terra.
Su tutti questi colori ce n’è un settimo, la porpora, che è a sé stante. E’ un rosso vinaccia, tendente al violaceo, destinato solo ad imperatori e re, da non confondere con il rosso intenso della porpora romana.
“I colori, dunque –conclude Morganti- assumono diversi e molteplici significati, che ci svelano la moralità, la vocazione, l’età di un uomo o di una donna, attraverso codici comunicativi ben precisi.”
In apertura di incontro il sindaco Andrea Romizi ha confermato il suo apprezzamento per il percorso ed i risultati che “Perugia 1416” sta perseguendo passo passo: “Stiamo ritrovando –ha detto– lo spirito dei rioni, unendo quartieri anche molto distanti tra loro, che progressivamente si stanno riavvicinando. In tutto questo un ringraziamento particolare va alle associazioni che hanno messo la faccia nel progetto; un impegno da rimarcare soprattutto in tempi difficili come sono quelli che stiamo vivendo”.
Il sindaco ha sottolineato che l’importanza del progetto risiede non solo nella manifestazione vera e propria che si terrà a giugno, ma anche nel periodo di avvicinamento alla stessa: un percorso fatto di storia, studio, tradizione, ma soprattutto di comunità.
Dopo il saluto del sindaco i lavori sono stati aperti dal consigliere Franco Ivan Nucciarelli, uno dei promotori di Perugia 1416, insieme all’Assessore alla Cultura Maria Teresa Severini. “In questa sala dei Notari in cui veniamo da sempre –ha precisato con soddisfazione– mancava una sola cosa, ossia i costumi. Oggi abbiamo anche quelli”. Nucciarelli e Morganti si sono quindi soffermati con il pubblico, incuriosito, nella dettagliata descrizione dei dipinti e dei blasoni rappresentati sulle pareti della Sala dei Notari, nonché sulla spiegazione degli stemmi dei cinque rioni cittadini.