(UNWEB) Assisi. La 52° edizione della Festa del Cantico si è aperta sabato pomeriggio a San Damiano con la presentazione dell’ultimo libro di frate Alessandro Brustenghi, Laudato si’ mi’ Signore – La melodia nascosta del Cantico delle creature, recentemente pubblicato per i tipi della casa editrice Porziuncola: un’occasione preziosa per ritornare a quella che è, probabilmente, la più celebre delle preghiere di san Francesco; non solo per rievocarne la composizione, avvenuta proprio qui a San Damino, nel 1225, ma anche per lasciarsi permeare dallo spirito che con cui il Santo, segnato dalle stimmate, gravemente malato e quasi completamente cieco, volle «comporre una nuova lauda del Signore riguardo alle sue creature».
Diceva infatti il Poverello ai suoi compagni: «Ogni giorno usiamo delle creature e senza di loro non possiamo v ivere, e in esse il genere umano molto offende il Creatore. E ogni giorno ci mostriamo ingrati per questo grande beneficio, e non ne diamo lode, come dovremmo, al nostro Creatore e datore di ogni bene». La festa vuole quindi alimentare in noi lo stesso spirito contemplativo, che diventa sguardo pacato, attento, amoroso e pieno di gratitudine su ogni creatura.
In questa 52° edizione si è voluto portare l’attenzione sulla musica: aspetto essenziale, eppure non scontato, del Cantico. Essenziale, perché le fonti ci informano che Francesco «vi fece sopra la melodia, che insegnò ai suoi compagni” (FF 1615); non scontato, perché il fatto che la melodia non ci sia giunta ha fatto sì che spesso si trattasse degli aspetti letterari del cantico trascurando completamente la sua dimensione musicale.
La presentazione del libro di fra Alessandro ha quindi offerto l’opportunità di tornare al Cantico dal punto di vista della sua musica. Insieme coll’Autore, è intervenuto il M° Vladimiro Vagnetti, amico di vecchia data di fra Alessandro, esperto di musica antica ed estensore dell’accurata introduzione del volume. I due relatori si sono sapientemente alternati: dapprima fra Alessandro ha raccontato con schiettezza e partecipazione le motivazioni personali della sua indagine, e ha poi presentato la sua analisi letteraria del Cantico, premessa indispensabile per qualsivoglia tentativo di ricostruzione musicale. Ha quindi ceduto la parola al M° Vagnetti, che ha tratteggiato il panorama delle attuali conoscenze storiche sulla a lauda duecentesca, con le certezze acquisite e gli ambiti problematici. Infine, fra Alessandro ha illustrato i criteri e i risultati del suo lavoro di ricostruzione della melodia perduta .
L’aspetto forse più originale di questo lavoro è che l’Autore non ha pensato di mettere in musica il testo secondo il suo gusto, magari con qualche stilema arcaizzante di sapore medievale (pensiamo a compositori classici come C. Orff o J. Rodrigo, o a cantautori come A. Branduardi); né si è limitato a riadattare melodie medievali note arbitrariamente scelte; ma ha scelto e assemblato il materiale musicale (melodie tratte dal Laudario di Cortona) avendo come premessa e come criterio la tecnica medievale della contraffazione; in altre parole, non solo ha usato materiale medievale, ma lo ha “lavorato” con una tecnica medievale.
Grazie ad una rara combinazione di competenza, passione e chiarezza, i due relatori sono riusciti nel non facile compito di rendere accessibile una ricerca che inevitabilmente tocca ambiti specialistici come la storia della musica e la filologia medievale. Hanno vivacizzato la presentazione l’uso di immagini, esempi, aneddoti autobiografici, e qualche gustoso frammento eseguito estemporaneamente, in anteprima, da fra Alessandro. Questi gli ingredienti che hanno naturalmente stuzzicato la curiosità dell’uditorio; una curiosità che non ha dovuto attendere molto per essere soddisfatta: poche ore dopo, nella piazzetta di San Damiano accarezzata dalla frescura di una dolce serata settembrina, fra Alessandro si è esibito con l’ensemble Libercantus in un concerto di laude medievali, tra cui non poteva mancare il Cantico eseguito sulla sua “nuova” melodia.
E la bellezza dell’antifona-ritornello (Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore, et onne benedictione) e delle strofe, cantate su un tono di tipo salmodico, ha conquistato i presenti. La musica è passata dalle orecchie al cuore, e dal cuore alla bocca; e l’ascolto si è fatto canto, quando, al momento del richiestissimo bis, fra Alessandro ha invitato il pubblico ad unirsi al coro nell’esecuzione dell’antifona-ritornello.
Così si è cantato e pregato insieme, spontaneamente; così doveva succedere otto secoli or sono, all’ascolto di un menestrello, di un trovatore, di un giullare... o di un frate: «Noi siamo i giullari del Signore – diceva Francesco ai suoi compagni – [... ] Che cosa sono i servi di Dio, se non i suoi giullari che devono commuovere il cuore degli uomini ed elevarlo alla gioia spirituale?».
«Laudate e benedicete mi’ Signore, et rengratiate et serviateli cum grande humilitate»: questa è la consegna di Francesco che p. Claudio Durighetto, Ministro Provinciale dei Frati Minori dell’Umbria, ha voluto affidare ai fedeli al termine della solenne celebrazione eucaristica che ha presieduto all’indomani presso San Damiano. Proprio qui, a San Damiano, nei primi mesi del 1225 frate Francesco, già gravemente malato e segnato dalle stigmate della passione del Signore, compose il celeberrimo Cantico delle creature.
La celebrazione eucaristica è iniziata nel Giardino del Cantico, memoria del luogo in cui, accanto al monastero, le Povere dame approntarono una capanna per Francesco e i suoi compagni, che vi trascorsero 50 giorni.
Nella sua omelia, p. Claudio ha evidenziato come il Cantico non nasca in un’atmosfera romanticheggiante, idilliaca, ma in un momento particolarmente duro e penoso della vita di Francesco; la lode del Santo, dunque, non sgorga da una condizione umanamente appagante, ma da un’esperienza viva e profondissima dell’amore di Dio. Come si incontra questo amore? Le letture di questa XXIV Domenica del tempo ordinario (in particolare le meravigliose parabole della misericordia di Lc 15) indicano anzi tutto la via del perdono: «Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io», proclama l’autore della Prima lettera a Timoteo.
Un’altra via è quella del dolore. Gesù, infatti, non solo si è fatto uomo, ma si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. La gioia del Cantico è dunque una gioia pasquale, che passa attraverso il dolore sperimentando nella redenzione la potenza e l’amore di Dio. Solo da questa gioia pasquale nasce quell’autentica riconciliazione coi fratelli e col creato che tanto affascina l’uomo contemporaneo, anche non credente, quando si imbatte nella figura del Santo assisiate.
E’ l’uomo riconciliato, infine, che può accogliere la consegna di Francesco: il suo invito a lodare e benedire il Signore, a ringraziarlo e servirlo con grande umiltà, nella vita di ogni giorno.