(UNWEB) Perugia. Pil, consumi, forze lavoro: i dati che fotografano l’Umbria negli ultimi venti anni sono impietosi e gettano ombre inquietanti anche sulle prospettive di ripresa per il prossimo futuro.


Il Rapporto dell’Ufficio Studi Confcommercio, presentato questa mattina dal presidente Carlo Sangalli a Roma, pone infatti l’Umbria in una posizione critica, in relazione alla media italiana, che disegna comunque un quadro di notevole incertezza, e a quasi tutte le altre regioni, anche del Sud.
Dopo oltre venti anni, il Pil pro capite dell’Umbria è ancora al di sotto dei livelli del 1995, segno che la recessione prolungata del periodo 2008 – 2013 ha lasciato qui, più che altrove, tracce profonde e durature.
“I dati elaborati dal nostro Ufficio Studi – commenta il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni – sono estremamente negativi; la malattia da cui è affetta l’economia della nostra regione è seria, non è una febbriciattola. Necessario un consulto, che chiami in causa tutti gli attori pubblici e privati, perché la cura deve essere altrettanto seria e non ci possono essere palliativi”.
Secondo il rapporto elaborato dall’Ufficio Studi Confcommercio - su come è cambiata l'economia delle regioni italiane prima e dopo la crisi e quali sono le prospettive di crescita – il Pil pro capite in Umbria, che nel periodo 1996 – 2007 era cresciuto dello 0,8%, è crollato del 3,2% nel successivo periodo 2008 – 2013. Peggio dell’Umbria ha fatto solo il Molise, tra tutte le regioni italiane. Infatti il confronto con la media italiana (-2,0%) è impietoso.
Anche la variazione percentuale prevista per il periodo 2014 – 2017 è penalizzante per l’Umbria: un più che modesto 0,1% contro lo 0,6% della media italiana.
Stesso percorso negativo per i consumi pro capite, che in Umbria sono crollati del 2,5% nel periodo 2008 – 2013. Solo la Calabria con il suo -2,7% ha registrato un calo più consistente. La media italiana è lontana, con il suo -1,8%.
E non è più tranquillizzante il -0,4 previsto per il periodo 2014 – 2017, unico dato tra le regioni italiane con segno negativo, insieme al -0,1% delle Marche. La media italiana si ferma allo 0,9%.
“La ripresa avviatasi ovunque nel 2014 – aggiunge il presidente Confcommercio Giorgio Mencaroni – in Umbria è stata più debole. Imprese stremate da fisco e burocrazia, consumi stagnanti, gap infrastrutturale: in Umbria dobbiamo fare scelte importanti su quali settori investire per invertire questa tendenza. Le energie da mettere in gioco le possiamo trovare. E’ giunto il momento di stringere un patto di ferro per lo sviluppo di questa regione”.
Le stime per l’anno 2017 non sono incoraggianti, perché non saranno recuperati i livelli pre crisi.
Fatto 100 il dato 1995, l’Umbria porterà a casa un 90,3 come Pil pro capite, secondo le previsione dell’Ufficio Studi Confcommercio. Peggio solo la Val d’Aosta. Mentre la media italiana vede un minimo di ripresa con 105,6.
Primato negativo anche sul fronte dei consumi, con un 97,8 che pone l’Umbria al penultimo posto delle regioni italiane (peggio solo l’Abruzzo), che in media segnano un 107,7.
Nella prospettiva 2017 – 2019, l’Umbria risulta la più penalizzata tra tutte le regioni italiane per quanto riguarda i consumi pro capite, e l’unica che non riuscirà a fare meglio del 2016.
Fatto 100 il dato 2016, infatti, l’Umbria segna un 98,6 per i consumi pro capite, mentre la media italiana è data in leggera crescita con 102,8.
Un po’ meglio andrà sul fronte del Pil, con l’Umbria a 102,2 e la media italiana a 103,0.
Le preoccupazioni più forti per il futuro sul fronte occupazionale, con le unità di lavoro in calo: 98,0 contro la media italiana di 102,1.


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