Cristiano CasagrandePer voce del direttore Cristiano Casagrande, l'associazione interviene a seguito delle forti preoccupazioni degli agricoltori umbri: "E' bene che l'opinione pubblica e la politica comprendano la debolezza strutturale dell'agricoltura schiacciata dal settore delle forniture"

(UNWEB) "L'agricoltura rischia di rimanere stritolata dal caro prezzi". È un forte grido di allarme quello che arriva da Confagricoltura Umbria. Il direttore Cristiano Casagrande interviene su un tema, o meglio su una problematica, di forte attualità per il settore. Gli agricoltori umbri che si rivolgono all'associazione sono sempre più preoccupati.

"Abbiamo la memoria corta – afferma Casagrande – e ci ricordiamo di una categoria solo quando appare indispensabile per poi lasciarla a sé nelle sue criticità. Lo facemmo con i sanitari durante il primo lockdown e l'abbiamo fatto nello stesso periodo con gli agricoltori e con i lavoratori dell'agricoltura che ci hanno rassicurato sull'approvvigionamento di alimenti".

L'agricoltura, da sempre anello debole delle filiere agroindustriali, sta pagando un conto salatissimo legato all'aumento dei prezzi di metano, gasolio, energia elettrica che stanno inesorabilmente trascinando con sé l'aumento dei costi di fertilizzanti e fitofarmaci. "E se per una volta da molti anni possono ritenersi in parte soddisfatti i cerealicoltori, abbiamo gli allevatori in crisi per l'aumento esponenziale dei mangimi" afferma Casagrande.

"Il dramma – prosegue il direttore di Confagricoltura Umbria – è che l'agricoltore solo in alcuni casi può bloccare la produzione senza gravi danni e riprendere quando lo scenario economico sarà più caro: se deve onorare dei contratti di produzione e fornitura per rimanere nel mercato delle commodities ovvero ha un proprio mercato di vino, olio, salumi, formaggi costruito in anni di lavoro e deve mantenerlo attivo per non perdere tutto, si trova ad essere costretto a non fermarsi e lavorare in perdita. Ma se poi è un allevatore ha due possibilità: indebitarsi in modo insostenibile per mantenere in vita gli animali ovvero, gettare la spugna venderli o abbatterli e chiudere per sempre la stalla".

Sottolinea ancora Casagrande: "Spesso si chiede agli agricoltori se vogliono vivere nel libero mercato come le altre imprese o vogliono un mercato protetto oramai antistorico. Ma è bene che l'opinione pubblica e la politica comprendano la debolezza strutturale dell'agricoltura schiacciata da un settore delle forniture che gli impone i prezzi di ciò che acquista, ha una posizione di debolezza con chi gli compera i suoi prodotti nell'ambito della filiera, tanto che anche l'Italia ha dovuto a dicembre adottare una legge sulle pratiche commerciali sleali e l'Europa nello sviluppo della politica agricola comunitaria ha fissato uno specifico obiettivo a tutela degli agricoltori".

Inoltre, per Casagrande "va ribadito che solo in minima parte, il rincaro dei prezzi al dettaglio che scarica il peso sul cittadino che va a comperare alimenti e bevande risale la filiera sino al produttore agricolo ed all'allevatore per dargli l'ossigeno necessario per sopravvivere".

"Tanto che prima o poi – conclude – se non vogliamo demolire l'agricoltura andranno adottati strumenti di adeguata salvaguardia della tenuta economica e finanziaria delle imprese. Alle imprese va chiesto di fare di più in termini di efficienza, magari incrementando la collaborazione creando reti di impresa, cooperative, consorzi, scalare gradi della filiera. Sicuramente le politiche economiche devono sostenere questi percorsi ma non illudiamoci che possano bastare se non si adottano strategie e strumenti che proteggono da fenomeni più grandi e più forti della capacità di reagire di agricoltori e allevatori".


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